Pallone in Soffitta – Gerd Müller e quel calcio che lo aveva salvato

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Oggi, giorno di Ferragosto, è scomparso il leggendario Gerd Müller. L’ex cannoniere del Bayern e della Germania Ovest aveva 75 anni, gli ultimi trascorsi nel cono d’ombra di una malattia subdola che ne aveva oscurato la dignità di uomo. Eroe del calcio, che lo aveva reso celebre e salvato dopo il tunnel del post agonismo: lo raccontò in un’intervista del 1994.

Un uomo-gol sensazionale, clamoroso. Un animale d’area di rigore. Gerhard Müller, per tutti Gerd, è scomparso oggi ma la triste notizia era attesa da tempo, purtroppo. Dal 2015 era stato inghiottito sempre più crudelmente da una forma di demenza, con l’amata moglie Uschi perennemente al suo fianco. Nel 2020, in occasione del 75° compleanno del marito, la donna aveva rilasciato a Bild un’intervista cruda e toccante sulle condizioni disperate di Gerd. 

Gerd Müller da Nördlingen: il ragazzo tracagnotto e dal baricentro basso che era stato apostrofato in gioventù come “der Dicker” (il ciccione), rifacendosi poi con gli interessi a suon di gol. Una vita al Bayern Monaco, lastricata di trofei e palloni nel sacco, così tanti da far impallidire. Per non parlare delle affermazioni individuali: parliamo di colui che ha vinto il Pallone d’Oro, la Scarpa d’Oro (due volte), il titolo di capocannoniere degli Europei ’72 e del Mondiale ’74, manifestazioni che lo videro a segno in maniera decisiva nelle finalissime con la Nationalmannschaft. 68 reti in 62 gare con la Germania Ovest, che score

Prima di chiudere con il calcio sul campo, Müller giocò tre anni per i Fort Lauderdale Strikers nella NASL americana. Poi, appese le fatidiche scarpe al chiodo, il buio. Un tunnel da cui è riuscito a venir fuori grazie anche agli ex compagni del Bayern, società di cui ha scritto la storia a caratteri cubitali e che lo riaccolse nel suo organico. Nell’agosto 1994, si recò in Italia. Da allenatore degli juniores dei bavaresi prese parte a un torneo estivo internazionale (“La Perla del Tirreno”) a Santa Marinella, località estiva a 50 km da Roma. Lì fu raggiunto dal giornalista de L’Unità Stefano Boldrini, che riuscì ad intervistarlo.


Chi è e cosa fa Gerd Müller oggi?

Da due anni mi divido tra gli juniores del Bayern Monaco e la prima squadra, di cui sono il vice-allenatore. Quando torneremo in Germania incontrerò Trapattoni e decideremo se dovrò collaborare
con lui“.

Nel lavoro quanto le pesa il suo nome?

Alleno i giovani e mi piace aiutare loro a costruirsi un futuro. Però pretendo il rispetto“.

Lei si ritirò nel 1982: dovesse riassumere in poche parole la sua vita negli ultimi dodici anni che cosa direbbe?

Direi che preferisco ricordare i quattordici anni vissuti al Bayern Monaco. Arrivai che ne avevo diciotto e andai via che ne avevo trentadue. È stato il più bel periodo della mia vita“.

Ma dopo il Bayern?

Dopo ci sono stati sette anni in America. Tre per giocare a calcio, gli altri quattro per viverci“.

Sette anni in America, ma non parla l’inglese…

Quel poco che avevo imparato l’ho dimenticato in fretta. E poi, lo confesso, non mi interessava imparare l’inglese“.

Si è mai sentito un monumento del calcio tedesco?

Pubblico e stampa tedesca mi considerano tale, io non mi ci sento“.

Ci sono due vite in Müller, quella del calciatore e quella del «dopo»?

No. lo mi sento ancora un giocatore. D’accordo, ora faccio l’allenatore: ma continuo a vedere il calcio con gli occhi del giocatore“.

Due anni fa Müller tornò in prima pagina. Si scrisse di un ex campione in crisi, semi-alcolizzato e sull’orlo del suicidio…

Erano storie vere. Ma sono riuscito a venirne fuori. Ho fatto una cura per disintossicarmi, ora sto bene“.

Tre mesi fa in Italia si è tolto la vita Di Bartolomei, un ex-giocatore. Uno dei motivi del suo gesto è stata l’indifferenza del calcio nel quale voleva rientrare…

No, nella mia storia il calcio è innocente. Nella vita ci sono tunnel pericolosi, io mi ero infilato in uno
di essi e non riuscivo a trovare la via d’uscita“.

Müller è stato il più grande attaccante del mondo di quella generazione a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Si dice che da allora il calcio sia cambiato tantissimo: Müller riuscirebbe anche oggi a segnare centinaia di gol?

Sì. Dicono che il football sia diventato più veloce, ma non è vero“.

Quale attaccante di oggi è vicino al suo stile?

“Romário”.

Nella sua carriera ci sono più di cinquecento reti: che cosa è stato il gol per Müller?

Il gol è qualcosa di animalesco. Forse è una questione di istinto. E un attaccante che riesce a guidare il suo istinto diventa un grande attaccante“.

Quali sono i grandi attaccanti della sua memoria?

Di Stefano e Puskás. Di Stefano anticipò i tempi, giocava a tutto campo come si fa oggi. Ma aveva la forza per essere lucido sotto rete“.

È vissuto sette anni negli Usa e conosce bene la realtà americana: anche per lei dopo i Mondiali, il calcio riuscirà a sfondare negli Stati Uniti?

No. Gli stadi erano pieni perché l’organizzazione è stata perfetta. Ma ora la festa è finita e gli americani sono già tornati ai loro sport preferiti. Baseball, basket e football americano non devono temere il calcio“.

Le sono piaciuti i Mondiali?

“Non troppo. Il caldo è stato una rovina”.

La finale Brasile-Italia è stata anche una sfida tra due scuole di allenatori: Sacchi privilegia gli schemi, Parreira cerca un punto di incontro tra tattica e uomini. Müller da che parte sta?

Gli schemi sono importanti, ma solo se hai i giocatori adatti ad applicarli. Altrimenti, salta tutto. Quanto a Sacchi, per me è incomprensibile che non abbia sfruttato le caratteristiche di un attaccante come Signori“.

Meglio l’uomo, insomma…

Certo“.

Müller, che ha alle spalle una vita molto intensa, che cosa insegna ai giovani?

Posso fare ben poco. Il dialogo è limitato a periodi come questo in cui si ha la possibilità di vivere in gruppo per qualche giorno. In condizioni normali è diverso. Ci si vede due ore al giorno per gli allenamenti, poi ognuno per la sua strada“.

Il calcio di oggi e quello di vent’anni fa: quale preferisce?

Non ho dubbi, quello di vent’anni fa. C’erano ben altre personalità“.

Perché allora andava di moda la trasgressione o perché questa generazione é diversa?

Vent’anni fa il calcio non era un business. Oggi i veri protagonisti sono sponsor e televisione. Vent’anni fa non si sarebbe fatto un Mondiale negli Stati Uniti“.

Müller, due vite e il calcio come eterno sottofondo. La prossima vita, la terza, dove la vivrà?

Nel calcio. È la mia vita. Mi ha aiutato a uscire fuori dall’inferno e io non dimentico“.

Fabio Ornano
Fabio Ornano
Cagliaritano, classe '81. Pazzo per Brera, Guerin Sportivo e Panini. Da anni membro di MP: principalmente ed inevitabilmente, per scrivere sulla storia del calcio. Italiano ed internazionale.

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