L’isola che non c’è… più!

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C’era una volta la Serie A, un’isola felice (che in realtà sarebbe una penisola, accettate però questa licenza) popolata da grandi campioni e le più promettenti giovani promesse del calcio mondiale. Una terra paragonabile al Paradiso, un luogo inimitabile considerato un punto d’arrivo da chi, di mestiere, cerca soltanto di regalare un sorriso ai propri tifosi. Sarà stata quella sua forma un po’ particolare – uno stivale che, con estrema eleganza, colpisce un pallone – quasi a diventare un presentimento per descrivere quello che è lo sport nazionale, un movimento capace di entusiasmare le folle più di qualunque altro passatempo.

Da Ronaldo a Zidane, passando per Shevchenko e Ibrahimović: all’appello rispondevano presente tutti i più grandi, quelli che in campo facevano per davvero la differenza e che trascinavano, grazie alla loro indiscussa classe, le rispettive squadre a trionfali “campagne” all’estero, quasi sempre concluse con vittorie prestigiose su campi molto temibili. Non importava se fosse un incontro valido per la Coppa dei Campioni, per la Coppa delle Coppe o per la Coppa Uefa, le italiane nei momenti importanti della stagione c’erano sempre, pronte a sollevare un trofeo desiderato per una stagione intera.

La stagione 2012-2013 si appresta a essere una delle peggiori tecnicamente degli ultimi dieci anni.

Adesso però, su quell’isola felice, sono cambiate tante cose. È come se fosse scomparsa quella magia che avvolgeva gli stadi, quel profumo di terra consacrata nella quale gli stranieri andavano in pellegrinaggio almeno una volta nella vita. Strutture obsolete e poco funzionali, un calcio antico e tutt’altro che spettacolare, scandali uno dopo l’altro, e soprattutto pochi soldi per poter importare campioni veri, quelli che fanno la differenza nelle fasi decisive e trascinano una squadra alla conquista di succulenti trofei internazionali.

E così siamo arrivati ad adesso, dove su quell’isola si respira un’aria pesante composta da mediocrità e corruzione, nella quale il calcio si vive più nelle aule dei tribunali che sul terreno di gioco. Un mondo – prima simbolo ed emblema del lusso sfrenato – che improvvisamente scopre la crisi, nel quale il Milan è costretto a vendere Ibrahimovic e Thiago Silva, pur essendo ben consapevole che non sarà in grado di sostituirli con giocatori della stessa caratura tecnica; e sull’altra sponda di Milano la musica non cambia, perchè l’Inter di Andrea Stramaccioni verrà ricordata soprattutto per essere quella della cosiddetta “ricostruzione”, con i veterani messi fuori squadra o lasciati andare verso altri lidi, tutto pur di liberarsi dagli ingaggi faraonici totalmente fuori mercato che gli stessi dirigenti neroazzurri decisero di scolpire nero su bianco.

Il segnale più grave arriva però dagli stessi stranieri, quei calciatori che un tempo avrebbero fatto carte false pur di calcare i campi della nostra Serie A, e adesso fanno le bizze – rappresentati dai loro procuratori, altrettanto bramosi di ricchezza – pur di strappare un contratto ancora più lungo e redditizio, al fine di avere uno stimolo in più per “accontentarsi” di giocare in Italia. Questo, se permettete, è uno schiaffo morale a un paese che al calcio ha sempre dato tanto, ma adesso si ritrova in palese difficoltà poiché il sistema che per anni lo ha sostenuto – e ne ha rimpinguato le casse – si è interrotto. E non sarà certamente un caso che la squadra costruttrice di uno stadio di proprietà (lo Juventus Stadium, nella foto) ha fatto bingo e conquistato uno scudetto – dopo anni di mediocrità – al primo anno.

Quell’isola felice è ormai solo un miraggio, e la preoccupazione più grande è che ci dovremo accontentare di questo per molto, molto tempo. A meno che non si sia tutti pronti a fare un lungo viaggio insieme, in ricordo di quei bei tempi passati in cui l’Italia era il massimo a cui un calciatore poteva aspirare, usando l’immaginazione e dirigendoci, con Peter Pan, verso la “seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”, per ritrovare ancora una volta quella magia che avvolgeva gli stadi del nostro bel paese.

Alessandro Lelli
Alessandro Lelli
Nato a Genova nel maggio 1992; è un appassionato di calcio, basket NBA e pallavolo (sport che ha praticato per molti anni). Frequenta la facoltà di Scienze Politiche, indirizzo amministrativo e gestionale.

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