La primera nunca se olvida

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Santiago del Cile, 4 luglio 2015.

Sei il quarto rigorista della tua Nazionale in una finale di Copa América che si sta giocando in casa, di fronte ad amici, parenti e affetti di una vita intera. La tua rivale, il tuo ultimo ostacolo verso quella coppa che nessuno del tuo paese ha mai vinto in quasi un secolo, è l’Argentina, una squadra storicamente ben più vincente del tuo Cile, contro cui non avete mai vinto un solo incontro in tutta la storia della manifestazione continentale.

Ma non è finita qua: se butti dentro quel maledetto pallone hai vinto la Coppa America e puoi mandare in delirio una nazione intera.

La tua. Quella di tuo padre, di tua madre, dei tuoi fratelli, delle tue sorelle.

Quel pallone pesa tantissimo, sembra pesare tantissimo, ma comunque non abbastanza da evitare di volare sopra la traversa se per caso lo colpisci con troppa foga, come ha fatto quel tizio argentino col nove che hai anche incrociato in Spagna, qualche volta. È forte, molto forte. Eppure ha sbagliato in malo modo.

Tu potresti anche permetterti di sbagliare perché siete sopra di due ma il punto è che tu non vuoi sbagliare. Tu non vuoi tirare un rigore timoroso solo perché sei in vantaggio.

Perché tu sei Alexis Sánchez, sei uno dei migliori attaccanti del mondo e una delle tre principali stelle della Roja: l’allenatore conta su di te per spedire quella stramaledetta palla dietro a Romero così come si è sempre fidato nell’affidarti il peso principale dell’attacco. Perché lo sai già, la stella dell’attacco cileno sei tu, fare gol – e farli fare agli altri – è il tuo mestiere. Lo hai sempre fatto. E Sampaoli crede in te come un padre quasi, ti ha affidato le chiavi del suo progetto ambizioso e attraente, sa perfettamente quanto vali, è convinto che – se vuoi – puoi essere il migliore.

Però… Quanta sembra piccola la porta, adesso.

Devi chiuderla tu, qui e ora, non puoi non prenderti questo palcoscenico che il fato ti ha così gentilmente concesso. Non dopo aver sbagliato il rigore dell’anno scorso, ai Mondiali, contro il Brasile. Un tiro non particolarmente forte, piuttosto centrale, facile da prendere. Indegno di te che, peraltro, quella partita l’avevi rimessa in carreggiata segnando il gol del pari in un catino verdeoro che considerava te e i tuoi fratelli come trascurabili comparse in una cavalcata epica. Tu gli hai dimostrato che eravate attori importanti anche voi ma poi… Quell’orrenda memoria. Adesso va cancellata, va distrutta con una nuova, bella e vincente. Devi prenderti la tua rivincita, non ci sono storie.

Ma come si può tirare un rigore simile?

Romero è un portiere bravo sui tiri dal dischetto. Anzi, c’è chi dice che sappia in fondo far bene solo quello. L’anno scorso è diventato un eroe, in Argentina, dopo aver parato i tiri degli olandesi. E poi è vero che Mati, Arturo e Charles han tutti fatto gol ma lui ha sempre intuito dove avrebbero tirato, avvicinandosi sempre di più. Qua ci vuole qualcosa di imprendibile, devi superarti perché piazzarlo mediamente bene potrebbe non bastare. Anche perché lui sa benissimo che se per caso non lo prende poi perde: farà di tutto per parartelo, ricordatelo. Non vuole mica perdere la seconda finale nel giro di un anno almeno quanto tu vuoi vincere la tua prima.

Devi inventarti qualcosa che Romero non si aspetta, caro mio. Forse il Mago potrebbe prestarti qualche grammo del suo genio, un pochino della sua locura, per spiazzare completamente il portiere. Però, se ci pensi, anche tu ne hai di fantasia, eh. Torna un attimo con la mente a quando eri bambino e giocavi in strada, con gli altri ragazzi del quartiere. Anche Wenger, quando ti ha accolto a Londra un anno fa, ha detto che sei speciale proprio perché sei uno degli ultimi “calciatori da strada”. Allora rievoca la strada dentro di te, ascolta il bambino che si inventava giochetti e numeri da funambolo quindici anni fa lungo le vie di Tocopilla per evitare di finire per terra in qualche contrasto e vedrai che una risposta, per quanto folle, per quanto azzardata, per quanto insospettabile, la trovi.

Non averne paura, ascoltala. Libera il tuo istinto.

Ora vai Alexis, concentrati e tira. Vai, tira, segna. Perché adesso è il momento di diventare grandi. Perché stanotte tu e i tuoi fratelli potete far finalmente liberare quel maledetto urlo che il Cile merita e che troppo spesso ha dovuto soffocare in gola.

Forza numero sette, tutto il Cile aspetta solo te per festeggiare.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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