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Tre membri dello staff della Russia non sono rientrati in patria per evitare la mobilitazione militare

Code lunghe chilometri al confine, disperati tentativi di lasciare la Russia in ogni modo, giovani e famiglie che scappano in Finlandia, Georgia e altri Paesi confinanti per evitare la chiamata alle armi. L’annuncio fatto dal presidente russo Vladimir Putin settimana scorsa, con cui è stata comunicata la mobilitazione militare parziale (la prima dalla Seconda Guerra Mondiale) di 300mila riservisti per la guerra in Ucraina, ha scatenato panico e proteste tra la popolazione. Sarebbero già oltre 2300 gli arrestati per aver manifestato il proprio dissenso davanti a questa nuova, pericolosa escalation del conflitto nell’Est europeo: un segnale chiaro della paura che tante persone stanno provando in queste ore davanti al rischio di ritrovarsi in prima linea nella cosiddetta “operazione militare speciale” cominciata lo scorso febbraio.

I riservisti chiamati alle armi secondo il decreto appena firmato sono “coloro che hanno svolto il servizio militare nelle forze armate, che hanno già esperienza e formazione”, e pertanto con un minimo di preparazione militare alle spalle per poter andare a rinforzare gli eserciti al momento impegnati in Ucraina. Un passo ben oltre, da parte delle autorità russe, nel processo di un coinvolgimento sempre maggiore della popolazione in una guerra che continua ad assumere, giorno dopo giorno, tratti inquietanti.

Ed è anche così che in questi giorni si è ritrovato a casa la lettera di arruolamento persino l’ex calciatore Diniyar Bilyaletdinov, 37enne con un passato all’Everton. Il centrocampista, ormai ritiratosi nel 2018, aveva infatti svolto il servizio militare a 18 anni, prima di cominciare la propria carriera da professionista nella Lokomotiv Mosca. Una notizia comunicata dal padre dell’ex giocatore, Rinat, che però ha aperto all’ipotesi di un possibile errore: “Difficile parlare di emozioni, perché non ha prestato servizio, anche se ha fatto il servizio militare, ma era specifico, con un orientamento sportivo. Erano 19 anni fa. Cioè, sì, ha prestato giuramento, ma ha prestato servizio nella linea sportiva. La legge dice di chiamare persone fino a 35 anni, e lui ha 37 anni, quindi c’è una sorta di incoerenza”. 

Ma sempre nel mondo del calcio russo, altri hanno preferito giocare d’anticipo per evitare la drammatica sorpresa di una chiamata alle armi. Secondo quanto riportato da Football24.ru, infatti, tre membri dello staff della Nazionale russa non sarebbero rientrati in patria dopo l’amichevole giocata a Bishkek, contro il Kirghizistan, proprio per evitare la mobilitazione militare. Per la squadra, era il primo appuntamento sportivo internazionale dall’inizio della guerra in Ucraina, ma per i tre collaboratori (il cui nome non è stato ancora divulgato) si è trasformata nell’occasione per rimanere fuori dalla propria patria e seguire il destino delle decine di migliaia di persone fuggite dal Paese in questi giorni. Un’altra, drammatica storia che ci racconta una volta di più l’incubo di tanti giovani di ritrovarsi al fronte a combattere: un rischio che in tanti hanno deciso di scongiurare anche a costo di lasciare tutto.

 

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