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L’Oysho Milano Premier Padel P1 visto da vicino

Un’altra edizione del Milano Premier Padel è andata agli archivi e noi, come ogni anno, abbiamo potuto vedere da molto vicino tutti i protagonisti di questa querele che spopola sempre di più. Come dico sempre però il primo concetto che deve passare, soprattutto guardando i maschietti; è “don’t try this at home” perché fidatevi, fanno veramente un altro sport rispetto a noi semplici amatori. L’Oysho Milano Premier Padel P1 2025 mi ha dato, almeno da giornalista accreditato, quel senso di casa, quell’occasione di rivedere colleghi e amici accumunati dalla stessa passione: una passione così forte che all’interno dell’Allianz Cloud abbiamo passato intere ore senza mai guardare l’orologio.

A bocce ferme, dopo i successi di Sanchez-Josemaria e Chingotto-Galan, proviamo ad analizzare meglio tutto il dietro le quinte: cosa è andato per il meglio e cosa va invece rivisto. Abbiamo menzionato in precedenza l’Allianz Cloud, l’impianto che ospita la manifestazione. Ha sicuramente il grande vantaggio della posizione e della verticalità della struttura che permette di vedere bene praticamente da qualsiasi posizione, ma è comunque un palazzetto fatiscente e non perfettamente adatto per ospitare un evento che tiene all’interno spettatori per dodici ore al giorno. All’esterno poi il poco spazio a disposizione complica la presenza di numerosi stand e la sacrificatissima zona commerciale deve districarsi tra una zona food molto povera. Un evento internazionale di quella portata potrebbe dare maggior risalto alla tradizione culinaria italiana.

 

Altra domanda che mi è sorta avvicinandomi all’Allianz Cloud: ci sono lavori ovunque, ma cosa stanno facendo? Tornando indietro con la memoria è dalla prima edizione che frequento questo luogo e mi ricordo già a quell’epoca le strade chiuse, sensi di marcia bloccati e infrastrutture mancanti. Arrivarci non è comunque complicato, ma resta un po’ di perplessità. Nota a favore invece per la coreografia che accompagna tutti i match con le presentazioni sempre spettacolari per un pubblico che vuole abbinare entertainment allo sport. E la musichetta della Pantera Rosa sulle chiamate Var strappa sempre un sorriso. Ben fatto.

Come ha risposto il pubblico all’edizione 2025 del Milano Premier Padel? La sensazione a primo impatto è stata quella di una presenza calante di spettatori, ma il dato comunicato dagli organizzatori parla di record assoluto con tanto di sold-out per sabato e domenica e 35.000 spettatori complessivi. Ma avendo vissuto da vicino tutta la settimana qualche dubbio mi sorge. Colpa dei prezzi, sicuramente. Cifre un po’ troppo alte, in costante aumento anno dopo anno. Ci sono poche promozioni per i giovani, ma solo nei primi giorni; poi si paga tutto a prezzo pieno. Come fa una famiglia a regalare un’esperienza nei giorni clou al proprio figlio se un biglietto singolo per la finale viaggia oltre i cento euro? Una volta fatto il sacrificio del biglietto poi mangiare e bere all’Allianz Cloud va pagato con l’assegno. Follia.

Gli spettatori hanno avuto anche loro qualche colpa. Appassionati e calorosi sicuramente, ma un po’ troppo indisciplinati. Ognuno si sedeva in un posto scelto a caso in una sorta di autogestione delle tribune che non aiuta. Pochi controlli sul posto occupato se non fosse che quando arriva il legittimo proprietario di quel seggiolino c’è da scomodare mezza fila per il trasloco con conseguente fastidio dei giocatori in campo. Perchè durante il gioco ci sarebbe da stare seduti e invece il pubblico ha guardato intere partite stando in piedi nel primo anello pur di non andare a sedersi in piccionaia.

Lo spostamento di data ha portato sia benefici che critiche. Originariamente si giocava a dicembre, ma quest’anno i giocatori hanno alzato la voce facendolo spostare a ottobre. Perché? Fino all’anno scorso la settimana antecedente al Milano Premier Padel il circuito era impegnato in Messico e i giocatori dovevano sobbarcarsi un viaggio transatlantico che li spremeva ancora prima di scendere in campo; chiedere a Claudia Fernandez nel 2024 quando per uno sciopero aereo atterrò la mattina a Milano proveniente da Acapulco e dovette giocare il primo turno nel pomeriggio. Vinse, stremata, e in conferenza stampa ci supplicò di lasciarla andare in hotel a dormire.

Quindi a ottobre i giocatori sono più freschi e ancora nel pieno della stagione. Ma fa più caldo. Bene per i bombarderos: il campo è ancora più veloce e la pallina schizza rendendo più difficile difendere certi missili. Male per il pubblico: non c’è l’aria condizionata e dentro si boccheggia. Sembrava di stare in sauna soprattutto al secondo anello. Meglio invece sul Campo 1, chiuso al pubblico ma riaperto almeno agli addetti ai lavori. Il freddo che pativano i giocatori (maniche lunghe e tuta ad ogni cambio di campo fino all’anno scorso) è solo un ricordo e quest’anno è stato anche reso esteticamente più bello dopo il fattaccio 2024 che ha riguardato Stupa. Però c’è troppa diversità tra le varie situazioni: giocare alle 16 sul centrale e alle 21 sul campo 1 è quasi l’opposto, un po’ la differenza che passa tra la terra rossa del Roland-Garros e l’erba di Wimbledon. Campi di allenamento? In un’altra struttura ancora e quindi condizioni ancora diverse. Ci sono stati giocatori “non di primissima fascia” che hanno giocato i primi turni sul campo 1 e una volta spostati dal venerdì sul centrale si sono trovati completamente spaesati.

Lato stampa: si è cominciato con un media day molto povero. Al Paris Major erano presenti Ariana Sánchez & Paula Josemaría (#2), Bea González & Claudia Fernández (#3), Juan Lebrón & Franco Stupczuk (#3) e Arturo Coello & Agustín Tapia (#1); a Milano Marta Ortega & Tamara Icardo (#5), Carolina Orsi & Martina Fassio (#16), Martín Di Nenno & Leo Augsburger (#6) e Momo González & Fran Guerrero (#7). Una bella differenza. Durante il torneo poi i giocatori cercano di presentarsi il meno possibile in conferenza stampa e mai in caso di sconfitta, con l’ufficio del Premier Padel che non osa obiettare. Un paragone? Sinner si presenta dopo ogni singolo match, vinto o perso, anche dopo aver sprecato tre match point in una finale Slam. E quando i padelisti proprio non possono rifiutare, il tempo limite è di quattro domande e 10 minuti (Sinner e Alcaraz si impegnano tra i 60 e 90 minuti dopo ogni incontro).

Sarebbe stato interessante avere una versione di Lebron sui warning ricevuti, una spiegazione di Tapia sulla finale persa o sapere meglio le condizioni di Gemma Triay. Ma niente. Abbiamo nominato alcuni protagonisti e quindi usciamo un po’ dal dietro le quinte per analizzare quanto avete visto tutti sul campo. Il giocatore che merita di essere menzionato per primo è Chingotto che, come ha definito il suo compagno Galan, non è solo l’MVP della partita, ma è un MVP di vita. Dopo il primo set della finale era già pronto il necrologio. Chingotto è (comprensibilmente) considerato l’anello debole della rivalità tra le due prime coppie del mondo, ma in questa occasione è stato determinante nel far credere al suo compagno che si poteva fare, quando in pochi ci avrebbero scommesso. Solo applausi, perché i mezzi non sono quelli degli altri tre.

Il padel poi sta scoprendo piano piano un nuovo idolo: i ragazzini stravedono per Leandro Augsburger. Classe ‘2004, giovanissimo, smasha da ogni posizione ed è sempre protagonista di giocate folli e scelte che magari non portano all’ottenere un punto nel modo più semplice, ma fanno sempre spettacolo. Un funambolo, con un fisico imperioso che gli permette di coprire il campo con pochi passi. Per un futuro idolo, ce n’è uno invece più vecchiotto che non deve mollare. Trattasi di Paquito Navarro, i cui risultati non sono più straordinari, ma è un One Man Show. L’eliminazione a Milano, statistiche alla mano, è più colpa del suo nuovo compagno Sanz, autore di un torneo sottotono e costernato da una marea di errori gratuiti. Le reazioni di Paquito però sono sempre esilaranti, anche se in questa edizione non ha fatto vedere l’esultanza della chitarra. Francamente era difficile dovendo sopperire alla luna storta di Sanz. Riguardatevi bene un punto durante gli ottavi di finale: pallonetto alto, Navarro urla a Sanz “si te gusta” per farlo smashare girandosi verso il pubblico e facendosi il segno della croce. Risultato? Smash a vetro di Sanz e ovvia faccia desolata nel tornare nel suo angolo.

Chi bocciato? Se avete visto il torneo penso già lo sappiate. Juan Lebron si è reso ancora protagonista di una sceneggiata esagerata. Colpito all’occhio da uno smash di Tapia, lo spagnolo ha scagliato la sua racchetta contro la griglia uscendo dal campo e urlando contro l’arbitro. Due warning ricevuti tra l’incredulità di pubblico, avversari e compagno: un gesto totalmente involontario e sfortunato, ma l’esperienza di un giocatore che è stato numero uno del mondo deve farlo pensare fino a tre prima di avere certe reazioni.

Ma sapete una cosa? Tra elogi e critiche non vediamo già l’ora di tornare perché questo Milano Premier Padel ci entra sempre più nel cuore.