Quando i tifosi fanno “Buuu”

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Povia anni fa cantava della meraviglia dei bambini quando fanno “Ohh”, oggi purtroppo ci troviamo a parlare dell’intolleranza dei tifosi, quando invece fanno “Buuu”.

Sono passati solo 3 anni, era il 2010 quando Balotelli indossava la maglia nerazzurra e con i suoi atteggiamenti faceva discutere l’opinione pubblica. Oggi invece ci troviamo davanti un uomo nuovo, da provocatore incorreggibile a testimonial unico dell’Italia multietnica. In mezzo a tutto questo, come sempre, troviamo mille sfumature cha da buoni italiani saltiamo a piè pari facendo finta di non vederle.

Sono il primo a stigmatizzare il razzismo soprattutto allo stadio, dove si va per sostenere una squadra non per insultare l’altra. Ma prima di utilizzare la parola razzismo bisognerebbe fare attenzione. Ci troviamo da anni in una situazione dove negli stadi vengono canalizzate certe pulsioni e rabbie sociali. Questi sono ormai da tempo zone franche nelle quali è possibile compiere reati con buone possibilità di restare impuniti. Attaccare la polizia, compiere atti vandalici sarebbero colpe che in altri luoghi un cittadino pagherebbe in modo salato, ma allo stadio non è così.

Forse tra le migliaia di spettatori dello stadio possiamo quindi immaginare che al loro interno ci siano alcuni individui non mossi certo da sana passione calcistica, ma piuttosto dei pretestuosi decerebrati che si sfogano sfruttando il branco per nascondersi. Mi chiedo quindi se questi “buuu” che tanto indignano e ci meravigliano, siano veramente figli di un pensiero xenofobo o piuttosto solo della loro stupidaggine, dell’ignoranza che alimenta persone insulse che il razzismo non sanno nemmeno cosa sia.

E’ quindi giusto sospendere un match e dare importanza a queste centinaia di stolti? Non sarebbe meglio regalare indifferenza di fronte a questi episodi e punire drasticamente gli interessati visto che oramai in uno stadio ogni spettatore dovrebbe avere un posto unico e rintracciabile ed ogni posto dovrebbe essere controllabile con la videosorveglianza?

Mi chiedo poi se questi atleti, che tanto si lamentano di razzismo in Italia, veramente sappiano cosa vuol dire razzismo. Si sentono per caso emarginati e non integrati? Non li sentiamo mai perorare la difficoltà dell’operaio senegalese, discriminato dai colleghi, che non riesce a relazionarsi, che mangia solo in mensa e che soffre dei dispetti e pregiudizi della comunità. Fatico a capire le lamentele di giovani vestiti all’ultima moda, che guadagnano milioni di euro. Ragazzi che sfilano per le città a bordo di auto lussuose, idoli dei media e delle masse, uomini copertina, invitati nei locali alle inaugurazioni insieme alle compagna velina di turno. Qualcosa non mi torna, dove sono le altre volte quando c’è da sostenere qualche cittadino calpestato nei diritti. Troppo facile dare dell’intollerante alla stessa Italia, che li esalta, per colpa di quei cento che mescolati agli 80.000 si divertono a provocare?

E poi perché tutto questo clamore per quei cento, non è peggio quando una curva intera inneggia a Superga oppure all’Heysel, piuttosto che all’offesa dei “terroni” o agli epiteti sulla madre di qualcuno? L’insulto a prescindere colpisce la sensibilità di una persona e la sensibilità non ha colore, etnia o età. Quindi prendiamo provvedimenti, ma prendiamoli per tutti quei cori che attaccano ed offendono la emotività altrui.

Non cambierà mai nulla finchè non si porta a questi ignoranti la cultura del tifo. Inutile punire le società con ammende simboliche e ipocrite, bisogna colpire i singoli farla pagare a loro. Oppure finiremo per silenziare le curve in uno stadio surreale dove la curva muta esprimerà le proprie emozioni con le palette. Ecco il gol del vantaggio e la curva si colora di blu in un mare di cartelli con scritto “Mi piace“, oppure ecco l’entrataccia del difensore sul nostro attaccante e la curva esplode di palette rosse con il “Non mi Piace” ben in evidenza.

Uno stadio muto strano non ci abbiano ancora pensato, sarebbe la solita soluzione all’italiana. Mi chiedo quindi visto l’immobilità del calcio davanti a questo problema ed il successivo clamore, non sarà che questo scalpore per certi eventi faccia comodo al sistema?

Francesco Filippetto
Francesco Filippetto
Nato nel 1977, da allora si nutre di calcio: una passione che pratica e insegna a Treviso nei settori giovanili. Ama i giovani talenti e il lato romantico di questo sport.

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