Un weekend che deve incuriosire

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Le riflessioni presentate negli scorsi giorni dagli altri editorialisti mi forniscono un qualche spazio di manovra in più questo sabato mattina.

Sabato che è incipit di un weekend elettrizzante, per chi ama lo sport. E non solo dal punto di vista calcistico – fra Clásico, duello a distanza tra Leicester e Tottenham in Inghilterra, derby capitolino e un Napoli coi postumi di una polemica un po’ incomprensibile e un po’ segno dei tempi – ma anche allargando lo sguardo a ciò che accade altrove: è molta l’attesa per l’approdo in Europa di una SuperBike di cui si parla sempre troppo poco, per non parlare poi di Formula1 e MotoGP.

Non parlo poi del basket – da una parte all’altra dell’oceano – e tante altre discipline che, specialmente laddove si segue il ciclo delle stagioni dell’Emisfero Nord entrano sempre più nel vivo, nel cuore delle loro fasi decisive.

Ma mi va oggi, per una combinazione di letture fatte in settimane, di parlare di uno sport che in Italia è semisconosciuto. O è comunque visto come qualcosa di noioso (quante battute si fanno, sei noioso come…), esotico, straniero. Altro, parola orrenda se si pensa a quanto spesso politica e cronaca ci portano a cedere ai nostri istinti più bassi e dividerci, separarci da ciò che è diverso: noi e loro, noi e gli altri. Migliori e peggiori.

No, non voglio addentrarmi in qualcosa più grande di me o dell’editoriale del sabato mattina, ma delle volte la curiosità porta lontano. E regala sorprese: l’idea di questa riflessione arriva grazie all’articolo dedicato da Riforma al cricket e al “Giocare senza barriere“.  Se clicco nella parte alta del sito alla voce “chi siamo”, leggo che si tratta dell’”organo di informazione delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia” e mi do un po’ un pizzicotto: una rivista religiosa, uno sport di cui da noi si scrive veramente poco,  una squadra nazionale che “sintetizza i 150 anni di storia sociale del nostro paese. E continua a farlo giocando per l’integrazione” (vedere allora anche l’Annuario 2015 della Federazione).

E allora vado avanti: il cricket è sport-mania nel subcontinente indiano, con la Indian Premier League capace di attirare a sé i migliori giocatori del mondo, e di muovere ingenti somme di denaro per stipendi e organizzazione. Stadi pieni, ovali come quelli di un altro sport di cui s’è parlato recentemente sul nostro sito, uomini perfettamente inseriti nello star system di una società contraddittoria eppure affascinante, da tutti i punti di vista.

Ma riesce a far parlare di sé pure lontano dalle sue roccheforti, o da quell’ex British Empire che ne rappresenta tuttora il bacino di più grande diffusione: quando leggi della “prima giornata del cricket per rifugiati” in Italia non puoi che sorridere. Non puoi che essere felice per i parchi che si consacrano luoghi di attività motoria e integrazione. È un po’ come se ti sentissi meno il colpa e meno pesante per tutte le ore spese a guardare lo sport dal vivo e in tv: c’è anche dell’altro, c’è a ogni latitudine e meno male che è così. Questo spirito è lo sport.

Ma siccome ho detto che è sport globale nell’ex impero di Sua Maestà, viene da vedere anche cosa succede ai livelli più alti. E dall’8 marzo è in svolgimento, in India, la ICC World Twenty20. In soldoni, il mondiale, con singole partite organizzate nella formula più snella e adatta alla fruizione televisiva, o a quella dei neofiti (come chi scrive): solo 20 over a testa e tempo di gioco paragonabile alla maggior parte degli altri sport di squadra più diffusi al mondo.

Domani la finalissima: da una lato un’Inghilterra capace di uscire dalle secche della Coppa del Mondo ODI 2015 e battere la Nuova Zelanda, dall’altro le Indie Occidentali, favolosa espressione internazionale del cricket delle isole caraibiche (Giamaica, Trinidad e Tobago ecc.).

E i padroni di casa? Sconfitti dai caraibici allo Wankhede Stadium di Mumbai, davanti al pienone. Tanti i momenti chiave ma due le immagini che passeranno alla storia: la corsa delle Windies vittoriose e l’autoironia di M. S. Dhoni, capitano dell’India, in conferenza stampa: un fenomeno anche per questo, un fenomeno a tutto tondo.

In tutto questo, ecco, domenica sera c’è la finale. Con diretta su Sky Sport Plus (ore 20:15), o in differita nelle varie programmazioni (non dovrebbe essere difficile stare lontani, nei media italiani, dal risultato e mantenere intatta la suspance).

Sperando di avere incuriosito almeno qualcuno di quei, direbbe Alessandro Manzoni, miei 25 lettori; o anche solo di avervi fatto fare un salto – tra oggi e domani – nelle 10 città italiane in cui si svolge la Giornata del Cricket per profughi e rifugiati politici.

Ne vale la pena, è la prova che lo sport unisce. A ogni latitudine e con qualsiasi regolamento, attrezzo o palla esso sia praticato.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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