Sprazzi di Belgio

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Le litanie da social del post Italia-Belgio, oltre a essere un variegato tripudio di gioia tricolore inattesa, hanno avuto anche la loro parte di sfottò, pernacchie e ironie varie sui Diavoli Rossi, i quali sono stati subito oggetto di un improvvisato revisionismo storico che andava dal ridimensionamento tutto sommato ragionato del valore della selezione guidata da Wilmots a una vera e propria reductio ai minimi termini. In pratica, Lukaku è diventato un pachiderma ottuso, Courtois un portiere senza niente di particolare, Hazard e De Bruyne due viziatoni sopravvalutati mentre Witsel e Fellaini sono stati eretti a simboli dell’hype ingiustificato dovuto più ad acconciature vistose che non a reali doti tecniche (si potrebbe anche aggiungere che nessuno ha osato invece mettere in discussione i “nostrani” Mertens e Nainggolan: chissà perché). Ma a fare la parte del leone sono stati gli insulti a Wilmots: sia chi pensava che i giocatori giallorossoneri fossero comunque validi, sia chi li ha bollati come mezze calzette senza speranza non ha avuto remore nell’indicare nel CT la principale ragione dell’esordio da incubo contro l’Italia. E, tutto sommato, non a torto.

Perché se la partita di ieri contro l’Irlanda ha dimostrato che, a ben vedere, i belgi così scarsi poi non sono, va anche detto che proprio la buona prestazione dei suoi giocatori ha alimentato il fuoco della sacra polemica che già ardeva brillantemente attorno a Wilmots: è bastato mettere in campo una squadra con qualche accorgimento in più dovuto al semplice buon senso che i ragazzi delle Fiandre meridionali si sono sbarazzati dell’ostacolo gaelico. Certo, i Diavoli hanno dovuto attendere che gli uomini di O’Neill si sbottonassero un minimo – in apertura di ripresa – per poter aprire le danze in ripartenza e successivamente dilagare, confermando quindi tutti i loro problemi nell’attaccare una squadra compatta in retroguardia: se l’Eire avesse optato per accontentarsi del pari senza mai sbilanciarsi in avanti alla ricerca del gol forse staremmo ancora aspettando la prima marcatura.

Ovviamente non avremo mai la controprova ma anche questo è stato un segnale delle difficoltà di Wilmots nel creare una manovra che non solo preveda la partecipazione di tutte le sue stelle ma anche la loro esaltazione, il vero nodo su cui si arrovella da quando ha assunto l’incarico. Tuttavia sono ormai anni che l’ex numero 10 dei Diavoli lavora con questo gruppo e le debolezze strutturali dei suoi sono sempre le stesse: stavolta ci hanno messo una pezza talento dei singoli e voglia di rivalsa, ma la prossima?

La differenza rispetto alla partita con l’Italia s’è vista – tralasciando che la retroguardia irlandese non dispone di Barzagli, Chiellini e Bonucci né dell’organizzazione difensiva assassina tipicamente azzurra – nella maggiore concretezza sotto porta grazie a un Lukaku messo nelle condizioni di fare ciò che gli riesce meglio, nella rinnovata solidità difensiva e nel centrocampo più correttamente disegnato dal tecnico belga, oltre che a una giornata di maggior ispirazione dei suoi solisti. In tutto ciò, Wilmots ha anche dato retta a chi aveva demolito impunemente Ciman togliendo Meunier dalla naftalina in cui era finito senza alcuna ragione: il terzino del Brugge ha sentitamente ringraziato, ripagando la fiducia del suo mister con una prestazione molto solida da ambo i lati del campo.

Il ritratto del Belgio che esce dai primi 180′ degli Europei è quello di una squadra estremamente stilosa (si sapeva anche prima) che però ama specchiarsi nelle abilità dei singoli finendo per cincischiare troppo e troppo spesso, che fatica a trovare un equilibrio tale da poter innestare un gioco corale coerente su dei singoli di valore chiaramente notevole, che fatica parecchio contro le squadre che applicano una buona organizzazione alla fase difensiva, che va a sprazzi durante i quali tocca vette più che pregevoli ma non riesce a mantenere uno standard di rendimento costante non solo nel corso di una manifestazione ma, proprio, di un’intera partita.

C’è ancora tanto da lavorare per Wilmots ma, perlomeno, si spera che chi dubitava del valore assoluto dei giocatori (siano fiamminghi o valloni) possa avere a sua volta abbastanza buon senso da cucirsi la bocca.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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