Da #PioliOut al rinnovo: Milan conquistato dal suo allenatore

-

Nella sera in cui il Milan stacca il pass per l’Europa League (resta da vedere se con i preliminari o meno) arriva, a partita in corso, la notizia che non ti aspetti: salta tutto con Rangnick, Pioli viene riconfermato. Una notizia che può essere giudicata positivamente o negativamente, le analisi che si possono fare in merito sono infinite, ma che lascia comunque sbigottiti, più che sorpresi.

Puntare forte su Pioli e su questo gruppo (capace di collezionare 7 vittorie e 2 pareggi in 9 partite dopo il lockdown) è una scelta condivisibile, ciò che lascia perplessi sono i mesi di chiacchiere, voci, contatti, guerre intestine e caos che hanno preceduto questa scelta. L’opzione Rangnick era reale, tanto da portare al licenziamento di un dirigente carismatico come Boban. L’ombra del tedesco ha aleggiato costantemente su Milanello in questi mesi, creando smarrimento e confusione, evidenziando allo stremo la differenza di vedute tra conservatori (Boban e Maldini) e rivoluzionari (capitanati da Gazidis).

Sembrava tutto delineato: Boban si era praticamente autoescluso, Maldini si era giocato le sue fiches con l’ingaggio di Giampaolo e ora toccava a Gazidis prendere in mano la situazione, ribaltando l’assetto del Milan come un calzino per svecchiarlo e renderlo più “internazionale”, più giovane, staccato dalla propria tradizione e dal proprio blasone, per iniziare una nuova strada dal basso che, con idee e programmazione, avrebbe dovuto portare a risultati concreti nel giro di qualche anno.

Perché, è bene sottolinearlo, qua non si parla di un semplice avvicendamento in panchina: Rangnick sarebbe stato allenatore, dirigente e uomo mercato, avrebbe cambiato faccia alla rosa inserendo ragazzi giovani e facendo fuori quelli più in là con l’età. Di conseguenza tanti saluti a Ibra e tanti saluti a Maldini che non avrebbe più avuto alcun potere decisionale. Le parole dell’ex capitano nell’ultimo periodo, d’altro canto, davano proprio la sensazione di una persona pronta a salutare perché non in linea con il resto del management.

Ma ora cambia tutto. Rivoluzione non sarà, e questo è probabilmente un bene. Non si va da nessuna parte continuando a bruciare un dirigente all’anno e un allenatore ogni sei mesi. A questo punto tutto torna in ballo: Maldini potrebbe restare, perché in fondo ha vinto lui. Non voleva Rangnick e non è arrivato. Ha scelto Pioli e i numeri gli stanno dando ragione. Potrebbe restare anche Ibra che, fino a pochi giorni fa, lanciava segnali davvero poco confortanti sul suo futuro in rossonero. Cambieranno le strategie di mercato perché Pioli non vorrà solo ragazzini, ma anche qualche bucaniere come Ibra e Kjær che possa portare cultura del lavoro in spogliatoio.

La scelta di confermare Pioli è stata presa nelle ultime 48 ore e questo è abbastanza assurdo con una stagione (la prossima) da programmare in fretta e furia nel giro di pochissime settimane. Dialogare e programmare con un allenatore/dirigente per mesi per poi cambiare totalmente rotta è incomprensibile, ma probabilmente è giusto così. Se il Milan fosse stato solo quello delle cinque sberle prese a Bergamo, la rivoluzione sarebbe stata forse l’unica via percorribile; siccome il Milan ha saputo decisamente cambiare rotta e imporsi all’attenzione di tutti nell’ultimo periodo, la scelta più corretta è proprio quella di avere fiducia in questo progetto e lavorare (anche sul mercato) in totale sinergia con un allenatore che ha avuto modo, negli ultimi mesi, di conoscere a fondo questo gruppo di calciatori. Calciatori che negli ultimi giorni si sono esposti in favore del loro mister, da Ibra a Çalhanoğlu, passando per Kessié, gente comunque pesante all’interno dello spogliatoio.

Questa fase finale del campionato va analizzata comunque con molta cautela e dovremo aspettare la prossima stagione per capire quanto il Milan sia effettivamente cresciuto come squadra. La buona notizia è che lo sapremo e nessuno avrà modo di dire “se avessero tenuto Pioli”. Con i giusti ritocchi ma soprattutto le giuste conferme (Donnarumma, Bennacer e Theo non vanno assolutamente sacrificati), il Milan potrebbe diventare una squadra davvero interessante. E anche il centravanti di quasi 39 anni andrebbe tenuto, perché, anche se spesso cammina in campo, ha un’importanza enorme in questo gruppo. In questa vicenda, comunque, il vero vincitore è lui, Stefano Pioli, un uomo che ha saputo tapparsi le orecchie e dimostrare tantissimo, quando tutti ridevano alle sue spalle.

Stefano Tomat
Stefano Tomat
Nasce nel 1987 a Udine, gioca a calcio da quando ha 6 anni. Laureato in Relazioni Pubbliche e Comunicazione Integrata per le Imprese e le Organizzazioni.

Un mestiere infame. E vi spieghiamo il perché

Il calcio è una passione che porti con te da bambino, seguendolo allo stadio o alla TV, sognando di diventare, da grande, uno dei...
error: Content is protected !!