Il peso dell’Eredivisie all’estero, parte prima

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Vissuto tradizionalmente come un campionato da cui esportare i migliori prodotti interni, l’Eredivisie sta confermando in pieno la sua fama di fucina di talenti. Proviamo dunque a fare una carrellata, necessariamente parziale, degli atleti anche non strettamente olandesi ma passati ultimamente dalle parti dei Paesi Bassi e che sono diventati alfieri internazionali del total voetbal, cominciando da Italia e Inghilterra.

Serie A

Kevin Strootman: che dire dell’attuale numero 6 della Roma? Se dalle parti di Trigoria hanno deciso di rispolverare la storica maglia di Aldair per apporla, tra l’altro basandosi sulla base della sola fiducia, sulle spalle di questo ragazzone dalla mascella prominente un motivo ci sarà. Pronti, via e in nemmeno un trimestre intero di campionato il buon Kevkev ha subito dimostrato di che pasta è fatto. Gestione del pallone eccellente, lucidità e precisione dei passaggi che nemmeno il misurino del contagocce, sportellate per chiunque passi dalle sue parti… Insomma, un giocatore totale. D’altra parte, quando si compra un olandese è esattamente questo che ci si aspetta. Ha fatto già parecchi assist ma ha potuto liberare al tiro il suo sinistro dinamitardo relativamente poco (giocando con Totti, De Rossi e Pjanić non è poi così semplice), per ora: se riesce a recuperare la propensione alla conclusione che mostrava al PSV non solo ci guadagnerà lo spettacolo ma bisognerà anche avvertire gli addetti alla manutenzione dei vari stadi italiani, perché pali e traverse se la vedranno grigia. L’unico “peccato”, se così si può chiamare, è la presenza in squadra di eccellenti rigoristi oltre a lui, altrimenti si potrebbe gustare più spesso la specialità della casa: rigore centrale scagliato a una potenza aerospaziale sotto la traversa. Strootman tira sempre così e non sbaglia mai.

Dries Mertens: può essere un po’ un peccato (vero, stavolta) che il belga, anch’egli ex PSV, occupi la posizione in campo di Insigne, cosicché questi due folletti della trequarti esterna si debbano alternare e non possono coesistere. Il numero 14 però ha sopravanzato il più giovane italiano nelle gerarchi di Benítez per un motivo: spiace per Lorenzo, ma al momento Mertens è più forte, continuo e decisivo di lui. Da un lato è fisiologico, vista la maggior esperienza internazionale dell’ex PSV e Utrecht, dall’altro però l’affermazione di Dries è figlia anche di un rendimento altissimo quando è stato chiamato in causa. Come si diceva, lui e Insigne hanno esattamente le stesse caratteristiche tecniche, pertanto il buon Rafa è costretto a scegliere, comunque consapevole che il Napoli dovrà giocare tante partite quest’anno e ci sarà spazio per tutti (o così sperano dalle parti del Vesuvio). La giocata tipica, già esibita dal nostro più volte, è l’attacco sullo spazio esterno senza palla, la conversione al centro e il tiro a girare sul secondo palo col destro, partendo dalla fascia mancina. Ecco, forse rispetto al suo omologo napoletano, Mertens ha dalla sua anche una minor affezione verso il pallone, che lo porta a cercare più spesso l’uno due rispetto al compagno e a tagliare in area più sovente. Il gol contro la Fiorentina racchiude l’essenza del gioco di Dries Mertens: triangolo a velocità folle con Higuaín e tiro con un tempo e mezzo di anticipo sul secondo palo col mancino (non il suo piede), in pieno stile Futsal. La perfetta coordinazione di doti atletiche e tecniche.

Premier League

Wilfried Bony: lo Swansea lo ha preso non per far rifiatare Michu, ma per costruire una nuova coppia gol assassina. Il gioco di prestigio non è fin qui riuscito del tutto soprattutto per colpa di un infortunio che ha limitato le presenze dello spagnolo quando stava appena appena costruendo l’intesa col Bisonte ivoriano. Bisonte che, comunque, il suo lo sta facendo alla grande: quattro reti in 10 presenze in Premier da rookie non sono affatto male per cominciare (tra le sue vittime anche il Manchester United e, per giunta, al debutto) ma è in Europa League che il bomber africano ha finora dato il meglio: 7 presenze e 5 gol per lui finora. Contando anche le Coppe nazionali inglesi lo score complessivo diventa 10 reti in 18 gare. Niente male per un ragazzone di colore che solo tre anni fa calcava i non prestigiosissimi campi della Repubblica Ceca. Aspettarsi trenta gol da lui in questa prima stagione, nonostante li abbia segnati lo scorso anno col Vitesse e fatto salvo di come lo Swansea sia una squadra piuttosto ambiziosa, pare francamente esagerato ma, forse, 20 le può fare, se i gallesi resisteranno nelle Coppe nazionali e in Europa abbastanza a lungo.

Ricky van Wolfswinkel: è vero, il Lupo ha lasciato l’Eredivisie già da due anni e mezzo quasi, ma il suo approdo in terra albionica presso il Norwich dopo un paio di stagioni di apprendistato approfondito in Portogallo lo ha rilanciato in patria relativamente alla Nazionale. Con Huntelaar così propenso all’infortunio, al momento il vice van Persie puo senz’altro essere lui, rientrato nel giro oranje quest’estate. Finora la sua esperienza inglese non è stata indimenticabile (otto caps, un gol) ma si può sempre sperare nel suo pronto riscatto, posto che il Norwich risolva il problema cronico che lo affligge e cioè l’incapacità di segnare. Ricky ha la doppia cifra a fine anno nel sangue, basta solo saperlo innescare: il rischio è che il nostro centravanti paghi fin troppo la cattiva stagione di squadra. Sarebbe un peccato mortale.

Leroy Fer: ruolo diverso ma idem come sopra. Compagno di Rickyvan al Norwich, sinora Fer non ha mostrato nemmeno il 30% di quanto fatto vedere tra Twente e Feyenoord. Non essendo un attaccante ma, anzi, il numero 10 e tra quelli che dovrebbero fungere da fonti di gioco della squadra, la crisi collettiva è ben più imputabile a lui che non al connazionale col numero 9 sulla schiena. Giocatore certamente abituato a rilanciarsi dopo sfortune e fallimenti ma la Premier doveva essere per lui un trampolino, non una via crucis. Al momento resta il prototipo della tipologia di giocatore che normalmente rimane in Eredivisie perché non trova nessun ingaggio all’estero, un incompiuto.

Marco van Ginkel: Mourinho punta molto su di lui“, scrissero i giornali all’indomani dell’acquisto del giocatore da parte del Chelsea. S’è visto. 98 minuti dispersi su un totale di quattro presenze coi Blues: giocatore semplicemente ingiudicabile per quanto visto sin qui: persino Paulo Ferreira sotto Benítez giocava di più. Al solo pensiero che un simile talento possa bruciarsi perché troppo presto ha fatto il salto di qualità da club dove era la star (il Vitesse) si rischia l’orchite, ergo meglio non soffermarsi troppo sulle disgrazie di Marco: sarebbe troppo triste.

Ron Vlaar: esploso tardi per colpa di infortuni continui ma che difensore signori. Certamente non principesco nelle movenze, il rude centrale dell’Aston Villa s’è imposto lo scorso anno a Birmingham: non sarà la piazza più prestigiosa d’Oltremanica, ma se dopo soli dodici mesi l’hanno pure fatto capitano un motivo ci sarà. Tignoso, ruvido ma mortalmente efficace. Temuto e rispettato, è il degno continuatore della stirpe degli Heitinga e degli Ooijer, sperando non arrivi ai loro livelli di dissennatezza e di propensione al cartellino rosso (soprattutto sul primo, chiedere ai giocatori spagnoli in campo nella finale Mondiale del 2010). Nell’Olanda tutta fenomeni dalla cintola in su, lui è uno di quelli che sa cantare e portare la croce contemporaneamente: per questo, pur non essendo una mezza punta, è comunque un olandese di Premier.

Cristian Eriksen: come non chiudere questa prima carrellata di ex stelle di Eredivisie senza il prodotto più luccicante dell’ultimo lustro? Il giovane danese, arrivato alla corte di Villas-Boas in estate, ci ha messo poco più di mezz’ora per trovare il primo assist all’esordio in Premiership. Basterebbe semplicemente questo dato per dedicargli uno chapeau. Eppure l’ambiziosissimo Tottenham del post Bale non sta andando così spaventosamente bene come si aspettavano un po’ tutti nelle alte sfere di casa Spurs dopo la campagna acquisti estiva e anche Eriksen lì s’è fermato, all’esordio col botto. Il ragazzo ha dimostrato la consueta personalità, andando a battere spesso i calci piazzati, specialmente i corner, ma non sta andando così bene come ci si sarebbe aspettato e il suo rendimento talvolta ai limiti dell’impalpabile ha francamente anche un po’ shockato gli addetti ai lavori. Pronta risalita? Se il mister lusitano del Tottenham continuerà a dargli fiducia c’è da aspettarselo, dopo tutto siamo solo all’inizio. Molto, della buona riuscita stagionale del giocatore, dipenderà infatti dal coach: si possono solo aspettare le risposte dal campo.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

La puzza sotto il caso

  Se lo dice il Tg sarà vero: qui a Napoli noi puzziamo. Ci puzziamo di fame, abbiamo puzza sotto il naso, puzziamo di bruciato....
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