La guerra dei mondi

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Il Mondiale per club chiude oggi i battenti. O forse lo ha fatto ieri, se ci fidiamo delle quote sulla finale: il San Lorenzo non ha speranza, affonderà dinnanzi al Real Madrid più forte degli ultimi 10 anni, e sarà la prova che la cara vecchia Europa è troppo avanti (troppo ricca di soldi e di stranieri?) rispetto agli altri.

Sarà pure così, ma resta la sensazione che sia stata una bella manifestazione. Utile a respirare, staccare dai campionati nazionali (meglio di una Supercoppa in dicembre), celebrando gli eventi principali dell’anno scorso. Perché spesso la gente dimentica che se sei in Marocco a giocarti tutto è perché hai messo in bacheca qualcosa di importante, che per questo ti meriti rispetto. Lo hai fatto sul campo, a Toluca come ad Auckland, a Lisbona come a Riyadh: coppe, corone, trofei e titoli continentali, grandi o piccoli che siano.

Ecco, questi dieci giorni ci sono serviti a simpatizzare per una banda di amatori neozelandesi a un passo dalla sfida ai Galácticos, insieme all’orgoglio dei campioni dell’America Centrale, la supremazia dei campioni d’Europa. In questo, abbiamo toccato con mano il dramma (sportivo) di un’Africa che ha unito al tonfo delle sue Nazionali a Brasile 2014 quello di un Mondiale per club giocato in casa eppure disastroso, sul piano dei gol e dei risultati; abbiamo anche sbattuto il muso sul paradosso di un quarto di finale iridato disputato in condizioni impraticabili, coi giocatori che non riuscivano a far rimbalzare la palla e ogni gesto tecnico che assumeva l’aria di una preghiera.

Abbiamo visto, in breve, il meglio e il peggio di questo sport e delle sue storie. Una realtà molto piccola come quella dell’Auckland City ha stravolto i pronostici, tenendo il San Lorenzo campione di Coppa Libertadores sul campo per 120 minuti, a sudarsi la finale che tutti avevano previsto. E forse proprio qui sta l’utilità di questa competizione, la sua portata veramente rivoluzionaria rispetto al passato: che anche chi viene dall’altra parte del mondo può giocarsi le sue carte, nella democrazia al potere.

Pazienza, a questo punto, se il Real Madrid distruggerà il Ciclón, o se Ronaldo passeggerà sulla difesa campione di Sud America. Ne sarà valsa la pena, per dare una chance a tutti, nella vera guerra dei mondi. Hai visto mai poi che la finale finisce con la sorpresa: in campo bisogna pur andarci e ci si va in undici contro undici.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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