La clausola “que es més que” una clausola

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Le reazioni degli sportivi, alla notizia dell’acquisto di Neymar Jr. da parte del Paris Saint-Germain, sono state molteplici. C’è chi si è scagliato contro la moralità dell’affare, considerato l’ennesimo affronto di un calcio che ormai è diventato un’azienda, più che uno sport. C’è chi ha giustificato il modus operandi dei parigini e allo stesso tempo non ha perso l’occasione per sbeffeggiare il Barcellona, la squadra “che si è meritata una bella lezione” per la sua solita arroganza di dare tutto per scontato. Certamente la questione è interessante anche da questo punto di vista, ma stavolta la vogliamo analizzare da un’altra angolazione.  In Spagna, come ben sapete, vige l’obbligatorietà di porre una clausola rescissoria sul contratto di ogni singolo calciatore. Un’usanza inizialmente tipicamente iberica, che poi ha preso piede anche nel resto dell’Europa (anche se facoltativa). Lo sanno bene, ad esempio, i tifosi napoletani e romanisti, che hanno visto “scipparsi” Higuaín Pjanić da parte della Juventus, dietro il pagamento della suddetta clausola.

Vale forse la pena ricordare che la clausola rescissoria (anche se bisognerebbe chiamarlo “diritto di recesso”) trova fondamento, nel diritto spagnolo, nell’articolo 16 del Real Decreto n. 1006 del 26 giugno 1985 in tema della relazione lavorativa degli sportivi professionisti. “L’estinzione del contratto per volontà dell’atleta professionista, senza causa imputabile al club, gli darà diritto a un indennizzo che in assenza di un accordo fisserà il Tribunale Lavorativo in funzione delle circostanze di ordine sportivo, considerando il danno causato, i motivi della rottura e tutti gli elementi che il giocatore considera degni di valutazione. Nell’ipotesi in cui lo sportivo, nel giro di un anno dalla data di estinzione, firmi un contratto con un altro club o entità sportiva, questi ultimi saranno responsabili sussidiari del pagamento degli obblighi pecuniari segnalati”. 

La norma nasceva quindi in maniera molto diversa rispetto alla sua reale applicazione odierna. Con essa il legislatore spagnolo voleva rendere gli sportivi più liberi dal punto di vista contrattuale, permettendogli di “liberarsi” per passare ad altra società. Ma dava allo stesso tempo l’opportunità al club di appartenenza di cautelarsi, visto che l’acquirente avrebbe dovuto versare un indennizzo. La prima applicazione pratica della “clausola rescissoria” si ebbe nel 1997, con il passaggio di Ronaldo proprio dal Barcellona all’Inter. Inizialmente la FIFA bloccò il trasferimento, non ammettendo trasferimenti decisi unilateralmente da calciatori ancora sotto contratto e ritenendo la clausola valida solamente per l’ordinamento spagnolo. Il Barcellona, per evitare la partenza del Fenomeno, puntò proprio su questo, ossia che questa norma non aveva valenza internazionale. Ma il 22 luglio 1997 il massimo organo calcistico decretò una prima sconfitta per i catalani, accordando all’Inter un transfer provvisorio. Un mese e mezzo più tardi una commissione speciale della FIFA – composta da Julio Grondona (Argentina), Viacheslav Koloskov (Russia) e Rampaul Ruhee (Mauritania) – pose fine alla vicenda, dando ragione all’Inter (che avrebbe dovuto pagare ulteriori tre miliardi e spiccioli per i diritti relativi alla formazione e alla promozione del calciatore).

Tra l’altro il Barcellona rivisse lo stesso incubo nel 2000, quando il Real Madrid pagò interamente la clausola di Luís Figo (140 miliardi) e si accaparrò la stella portoghese. Solo un anno più tardi, nel 2001 – in seguito a un’indagine della Commissione Europea nel 1998, volta a valutare le norme sui trasferimenti internazionali dei calciatori – la FIFA adottò un nuovo regolamento, in cui si prevedeva anche la possibilità di attuare la famosa clausola. In questi venti anni i blaugrana hanno dovuto fare i conti per ben tre volte con l’addio del loro beniamino. Che piaccia o non piaccia la clausola rescissoria fa parte del calcio, ormai. La vicenda Neymar non è stata la prima e non sarà nemmeno l’ultima. Chissà chi sarà, da ora ai prossimi venti anni, il traditore che lascerà in maniera così rumorosa il club che “es més que un club”. Perché succederà ancora, eccome se succederà.

 

 

 

 

Simone Galli
Simone Galli
Empolese e orgoglioso di esserlo, ha cominciato ad amare il calcio incantato dal mito di Van Basten. Amante dei viaggi, giocatore ed ex insegnante di tennis, attualmente collabora con pianetaempoli.it.

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