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C’era una volta… il gol su punizione diretta

Il bellissimo gol – direttamente su punizione – di Rade Krunic contro il Verona ha permesso al Milan di sbloccare la partita e portare a casa tre punti fondamentali per la corsa Scudetto-Champions League. Si è trattato di una perla, non solo per la sua bellezza ma anche per la sua rarità. Sembra strano, perché un tempo molte partite venivano decise proprio grazie alle qualità balistiche dei calciatori dal piede fatato. Oggi, invece, va diversamente. Vuoi per la volontà di cercare lo schema a tutti i costi, anche su calcio piazzato, vuoi per la mancanza di coraggio o per l’assenza di calciatori che siano in grado di mettere la palla dove vogliono.

Ed è un peccato, perché quei gol sono rimasti nei nostri album dei ricordi, che ogni tanto ci divertiamo a ritirare fuori e a scuotere dalla polvere. Un tempo la Serie A produceva una quantità impressionante di gol su punizione. Croce per i portieri, ma delizia per chi, come noi, godeva dello spettacolo balistico di questi specialisti. C’era chi “spaccava la porta”, da quanto potente era il suo tiro; oppure chi sfiorava il pallone dandogli una strana parabola lenta, ma inesorabile; oppure, ancora, chi imprimeva al calcio un effetto particolare. Figli di storie diverse, ma eroi accomunati da quel tiro imparabile che, spesso, lasciava di sale i portieri.

Della prima categoria, quella dei tiratori potenti, faceva parte Sinisa Mihajlovic, uno dei pochi – insieme a Beppe Signori – a realizzare una tripletta su punizione. Anche se, a dire il vero, la sua conclusione mancina era un mix di potenza, esplosività, precisione e tecnica. Le sue orme vennero seguite poi da Kolarov, anche lui dotato di un sinistro chirurgico e allo stesso tempo poderoso. Poi c’erano i cultori della “foglia morta”, del tiro lento ma incredibilmente preciso. Negli anni ’80 i massimi esecutori di questa tecnica erano Maradona e Platini, che non avevano bisogno della forza per indirizzare la palla esattamente dove volevano. Poi arrivarono Roberto Baggio e Gianfranco Zola che, sulla scorta dei loro predecessori, adottavano una tecnica di tiro molto simile ed incredibilmente efficace.

Anche Alessandro Del Piero e Francesco Totti hanno fatto del calcio piazzato una loro specialità, anche se con tecniche diverse. Si può dire che si siano evoluti calciando, visto che le punizioni degli esordi non erano le stesse di fine carriera. Totti fa fatica a essere circoscritto in una di queste categorie sopra citate, visto che era in grado di calciare sia a giro che di potenza. E ciò gli conferiva un’imprevedibilità che pochi hanno avuto. Del Piero, invece, inizialmente calciava “alla Baggio”, mirando nel sette con estrema, chirurgica precisione. Ma con gli anni affinò la sua tecnica, riuscendo a imprimere al pallone un effetto particolare illeggibile per il portiere.

Infine l’ultimo grande maestro delle punizioni, Andrea Pirlo. La sua “maledetta” era nata dallo studio di un altro calciatore, Juninho Pernambucano, uno dei massimi esecutori del free kick. A spiegarlo è stato lo stesso Pirlo nella sua autobiografia: “La palla andava calciata da sotto, usando le prime tre dita del piede. E il piede andava tenuto più dritto possibile e poi rilasciato con un colpo secco. In quel modo la palla in aria restava ferma e, a un certo punto, scendeva velocemente verso la porta, girando con l’effetto”.

In un calcio in cui lo schema è sempre più un’ossessione, in cui si privilegia la fisicità in area alla imprevedibilità di un gesto tecnico del campione, i gol su punizione ci mancano tanto. Quanto sarebbe bello potere tornare a vedere quelle prodezze, che tanto ci hanno fatto gioire e dannare!

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