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L’arrampicatrice iraniana Rekabi è scomparsa dopo aver gareggiato senza l’hijab, sfidando le norme della Repubblica Islamica

In base all’articolo 638 del codice penale iraniano, in vigore ufficialmente dal 1983 ma in parte già applicato sin dalla proclamazione dell’Ayatollah Khomeini come leader della Repubblica Islamica, le donne che “compaiono in pubblico senza prescritto abbigliamento Islamico” rischiano l’arresto e la detenzione dai 10 giorni ai 2 mesi o multe da 50.000 a 500.000 riyal. Ma compiere questo reato in un Paese come l’Iran può trasformarsi in una violazione di una rigida ed estremamente severa norma morale e religiosa, con conseguenze imprevedibili per tutte le donne, persino drammatiche come dimostrato dal caso Mahsa Amini che ha acceso le piazze da diverse settimane.

Dopo la morte della 22enne, in numerose città sono scoppiate dure manifestazioni di protesta e in tutto il mondo gli occhi sono ora puntati sulle reazioni del governo iraniano, che ha già dimostrato di voler utilizzare il pugno duro per soffocare, anche nel sangue, le contestazioni. Lo dimostrano i dati dell’ONG Iran Human Rights, che parla di 108 morti finora, tra cui 23 minorenni tra gli 11 e i 17 anni. Il mondo dello sport, finora, si è fatto sentire, sia con atleti in patria che all’estero, con rischi enormi per sé e le proprie famiglie: già diverse figure di spicco, dopo aver fatto sentire la propria voce, hanno subito censure, ritorsioni o persino arresti, in un Paese che sta mostrando una volta di più il proprio volto più feroce e dispotico.

Un gesto particolarmente eclatante, però, è stato quello compito in queste ore dall’arrampicatrice Elnaz Rekabi, impegnata nei campionati asiatici a Seoul: giunto il proprio momento nella gara, l’atleta si è presentata con il capo scoperto, senza l’hijab prescritto per tutte le sportive, ma soltanto con una fascia e i capelli legati con un elastico. Arrivata quarta al termine della competizione con 152.1 punti, Rekabi per la prima volta in carriera (non era stato così, per esempio, ai Mondiali di Mosca del 2021)ha gareggiato senza la copertura prevista per le atlete iraniane, in un chiaro e significativo gesto di protesta verso il proprio governo e di solidarietà con le tante donne che stanno rischiando la vita in piazza in queste settimane in nome della libertà. La 33enne era stata anche la prima arrampicatrice iraniana a partecipare a una Coppa del Mondo nel 2016: “Ogni volta che qualcuno mi vede, dice: una ragazza che arrampica? Si sorprende, però in senso positivo. Credo che con il mio esempio posso aiutare altre giovani a decidersi a impegnarsi a praticare questo sport”.

Secondo gli ultimi aggiornamenti, purtroppo Elnaz Rekabi sembra essere scomparsa: da lunedì non si hanno più sue notizie, nessuno riesce a contattarla e diverse fonti riportano che le sarebbero stati sequestrati passaporto e cellulare. IranWire scrive che l’atleta sarebbe stata portata nell’ambasciata iraniana a Seul dal responsabile della Federazione di arrampicata del Paese Reza Zarei, secondo l’ordine del capo del comitato olimpico iraniano, Mohammad Khosravivafa. E ora, si teme che possa essere rimpatriata e incarcerata per il suo gesto: un rischio enorme per la sua salute e vita, per un regime che ancora una volta conferma il suo carattere dispotico e sanguinario.

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