La giornata si è aperta in festa sulle rive del Lago, gremite di tifosi, turisti e delle immancabili bandiere slovene. Subito dopo il via, il gruppo ha affrontato la salita sacra della Madonna del Ghisallo, più di un test sportivo: un vero atto di fede. Anche dal versante più dolce, come questa volta, il passaggio conserva un valore simbolico — qui, nel 1949, Coppi, Bartali e Magni portarono la fiaccola alla chiesetta dedicata alla Vergine, protettrice dei ciclisti. Un rito collettivo, una preghiera per chi pedala, ma ancora troppo presto per indirizzare la corsa. Le prime vere scosse sono arrivate, come da tradizione, in terra bergamasca.
Lì la strada si è fatta più esigente, snodandosi su una serie di salite impegnative: prima la Roncola, con pendenze fino al 17%, poi il Berbenno e l’11 chilometri del Passo della Crocetta al 6,2%. Proprio all’inizio della Roncola è scivolato Jay Hindley, capitano della Red Bull Bora Hansgrohe e uno dei più attesi, che da quel momento non è più riuscito a ritrovarsi. A sorprendere tutti è stato invece l’americano Quinn Simmons, che ha staccato con decisione i compagni di fuga — Ganna, Bilbao, Vervaeke e Matthews — accumulando secondi che sono diventati minuti, anche grazie alla sua aggressività sia in salita, sulla Zamba Alta, che in discesa. A 55 km dall’arrivo il suo vantaggio era di 2’05” su Ganna e oltre tre minuti sul gruppo Pogacar.
A quel punto è scattata la mobilitazione tra le fila della UAE-XRG. Gli uomini di Tadej Pogacar hanno imposto il loro ritmo in testa al gruppo, rientrando su quasi tutti gli attaccanti. Guidava il forcing un commosso Rafal Majka, all’ultima corsa della carriera, celebrato dai compagni e dallo stesso Pogacar con un simbolico “chapeau”. L’andatura ha ridotto il drappello dei migliori a pochi eletti: Del Toro, Evenepoel, Storer e Seixas, oltre naturalmente allo sloveno.
Poi è arrivato il momento decisivo, il Passo di Ganda: 9,2 km al 7,3%, con punte al 15% nel finale. Un luogo che Pogacar conosce bene, teatro delle sue vittorie nel 2021 e nel 2023. A 37 km dal traguardo, sfruttando il lavoro instancabile di Del Toro, ha sferrato l’attacco decisivo. Nessuno è riuscito a seguirlo, nemmeno Evenepoel. Simmons ha visto rapidamente svanire il suo vantaggio, superato prima dallo sloveno e poi dagli inseguitori. Pogacar ha continuato la sua corsa solitaria, scatenato anche nella discesa tecnica che portava verso Bergamo. Il sipario si è alzato infine sul Colle Aperto, con pendenze oltre il 10% e gli ultimi 200 metri lastricati di ciottoli, prima della picchiata verso viale Roma. Le vie di Bergamo Alta erano gremite all’inverosimile, un’esplosione di passione che ha accompagnato la nuova impresa dello sloveno.
Alle 16.50, Pogacar ha tagliato il traguardo a braccia alzate, come una freccia che colpisce nel segno. Nessuno si è più stupito: a 27 anni, Tadej ha reso ordinario l’eccezionale. Il suo quinto Lombardia consecutivo, costruito con una fuga solitaria di 37 km e il crollo di Simmons, è la decima Monumento di una carriera che continua a sfidare ogni limite. Evenepoel è ancora secondo, staccato di 1’48” — nonostante un imprevisto con una moto ferma sul percorso — e terzo l’australiano Michael Storer.
Tra le colline del Lario e le valli bergamasche, in un autunno caldo e limpido, le “foglie morte” sono cadute davvero, ma solo per assistere a un nuovo capitolo della leggenda slovena. Questo Lombardia numero 119 si è chiuso come i quattro precedenti: con Pogacar che domina, inesorabile. La sua cinquina, ottenuta senza interruzioni, lo proietta oltre Coppi e ogni altro: il Campionissimo si fermò a quattro vittorie consecutive tra il 1946 e il 1949, aggiungendo la quinta solo nel 1954. Pogacar, invece, lo ha fatto senza mai fermarsi né voltarsi indietro. Una tirannia mai vista prima, nemmeno ai tempi di Merckx o Girardengo.