ESCLUSIVA MP, Gold Cup 2015 – Giacomo Costa (Soccer Italia): “Klinsmann ha ridato fiducia ai tifosi americani”

-

Manca veramente poco all’inizio della Gold Cup 2015. Si tratta dell’evento più importante dell’estate calcistica centro-nordamericana ed è l’occasione per fare il punto sullo sviluppo del calcio della regione, spesso snobbato, certo sottovalutato da molti europei. Per chiarirci le idee e toglierci gli ultimi dubbi prima del via, abbiamo intervistato Giacomo Costa (Soccer Italia), conoscitore del football statunitense e la persona ideale per fare il punto della situazione: scaldiamo i motori, in attesa delle prime partite.

Giacomo, ti occupi di calcio nordamericano, in particolare statunitense. Come è nata questa tua passione?

Ad avvicinarmi al calcio statunitense iniziai, forse banalmente, con Football Manager nel 2009. Utilizzavo i Seattle Sounders di Freddie Ljungberg e Fredy Montero, tenendo presente che sono nato nel 1994, ero ancora un ragazzino. Dalla stagione seguente cominciai a seguire il campionato e poco più di due anni fa iniziai a scrivere su vari blog, prima di “sistemarmi” su socceritalia.it.

La Gold Cup 2015 si gioca negli Stati Uniti e nel Canada. Si sente la febbre per l’attesa, o c’è chi la snobba e pensa solo alla prossima Copa América Centenario?

C’è attesa, come sempre. I biglietti venduti erano già 300.000 il 23 giugno e le partite di Messico e USA faranno registrare anche 80.000 spettatori nelle fasi finali. Sicuramente la Copa América Centenario sarà qualcosa di più importante, anche perché ci saranno Nazionali come Brasile e Argentina, che si porteranno Messi e tutti gli altri al seguito. Sarà un capitolo fondamentale della storia calcistica statunitense.

14 stadi in 14 città. Si va da impianti da 18-20 mila posti ai grandi stadi di Philadelphia, Baltimora, Glendale, Foxborough, East Rutherford, Charlotte e Atlanta, ben oltre i 60 mila. Scelta esagerata, si poteva fare di più, si doveva osare di meno?

Io penso che la scelta sia giusta; aspettarsi più di 20.000 persone per un Canada-Jamaica o per un Haiti-Honduras è difficile. Le scelte che sorprendono di più, però, sono quelle degli USA, che giocheranno due partite del girone in due stadi da 20.000 posti circa. Dai quarti di finale in poi si giocherà solo in stadi sopra i 70.000 posti con finale a Philadelphia.

Il livello è quello che è, a parte le solite. Cosa dobbiamo aspettarci?

Poco, nel senso che fino ai quarti il livello è abbastanza basso. In questa edizione non penso che il Messico fallirà, anche perché due anni fa erano messi molto male, rischiarono di non qualificarsi al Mondiale. La finale già scritta è proprio quella tra Stati Uniti e Messico, ma non si sa mai cosa possa succedere. Se dovessi consigliare a qualcuno la competizione gli direi di saltare direttamente alle semifinali, o quarti in caso di match interessante, a meno che non sia un vero e proprio malato, in senso positivo, di calcio.

Veniamo agli States, che certamente conosci a menadito. Tutto secondo pronostico?

Direi che le convocazioni sono un po’ quelle che tutti si aspettavano, tranne per l’esclusione di Bill Hamid in porta e Matt Besler al centro della difesa. Dopo tanti, ma tanti, esperimenti Klinsmann ha deciso di puntare sullo zoccolo duro (Guzan, Omar Gonzalez, Fabian Johnson, Bradley, Beckerman, Bedoya, Dempsey, Altidore e tutti gli altri), puntellandolo con ben poche sorprese. Anzi, nessuna. È chiaro che vuole vincere ancora e assicurarsi un posto in Confederations Cup.

A che punto è il ciclo di Jürgen Klinsmann? Scelte e metodo di lavoro hanno pagato?

È a un buonissimo punto. C’è stato un netto calo dalla fine del Mondiale fino a questa primavera, quando gli americani, poche settimane fa, hanno distrutto Germania e Olanda in trasferta ridando un po’ di fiducia ai tifosi che cominciavano a lamentarsi. Quando il calcio prende piede ci sono anche delle conseguenze, noi lo sappiamo bene in Europa. Klinsi parla poi di semifinali per il 2018, insomma, non si nasconde. Probabilmente perché conosce bene il talento che c’è in quel paese nelle Nazionali giovanili.

Di fatto, ogni nazionale (tranne Messico e ovviamente Cuba) ha dei calciatori che giocano il loro football di club nel sistema americano, nelle varie leghe. Dalle nostre parti è già abbastanza misteriosa la MLS (spesso vittima di luoghi comuni triti e ritriti), figurarsi gli altri tornei.

Nella zona CONCACAF, tolte MLS e Liga MX, c’è ben poco da vedere. Solitamente i giocatori più bravi che giocano in Honduras, Costa Rica e via dicendo sbarcano comunque nel campionato statunitense o in quello messicano.
Il fatto che la MLS sia snobbata è vero, ma pochi di quelli che lo dicono hanno guardato più di 10 partite, probabilmente nessuno. Quindi è un luogo comune, anche se il campionato non è di certo al livello della Serie A, della Premier League o della Liga. Però ci si può pescare qualche calciatore, con ottimi risultati; senza tirare fuori i vari Dempsey potrei parlare di un calciatore come Gonzalez del Palermo, difensore centrale preso dai siciliani la scorsa estate dai Columbus Crew. Non era di certo un fenomeno nella lega a stelle e strisce, eppure è titolarissimo nella Serie A.

Ti aspetti che le comunità di immigrati si sentano coinvolte a livello di tifo e partecipazione? È qualcosa che s’è visto, per esempio, in Australia nell’ultima Coppa d’Asia.

Penso proprio di sì, queste comunità che si sentiranno coinvolti. Lo hanno già dimostrato nelle edizioni precedenti, come nel caso di Stati Uniti-El Salvador a Baltimora. I messicani, poi, riempiranno sicuramente ogni singola partita della loro Nazionale.

Si giocherà anche a Toronto, e il Canada è un punto dolente quando si parla del calcio del continente. Si sono fatti passi avanti? Le franchigie MLS hanno aiutato o affossato il movimento? La Coppa del Mondo femminile, da quelle parti, sta avendo un buon successo di pubblico.

La Nazionale canadese è sicuramente migliorata, ma manca sempre qualcosa. Le nuove leve sono più brave e più formate ma difficilmente basterà per portare il Canada a livelli buoni. Le squadre della MLS hanno aiutato con i settori giovanili, ma sono solo 3 e Toronto, nonostante abbia una buona academy, punta più su altri tipi di giocatori, con risultati pessimi, almeno da quando è nella MLS (2007) a oggi. Se poi al Canada convenga avere un suo campionato vero e proprio non te lo saprei dire, il livello sarebbe davvero imbarazzante perché i giocatori più bravi di Montréal Impact, Vancouver Whitecaps e Toronto mai ci giocherebbero. Ci vorrebbe un sacco di tempo per sviluppare qualcosa di buono, tenendo presente che parliamo sempre del Canada, non degli USA. I giocatori discreti attualmente in Nazionale li conti sulle dita di una mano. Del successo del Mondiale femminile sono molto contento, più competizioni calcistiche importanti si tengono in Nord America meglio è.

Dimmi alcuni luoghi comuni sulla MLS su cui occorrerebbe aggiornarsi.

Uno di quelli che mi fa più sorridere è quello del “è un giocatore da sgrezzare tecnicamente” o da “istruire tatticamente”, solitamente frasi pronunciate quando un giocatore americano viene accostato a una squadra italiana, cosa che succede raramente. Ovviamente commenti fatti senza aver mai visto il calciatore, detti solo per riempire quelle due o tre righe di articolo dove devi scrivere qualcosa di qualcuno che non sapevi nemmeno chi fosse fino a 5 minuti fa. L’ho letto varie volte per Erik Palmer-Brown, classe 1997, accostato alla Juventus, quando, in realtà, a livello tecnico per essere un difensore centrale è ben messo.
Direi poi quelli sul livello del campionato e sul “cimitero degli elefanti”. Per quanto riguarda il livello molti pensano sia alla pari della Lega Pro, non sono d’accordo. Io tifo lo Spezia, guardo quindi almeno 40 partite di Serie B a stagione e trovo la MLS, onestamente, più divertente. Ma può essere che mi sbagli. Il livello, secondo me, è più o meno quello, direi nel range tra la zona play off della Serie B e gli ultimi 5 posti della Serie A. Ma lo stile della MLS è completamente diverso. Un cimitero degli elefanti lo è, nel senso che non si può negare che giocatori come Lampard, Pirlo, Keane, Henry o Gerrard vadano negli USA dopo i 32-33. Ma c’è anche da dire che vengono utilizzati più over 30 in Serie A che nella MLS e anche che l’età media è più bassa. A proposito di Pirlo, sono molto contento del fatto che lui (ormai praticamente ufficiale) e Giovinco siano sbarcati nella MLS: aumenteranno sicuramente la portata del campionato qua in Italia.

In chiusura, nel ringraziarti, rilancio: chi la vince questa Gold Cup? E soprattutto: dove arriveranno le centro-nord Americane nella prossima Copa América?

Secondo me vincono di nuovo gli USA: hanno dimostrato negli ultimi anni di avere qualcosa in più del Messico, è sotto gli occhi di tutti. Gli americani hanno giocatori meno talentuosi tecnicamente ma spesso in nazionale rendono più di quel che valgono. Se prendi l’organico fatichi a trovare un vero ottimo giocatore, forse Dempsey e Bradley, ma in campo tutti assieme sono difficili da battere. Per i Mondiali in Brasile dissi che, tolto Cristiano Ronaldo, gli americani avevano poco da invidiare al Portogallo e che sarebbero passati: questa volta dico che possono arrivare anche in semifinale nella Copa América Centenario. Stesso discorso per il Messico, mentre le altre credo che dureranno poco.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

Calcio d’oltremare: la nazionale di Tuvalu, dove il pallone è destinato...

È novembre del 2021, il mondo sta cercando di superare la pandemia e le attenzioni globali sono concentrate su questo e sulle delicate dinamiche...
error: Content is protected !!