Ritorno possibile | Galliani-Milan, opzione ancora sul tavolo: consulenza esterna o ruolo “ad personam”, cosa filtra; il rebus che divide i tifosi
Adriano Galliani (Lapresse) - Mondosportivo
La linea che filtra è chiara: nessun ribaltone ai vertici. L’eventuale ritorno di Galliani non andrebbe a sovrapporsi a presidente e amministratore delegato, bensì si collocherebbe come advisor esterno collegato alla proprietà, sul modello già visto con Ibrahimovic ma con mansioni diverse (relazioni istituzionali, rappresentanza in Lega, dossier speciali di mercato e governance). È un “rientro soft” che punta a sommare esperienza, rete di contatti e peso politico senza stravolgere l’assetto operativo del club.
Cosa può essere il “nuovo” Galliani: perimetro, compiti e perché ora
Il perimetro di un incarico del genere sarebbe definito su tre assi. Primo: istituzionale, con una delega forte nelle sedi della Lega Serie A e nei tavoli in cui si discutono diritti tv, riforme e calendario. Secondo: strategico, con supporto alla proprietà nei grandi dossier (partnership, infrastrutture, relazioni con Federazione e top club europei). Terzo: tecnico-direzionale, non inteso come “uomo mercato” quotidiano, ma come figura che apre porte, media e sblocca trattative complesse quando serve un profilo di altissimo profilo al telefono.
Perché adesso? Due ragioni. La prima è biografica: la chiusura della pagina Monza rende Galliani un “free agent” di lusso. La seconda è di posizionamento: in una Serie A che sta ridisegnando equilibri tra governance, stadi e diritti, avere un “pesante” a presidiare i tavoli può portare valore immediato. Da qui l’idea di un rientro non invasivo ma ad alto rendimento, capace di accelerare decisioni e relazioni senza riscrivere l’organigramma.

Gli scenari: advisor collegato alla proprietà, tempi e incastri con i ruoli attuali
Lo scenario più gettonato è quello di una super-consulenza legata direttamente alla proprietà, con un contratto che specifichi ambiti e obiettivi. In questo disegno Scaroni resterebbe presidente e Furlani a.d., mentre l’eventuale “rientro” di Galliani avrebbe funzioni complementari: rappresentanza in Lega, relazioni industriali, sostegno puntuale a trattative di livello. La catena di comando non cambierebbe; cambierebbe la potenza di fuoco nei corridoi in cui contano esperienza, autorevolezza e memoria storica.
Sui tempi, la prudenza è d’obbligo. Il quadro è in movimento e la priorità del club resta la continuità sportiva e la sostenibilità economica. Un eventuale ingaggio arriverebbe solo con incastri chiari: confini delle deleghe, compatibilità con le figure già presenti e calendario degli impegni istituzionali. La logica è quella di un “plug-in” di leadership da attivare quando conviene, senza sovrapporsi all’operatività quotidiana di chi lavora già in via Aldo Rossi.
Resta un elemento da non sottovalutare: la narrazione pubblica. L’idea del ritorno di Galliani scalda la piazza e divide le opinioni: c’è chi vede un valore inestimabile di contatti e competenza, e chi teme un passo indietro rispetto alla modernizzazione dei processi. Proprio per questo, qualunque scelta dovrà essere comunicata con un perimetro preciso — cosa fa, cosa non fa, a chi risponde — così da evitare equivoci e “sovrapposizioni” percepite.
Nel frattempo, il Milan procede sulla sua strada: staff confermato, processi snelliti, attenzione al fair value nelle operazioni e centralità del progetto sportivo. Dentro questo orizzonte un “Galliani 2.0” avrebbe senso come leva di influenza e acceleratore di dossier, non come ritorno al passato. È una formula che punta a prendere il meglio di due mondi: governance moderna e peso specifico di chi quei corridoi li conosce a memoria.
La palla, ora, è nei dettagli: contratto, deleghe, calendario. Se si troverà l’incastro giusto, l’opzione resterà viva fino a trasformarsi in realtà; altrimenti resterà un’ipotesi elegante, pronta a riaccendersi quando servirà. Una cosa, in ogni caso, è evidente: il solo fatto che l’idea sia “sul tavolo” racconta il bisogno — in Serie A e non solo — di figure capaci di tenere insieme politica del calcio, business e campo. Ed è lì che un Galliani “consulente” può ancora fare la differenza.
