Sempre peggio

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Aveva fatto parlare di sé ancor prima di arrivare grazie al Porompompero cantato nello spogliatoio del Lille e, subito dopo, s’è presentato ai suoi nuovi tifosi discutendoci animatamente e difendendo i suoi giocatori prima ancora di iniziare la stagione. Sono passati appena due anni e mezzo, eppure sembra che Rudi Garcia sia sulla panchina della Roma da una vita, ormai.

I dati numerici sembrano confermare l’impressione “di stomaco”: il francese è già adesso l’ottavo allenatore con più panchine in Serie A della storia della Lupa (anche se è obbligatorio sottolineare che oggi si gioca molto più spesso di una volta) ma siamo sempre lì, il tecnico è in sella da due stagioni e mezzo, non poco tempo ma nemmeno tanto come pare. Da dove arriva allora l’impressione di stanchezza che si manifesta inesorabile guardando questa Roma capace di vincere una sola delle ultime sette partite di campionato? Da dove viene l’esasperazione dell’ambiente, oramai ampiamente stufo del mister francese?

La risposta è semplice: dalla mancanza di risultati (diretta conseguenza della regressione dell’impianto di gioco, privo di piani B e ormai molto prevedibile, altro dato che influisce pesantemente sui giudizi). Perché ormai, appena si trovano a subire un evento negativo in partita, i giallorossi si trascinano stancamente in campo, con i giocatori più grintosi che cercano invano di dominare il caos tattico da soli e di ergersi oltre la disorganizzazione manifesta della compagine, partita dopo partita. Garcia ha provato di tutto, dal bastone alla carota passando per tutti i livelli di grigio intermedi, sia in pubblico sia in privato; ha tuonato contro la forzata mancanza dei tifosi ma ha anche fatto spallucce di fronte ai fischi dei tifosi stessi, talvolta addirittura contemporaneamente. Ma la sua creatura continua a steccare, a mancare di mordente e a sciogliersi alle prime difficoltà indipendentemente da quello che il tecnico si inventa, sia in campo sia fuori.

Il punto è che, nonostante i giocatori gli vadano ancora dietro e quindi appaia tuttora in controllo degli umori dello spogliatoio (quasi come un capobranco, come scrive benissimo Emanuele Atturo), probabilmente Garcia non ha le forze né le risorse tecniche – leggasi “idee” – per poter imporre un giro di vite alla squadra, invertendo l’inerzia innescatasi più o meno un anno fa. Inerzia che peraltro è anche figlia sua, della sua incapacità di mettere in pratica efficacemente piani di gioco alternativi al suo 4-3-3 + recupero alto del pallone + passaggi nello spazio ad ali velocissime nel minor tempo possibile + gestione tranquilla del possesso votata alla creazione di spazi per gli esterni. Così come hanno contribuito ad avvelenare l’ambiente i proclami disattesi sui trionfi “inevitabili”, le ritrattazioni postume, la manipolazione della realtà, le insinuazioni sul “potere” e il “vento del nord” e, più in generale, il clima da “noi contro tutti” che l’allenatore francese ha provato a cavalcare più volte, rimanendone però disarcionato, finendo a gambe all’aria.

Insomma, oggi Rudi Garcia non sembra in grado di far sì che un secondo tempo come quello di ieri sera non si ripeta mai più.

La prova dell’Olimpico contro il Milan ci ha restituito l’immagine una squadra bloccatasi al momento del gol del pari, terribilmente disorganizzata nei suoi tentativi di riproporsi in avanti e sostenuta più dal cuore e dai nervi che non dal cervello. E che, ovviamente, ha rischiato più volte persino di perdere, nonostante il Milan avesse cercato di facilitare il compito ai giallorossi evitando quasi di scendere in campo per i primi venti minuti della partita. Questa fotografia impietosa è appunto di ieri ma si può adattare a tante altre uscite di questa stagione della Roma, una formazione ormai perennemente sospesa in quel limbo grigio tra grandezza e abiezione che si chiama “mediocrità” e a cui spesso è più difficile trovare una soluzione rispetto a quando tutto va veramente malissimo.

E Garcia? Garcia è prigioniero del limbo, ormai. Ne è più prgioniero di tutti. Non considera le dimissioni perché probabilmente ritiene erroneamente di poter invertire il trend e la società tituba su di un possibile esonero perché far esplodere la situazione attuale fino alle sue estreme conseguenze potrebbe avere ripercussioni inaspettate e di gestione ancora più complicata.

Nell’attesa di scoprire come finirà la stagione giallorossa che in teoria potrebbe avere ancora molto da dire, in negativo o in positivo, noi non possiamo fare altro che sederci e aspettare, con l’impressione legittima che possa andare ancora peggio, sempre peggio.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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