Tutti gli orrori del nostro anno calcistico

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Ora che tutto è finito, ora che ci rimangono i numeri, le impressioni e i propositi per l’anno nuovo, è l’ora di dare uno sguardo a ciò che è accaduto durante quest’ano intenso e pieno di emozioni, gioie, scandali. Sì, perché, se è doveroso omaggiare vincitori e vinti, protagonisti e comparse, è altrettanto dovuto andare a rispolverare eventi che altrettanto onorevoli non sono stati, fatti che, passati e non, hanno condizionato e continuano a macchiare la stagione calcistica italiana. Oggi è il momento di rievocarli.

SCIOPERO CALCIATORI – I circoli e i bar colmi di tifosi imbufaliti si scatenarono ad ‘inizio’ campionato. Un incipit sempre rimandato, una folla di milioni di appassionati in trepida attesa e continuamente delusi da rinvii e da chi reclamava fantomatici diritti violati. Proteste da sindacalisti della prima ora, sfuriate da meccanici in salopette e un’Italia intera che, nel frattempo, si sentiva insultata di fronte a un grottesco ‘spettacolo’ del genere: uomini giovani, belli e ricchi osannati fino allo sfinimento e fino al ridicolo, minacciare (e attuare) uno sciopero degno del miglior operaio di Pomigliano d’Arco per ‘mancate intese con la Lega Calcio’. L’Italia è anche questo. I ‘problemi’? Tra i tanti e irreparabili, il contributo di solidarietà applicato ai super-stipendi, voluto dal governo dei professoroni per arginare la crisi abbattutasi sul mondo intero e la questione allenamento dei fuori rosa. Morale: la prima giornata saltò e lo stivale del pallone perse un’altra occasione per non essere derisa dal resto d’Europa. Col risultato di gente indignata e proteste quasi rassegnate. Un calcio malato, si diceva: e il bello doveva ancora venire.

NEVE BELLA E FLAGELLANTE – Avete mai visto una nazione paralizzata dai candidi fiocchi e un campionato fermo ad ammirarla, data l’impossibilità/incapacità di ‘spalare’ e giocare? L’Italia è il paese che fa per voi. Stadi obsoleti, impianti termici e drenanti dei campi dell’anteguerra, incolumità dello spettatore messa a rischio e spettacolo degradante: nell’inverno italico è successo tutto questo. L’unica a poter tener fede al motto ‘the show must go on’ (guarda caso l’unica che ha pensato bene di costruirsi uno stadio nuovo, moderno e attrezzato, al passo col resto dei grandi campionati europei), è stata la Juventus, ma in questo caso ha giocato un po’ il ruolo dell’oasi nel deserto. E via, tutti giù a parlare, a criticare, a proporre le più bizzarre soluzioni: inizio stagione anticipato, più turni infrasettimanali, pause/ulteriori vacanze invernali e chi più ne ha più ne metta. A nessuno venne in mente di spendere qualche spicciolo per progetti seri di rinnovamento e di ammodernamento del nostro calcio, in direzione di sicurezza e competenza? Sembra di no. Altre polemiche, altre fastidiose giornate di domeniche uggiose e senza calcio.

ULTRAS E VIOLENZA PADRONI DEL CALCIO – Che il tifo italiano sia stato sempre tra i più appassionati e impulsivi lo si era capito. E si era capito anche che il nostro pallone, nonostante le tante misure-tolleranza zero, era uno spettacolo facilmente preda di violenze e atteggiamenti fuori dalle righe. Ma quello accaduto il 22 aprile scorso allo stadio ‘Marassi’ di Genova non solo ha gettato fango sul nostro movimento calcistico, ha anche segnato, come ha dichiarato lo stesso presidente del CONI Petrucci, ‘un punto di non ritorno’. Vedere 300 facinorosi impadronirsi di uno stadio intero (popolato anche da famiglie e bambini) sotto gli occhi attoniti e colmi d’impotenza della polizia e dei calciatori è stata un’umiliazione, non solo per i calciatori del Genoa, costretti a togliersi da ‘indegni’ le maglie e l’onore, ma anche per tutti quelli che di questo sono responsabili e che, con inettitudine, hanno permesso uno spettacolo tanto aberrante, dal primo dirigente all’ultimo impiegato. I successi e le conquiste di trofei partono da questo: fa tutto parte di una mentalità che, purtroppo, forse non avremo mai.

PRESIDENTI MANGIA-ALLENATORI – Mentalità, appunto. Sembra quasi una barzelletta: ci troviamo a commentare un record di esoneri. Quest’anno sono 19. Altrettanto divertente è la beffa che viene servita ai malcapitati mister, accolti sempre con la stessa, identica frase: ‘Sarà il nostro Ferguson’. Sir Alex Ferguson, quello vero, allena da più di un quarto di secolo una squadra sola che si chiama Manchester United e che, evidentemente, italiana non è; un motivo ci sarà pure. L’allenatore scozzese prima di trionfare sulla panchina dei ‘Red Devils’ ha dovuto attendere 7 anni: quanti presidenti così lungimiranti del nostro calcio avrebbero atteso così tanto senza una coppa in bacheca? Sfido chiunque a trovarne uno. Wenger alla guida dell’Arsenal è da più di 14 anni e non vince nulla dal 2005. Eppure è ancora lì. Le programmazioni serie sono quelle. Loro non si stancano, loro non hanno abbandonato dopo un anno dopo aver tradito quest’essere fantomatico chiamato progetto. Loro non hanno presidenti che ti cacciano dopo due partite perse. Loro hanno la possibilità di lavorare, con serenità, professionalità e fiducia, con le giuste pressioni. Concetti troppo sofisticati.

ROSSI – LJAJIC, L’ESASPERAZIONE CHE DIVIEN FOLLIA – Gattuso ieri, salutando tutti in quel di San Siro, ha lanciato l’allarme per il futuro, lasciando in eredità una riflessione niente male: “I giovani di oggi non sono come noi. Sono pieni di soldi, hanno poca voglia di imparare e fanno i fenomeni. Quando ero giovane io, Costacurta e Maldini si facevano rispettare. Oggi El Shaarawy ti risponde”. Oggi si parla di ragazzi che, presi giovanissimi da case e famiglie, vengono immessi in un mondo ricco e fin troppo morbido. Perdere le staffe non è ardua impresa, anche se ingiustificata. Un allenatore ha il sacrosanto diritto di sostituire chi vuole, come e quando vuole, non essendo tenuto a dar spiegazioni. In fondo, quello, è il suo lavoro. Se poi in campo giochi da 4 e ti noti solo per gli applausi e l’arroganza con cui ti rivolgi ad una persona più ‘grande’ di te di almeno 30 anni, allora è troppo. Quel che viene dopo merita uguale se non superiore censura. La violenza è da condannare a prescindere. Moralista come frase, ma l’esempio è tutto. Una vicenda indegna e umiliante per entrambi che ha confermato ancora una volta i climi esasperati che quotidianamente si vivono nel nostro pallone.

IL GOL DI MUNTARI – Per fortuna che alla fine non è risultato decisivo. Perché sentire le stucchevoli lamentale dell’intero mondo calcistico sarebbe stato davvero insopportabile. Forse entrerà nella classifica dei più importanti non gol. Fino a un paio di domeniche dal termine del campionato, l’errore arbitrale che stava, stando a quanto affermava qualcuno, per assegnare lo scudetto alla squadra meno meritevole e una svista che stava condizionando il campionato in maniera irreparabile. Senza contare la mole di gioco espressa nell’arco dell’anno e i possibili, ‘non certi’ meriti avversari. Un errore frutto della pressione che ogni domenica la classe arbitrale deve sopportare, una serenità non concessa mai ai direttori di gara ma da sempre declamata come la soluzione di tutti i nostri problemi. Siamo italiani anche per questo. Per fortuna alla fine potremo dimenticarlo, col tempo, senza pretendere di giustificare sconfitte e imputare vittorie altrui a uomini in grado di sbagliare. Forse con l’aiuto di una piccola moviola si sarebbe potuto evitare tutto il polverone, ma questo è un altro discorso.

CALCIOSCOMMESSE – Un sogno rubato. Dopo Calciopoli, ancora costretti a subire l’onta di un orrore che pone fine alle speranze di uno sport pulito e leale. Immaginare giocatori che guadagnano più dell’immaginabile contrattare con alcuni signori venuti da chissà dove a tavolino l’esito di una partita, quando migliaia, se non milioni, di tifosi s’illudono di poter provare emozioni derivanti da qualcosa di spontaneo, accidentale, vero, prendendo in giro tutto e tutti, beh, è una vergogna. Come al solito, la nostra classifica è al contempo definitiva e non. E’ incredibile come la sete di denaro e la mancanza di valori morali possa portare a perdere la propria dignità per qualche spicciolo per gettare tutto nel baratro della viltà. Guardare il calcio significa anche esigere rispetto. Vendere un derby con autogol inventati o simulare esultanze a testa alta quando si ha la consapevolezza che di alto c’è solo il rischio di galera, sono fatti che definire ingiuriosi è pronunciare un eufemismo. Che quest’estate possa portarci davvero una ventata d’aria sana, attraverso i giusti provvedimenti, attraverso decisioni coraggiose e decise. Non possiamo continuare così, non possiamo permettere che il nostro campionato si decida prima in un ristorante e poi nei tribunali. Che sport è mai questo?

Marco Macca
Marco Macca
Vive a Formia (Latina) e studia Scienze della comunicazione a Roma. Collabora, oltre che con Mondopallone.it, con Calciomercato.it e con seriebnews.com.

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