Il significato di Simone Farina

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Non è la prima volta che mi trovo a scrivere di Simone Farina: un ragazzo dal nome così normale, e dalla storia così assurdamente anormale. Perché in un paese a civiltà limitata è anormale denunciare un sopruso: di norma si rimane in silenzio, sperando che non capiti proprio in testa a noi; e magari si aspetta anche l’occasione giusta per essere noi a sopraffare gli altri. Pessimismo? No, conoscenza di queste latitudini. E legittima rabbia, anche.

Il punto è che Farina è rimasto senza squadra: rescisso il contratto con il Gubbio, il suo destino si divide tra fare l’educatore dei giovani dell’Aston Villa e la legittima volontà, a soli 30 anni, di continuare a giocare. Non mi piace pensare a complotti vari — non rientrano nel mio modo di pensare, mai; penso anzi che siamo davvero troppo maturi per cose del genere. Però sono un razionalista, e quindi so che qualche motivo deve pur esserci.

E il motivo vero, a mio modesto parere, è che è rimasto prigioniero del personaggio. Lo avevo detto nel poscritto a questo editoriale, lo avevo ribadito pochi giorni dopo (parlando di altro) su un blog: via la retorica, Farina è “solo” un uomo normale, in un mondo anormale. Non dovremmo stupirci di lui — ma di tutti gli altri.

La domanda che dobbiamo farci è questa: cosa ha fatto Simone Farina, tecnicamente, per meritarsi una conferma in una squadra di Serie B?
Ragioniamo (mi viene in aiuto il nostro Francesco Loiacono): il Gubbio è retrocesso, e il contributo tecnico di Farina è stato del tutto trascurabile: 15 presenze (spesso spezzoni) per un giocatore la cui carriera, a guardar bene, si è svolta per larga parte in serie C2. È legittimo pensare che ci sia un complotto contro un giocatore così fieramente non decisivo?

Da come ho posto la domanda, penso che sia chiaro il mio pensiero. Il guaio sta proprio nella sovraesposizione mediatica: un Fabio Pisacane, che con Farina ha condiviso il coraggio della denuncia, ha un regolare contratto con la Ternana, senza problemi di sorta; e, anzi, si è guadagnato la serie B sul campo. Chi si ricorda di lui? Pochi. Su Farina, mi ha detto Gaetano Allegra, «scriverei così tanto che da domani lo chiamerebbero Pancarré».

Partiamo da un fatto: ha rescisso consensualmente il contratto con la sua squadra (con cui ha giocato ai suoi massimi livelli: alcune stagioni in Prima Divisione, e gli spezzoni di Serie B), si è detto anche che lo avesse fatto per appendere le scarpette al chiodo. Il che, sinceramente, non mi sembra il modo migliore per ottenere un contratto da altre compagini di fama nazionale. E, probabilmente, lo stesso Farina non avrebbe accettato di buon grado di essere assunto da chicchessia per meriti… di onestà. Cioè per pubblicità, per far figura, o per premio a un uomo normale.

Però, e questo è il punto, Farina è diventato ingombrante lo stesso — senza bisogno di complotti. Ha una notorietà spropositata, rispetto alle sue doti tecniche; e proprio questa notorietà gli ha rovinato una carriera… onesta, in tutti i sensi di questa parola. In un sistema “normale” (absit iniuria verbis) non ci sarebbero motivi per essere così conosciuti, per tutti i Farina del caso.

E questo, oltre alle (troppo facili) considerazioni su un uomo onesto che vuole andarsene da un mondo disonesto (sì, occhei, mi va bene tutto… ma la semplificazione “a santino” è davvero troppo), sicuramente non aiuta. Un nome noto e sulla breccia in uno spogliatoio di Seconda divisione: non ce lo vedo, sarebbe un elemento dissonante. Così invece i giornali sono libero di vedere il complotto dietro la persona che hanno incensato (e che, al primo errore, sono pronti a individuare nell’Anticristo).

Mi è triste pensare che anche stavolta siamo riusciti a imprigionare un uomo nel personaggio che gli abbiamo ritagliato intorno. Farina è un uomo onesto, e allora? Complimenti, una stretta di mano e una pacca sulla spalla, e poi si torna alla vita di tutti i giorni. E invece, per rassicurarci, lo riempiamo di elogi spropositati per nascondere la nostra ipocrisia di fondo. E poi dobbiamo stupirci se un onesto (appunto) mestierante non avrà più spazio in Italia. Auguri.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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