Tra pioggia e realtà

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Un sabato di ordinaria follia, quello della 24esima giornata di Serie A. E, pensando allo svolgimento dei fatti, non c’è nemmeno da stupirsi troppo. C’è qualcosa di pericolosamente simile che accomuna la situazione del Parma, ormai vicino al fallimento e al ritiro dal campionato a stagione in corso, e il rinvio per pioggia (molta) del derby di Genova. Questo “qualcosa” lo chiamo incompetenza. Questo è un sabato che rappresenta, per certi aspetti, il manifesto di cos’è oggi il calcio italiano.

Perché si fa in fretta a giocare sul populismo (cavalcare l’onda di un paio di buoni risultati europei dei nostri Club o degli ex-allenatori e giocatori italiani oggi all’estero) o sul qualunquismo (i recenti casi di cronaca dei tifosi di Chelsea e Feyenoord e la solita auto-giustificazione del “Visto? Anche all’estero fanno cose negative”) per convincersi che il calcio italiano sia comunque ancora bello e valido. Ma qui siamo di fronte a due esempi di estrema inettitudine, e non bisogna scomodare la Premier League o la BundesLiga, dove le cose funzionano meglio per davvero, per dire che altrove non sarebbe successo.

Noi siamo quelli che aspettano, per vedere un po’ come andranno le cose, anche di fronte all’evidenza. Poi, quando si configura il disastro, scatta il “si salvi chi può”. L’arbitro Rocchi, nel pre-partita del derby di Genova, è uscito a provare il rimbalzo del pallone intorno alle 20.35; poi ha deciso di riprovarci alle 21.00. Venticinque minuti per cosa, esattamente? Accorgersi che il campo si era allagato di più? Intanto c’era una corsa al controllo delle previsioni meteo in tempo reale che neanche in Formula 1, mancavano solo quei bellissimi grafici dal radar e le nuvolette che si spostano. Nessuno ha pensato di mettere i teloni già dal mattino, visto che si sapeva più o meno da giovedì (due giorni fa) che avrebbe piovuto in tempo per il match. No, perché mettere i teloni? Perché prendere una decisione così logica e di buon senso?

Lucarelli Parma PPAnche Parma è una storia di attese, permissività, lasciar perdere e lasciar passare il tempo, per poi correre ai ripari quando tutto è perduto. Un bel pezzo dal portale Tifoso Bilanciato (link qui) ci dice che delle sabbie mobili del Club ducale c’erano già ampie evidenze due stagioni fa. Ma chi avrebbe dovuto accorgersene? Chi avrebbe dovuto intervenire? Come si può pensare – ne faccio sempre un discorso di buon senso e logica, non mi addentro nei regolamenti – di lasciar correre tutto, di condonare situazioni già gravi con una riedizione calcistica dei “pagherò” e lasciar raccontare storie irreali ai tifosi e all’opinione pubblica (qui le parole di Ghirardi soltanto un mese fa a SKY)?

Oggi siamo di fronte a due fallimenti – di misura totalmente opposta – nati dalle stesse gravi caratteristiche che stanno affondando il calcio italiano: il lassismo e l’incompetenza. Questo è ciò a cui si è ridotto l’intero movimento nel nostro Paese. È un problema di incompetenza gestionale, di incapacità di capire le situazioni e prendere decisioni immediate. Può portare al rinvio di una partita per pioggia, quando si sapeva da due giorni che avrebbe piovuto; o al fallimento di un intero Club, quando si sapeva da due anni che qualcosa non andava; o a scopiazzare “ricette per uscire dalla crisi” vecchie di un decennio, da campionati esteri che, nel mentre, sono già andati avanti di altri due gradini.

Il calcio del rammarico e delle giustificazioni, mai della prevenzione e della decisione. Questa è la Serie A, oggi. Altro che preoccuparsi di avere un campionato con il Carpi e il Frosinone.

Antonio Cunazza
Antonio Cunazza
Torinese, classe 1983. Da piccolo voleva vedere Wembley e il Maracanã, gli manca ancora il secondo. Toro e Arsenal nel cuore, sta fra un tackle di Gilberto Silva e Tony Adams che chiama il fuorigioco.

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