Europei Under 21, Sacchi: “Qualità di gioco straordinaria”

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Siamo arrivati all’atto conclusivo di questi Europei Under 21 di Israele 2013 con la finalissima, che si disputerà tra poche ore al Teddy Stadium di Gerusalemme, tra la nostra Italia e la Spagna campione in carica. Qualcuno per scaramanzia non si pronuncia, altri invece sono convinti del potenziale degli azzurrini e si lanciano in pronostici avventati. C’è chi invece, dall’alto della sua importante carriera internazionale, cerca di fare un’analisi dettagliata di questa competizione arrivata ormai alle battute finali.

Parliamo di Arrigo Sacchi, ex Ct della nazionale maggiore, che ha rilasciato una bella intervista al sito Uefa.com risaltando le doti e il gioco espressi nella competizione, soprattutto delle due protagoniste in finale. Di seguito, vi proponiamo le dichiarazioni del tecnico originario di Fusignano estrapolate dal sito ufficiale della UEFA.

Quale aspetto degli Azzurrini ha particolarmente apprezzato in Israele?

“La qualità del gioco che hanno espresso. Qui ci sono davvero tanti ragazzi interessanti, ma la cosa ancor più interessante è la loro disponibilità, la loro serietà e il loro entusiasmo. Mi auguro che non lo perdano, in questo caso avranno tutti buoni risultati in futuro. E’ un’esperienza straordinaria per loro utilissima che affrontano con grande spirito”.

Gran parte del merito può essere attribuito a Devis Mangia?

“Mangia ha preso in mano una buona squadra, è sulla panchina da solo un anno perché prima c’era Ferrara, e l’ha migliorata ulteriormente. Questa squadra sta davvero giocando un calcio positivo e il tecnico è molto bravo, uno dei più preparati che ci sono in Italia”.

Germania e Spagna, due diversi destini al torneo…

“La Germania ha giocato non bene collettivamente. Ha dei buoni giocatori ma non si sono visti, è mancato il collettivo. Il calcio spagnolo è sempre straordinario. In Spagna hanno scoperto che il calcio è uno sport di squadra, non individuale e in quel momento hanno fatto la grande differenza”.

Futuro roseo per tanti Azzurrini qui presenti? 

“Si, se non perderanno questa modestia, questa professionalità ed etica di gruppo. Etica del gruppo significa non tradire chi ti ha scelto, il club o la nazionale, l’allenatore, i propri compagni e se stessi”.

Tra alti e bassi, l’Italia non smette mai di sfornare talenti…questione di DNA?

“A volte ne abbiamo prodotti molti, in altri momenti un pò meno. Il fatto che ora l’Italia partecipi a due fasi finali europee con l’Under 17 e l’Under 21, significa che non si tratta di una squadra, non è questione di  5 o 6 giocatori, ma è un intero movimento”.

C’è continuità e sintonia tra il lavoro delle nazionali giovanili con quello di Cesare Prandelli?

“Si, senz’altro. C’è sintonia tra il lavoro dall’Under 15 all’Under 21, ma anche Prandelli con la nazionale sta avendo grandi risultati grazie a un gioco che ha come obiettivo il calcio totale e il collettivo. E’ il collettivo che migliora il singolo, non il contrario. Cerchiamo di essere coordinati dall’Under 15 all’Under 21 seguendo un percorso destinato a servire la nazionale maggiore. La soddisfazione più grande è che in questo momento giocatori come [Stephan] El Shaarawy, [Mattia] De Sciglio sono in nazionale A, ma anche [Marco] Verratti, [Fabio] Borini, [Mattia] Destro ci sono già stati. Questa è la soddisfazione più grande. Noi abbiamo come obiettivo il gioco perché sappiamo che è il gioco che alimenta il giocatore e ne moltiplica le sue sicurezze e qualità”.

Tanti trionfi nella storia per l’Under 21 e una sola finale per l’Under 17, come spiega questo gap?

“C’è un motivo. In passato non avevamo l’Under 15, iniziavamo dall’Under 16, mentre altri paesi come per esempio Svizzera e Spagna iniziavano da molto prima. Arrivavamo quindi in netto ritardo. Oggi iniziamo dall’Under 15 e stiamo cercando di creare comitati regionali per partire dall’Under 14”.

E’ importante confrontarsi anche con altri modi di fare calcio?

“La Federazione ci ha permesso una cosa, di giocare tante partite internazionali. Questo ci ha consentito di confrontarci con un calcio diverso rispetto a quello che si gioca in Italia, e noi pensiamo che il calcio del futuro sia sempre più basato sull’intelligenza, sulla capacità di collocarsi bene, di connettersi bene, affinchè la sinergia cresca, al pari dell’autostima e della personalità”.

Adolfo Iacomino
Adolfo Iacomino
Nato a Terracina il 1º Agosto 1985, ama il calcio e i numeri 10 che sin da bambino hanno condizionato la sua vita. Alla sua prima collaborazione con una testata sportiva. Dal 2011 vive a Barcellona.

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