Storie di Provincia: l’impresa della Reggina di Mazzarri

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nicola-amoruso_ppLa stagione 2006 – 2007 ha rappresentato uno spartiacque nella storia del campionato italiano di serie A. Per alcuni versi, non è mai finita. Smaltita l’enfasi collettiva del trionfo azzurro nella notte di Berlino, ai nastri di partenza, per effetto dei verdetti seguiti allo scandalo di Calciopoli, per la prima volta si registrava l’assenza sul palcoscenico principale della Juventus, retrocessa d’ufficio. In B scendeva anche il portiere campione del mondo, Gigi Buffon, che in molti avrebbero voluto come Pallone d’Oro.
Ben quattro le squadre penalizzate: Fiorentina (15 punti), Milan (8 punti), Lazio (3 punti) e Reggina (15 punti). Se per le prime tre si poteva prevedere un percorso ad ostacoli impegnativo ma sormontabile nella lunga marcia del campionato a venti squadre, per la Reggina, squadra proiettata a gareggiare nel colosseo della salvezza, la traversata si prefigurava come una missione ai limiti del possibile.
Cocchiere nella gran tempesta che s’adombrava, fu Walter Mazzarri, già autore di due salvezze consecutive sulle sponde dello stretto e prima ancora fautore della rinascita del Livorno.
Cresciuto nelle giovanili della Fiorentina, Mazzarri soffrì la nomea di “nuovo Antognoni” che accompagnò le aspettative sul suo conto e non ripagò le attese suscitate, consumando una carriera di basso profilo, lontano dalle cronache riservate a ben altri protagonisti. Ma una volta seduto in panchina, quel temperamento che forse era mancato al giocatore, venne fuori nell’allenatore, a volte anche in maniera troppo irruenta.

Allestita una squadra fatta di veterani e gente di temperamento, Mazzarri e la Reggina si lanciarono contro il destino già scritto, e dopo un avvio altalenante, con le sconfitte di Palermo e Messina, alla sesta giornata ecco il primo squillo di tromba: 1 – 0 alla Roma di Totti.

Tetragona ai colpi di ventura, il 12 novembre, con la vittoria in trasferta a Siena, la Reggina annulla la penalizzazione. Un mese dopo, arriva la riduzione della penalizzazione a – 11. La squadra gioca un calcio combattivo, non può sottrarsi all’obbligo di attaccare, ma sa chiudersi prontamente quando sente avvicinarsi il risultato propizio. Il pubblico di Reggio sospinge gli amaranto nelle gare interne, dove arrivano molte vittorie e l’accortezza tattica di Mazzarri fa in modo di arraffare pareggi pesanti anche in trasferta. Gli avversari nella lotta salvezza si chiamano Ascoli, Chievo, Siena, Cagliari e Torino

Al termine del girone di andata, la salita si fa più accessibile. La Reggina ha lasciato l’ultimo posto all’Ascoli, affianca il Parma e dista quattro punti dal Messina, 5 dal Chievo. Si inizia a pensare all’impresa, ma dopo la profusione di tanto sforzo, non manca il timore di un calo di rendimento.
Sono soprattutto gli attaccanti a trascinare la squadra. Nicola Amoruso, ex bomber della panchina juventina, che metterà a segno 17 gol a fine stagione e Rolando Bianchi, che ne infilerà ben 18. Accanto a loro, l’incursore Vigiani, fedelissimo di Mazzarri che come un “Gunga Din” assicurava costanti rifornimenti alle punte, l’esperto Lucarelli a guidare la difesa e Giacomo Tedesco con il compito di dettare i ritmi del centrocampo.

Nell’ultima decisiva giornata, la Reggina scende in campo al Granillo contro il Milan fresco Campione d’Europa. Questa, la formazione:

Campagnolo; Lanzaro, Aronica, Di Dio (32’st Nardini); Mesto, Vigiani, Gazzi, Tedesco, Modesto; Amoruso (21’st Amerini), Bianchi (40’st Nielsen).
Finì con un 2-0, firmato all’ 8’pt da Amoruso, e consolidato al 22’st da Amerini. Qui il video.

La Reggina era approdata nel porto della salvezza. Alla fine del campionato, i punti della Reggina saranno 51 effettivi (quanti bastavano per qualificarsi all’Intertoto) e 40 sul campo. Ai calciatori di quella squadra, Reggio Calabria ha voluto concedere la cittadinanza onoraria, in segno di riconoscimento per un’ impresa che, come scrissero i giocatori sulle t-shirt celebrative, fu impresa “dA non crederci”.

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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