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Il Coronavirus, lo sport, l’hashtag #iorestoacasa. Italia: ora è un atto di solidarietà

Foto: Twitter @MinisteroSalute

Senza troppe chiacchiere, senza troppi giri di parole. L’Italia si ferma in toto: stop al calcio, stop allo sport, stop ai viaggi, agli aperitivi, ai pomeriggi in palestra, perfino alle passeggiate in piazza. L’Italia ha bisogno di fermarsi e dimostrare di saper reagire. C’è un’emergenza in corso, e tutto passa in secondo piano.

Sia chiaro: questo nuovo tipo di Coronavirus non ha un alto tasso di mortalità. Tutti quei discorsi relativi all’ “è poco più di un’influenza” fatti anche da chi ha lauree per poterlo dire, sono assolutamente validi. Il SARS-Cov-2 ha un basso tasso di mortalità (intorno al 2%) ma a differenza della comune influenza è molto (molto) più contagioso. Il che vuol dire che se per sbaglio ci scambiamo una stretta di mano con chi è positivo, e poi ci stropicciamo l’occhio con la stessa mano, c’è un’altissima probabilità di finire, pure noi, positivi a questo nuovo tipo di Coronavirus. E allora? La gran parte, magari, neanche se ne accorge: può diventare o portatore sano, asintomatico, oppure perfino cavarsela con un po’ di tosse e due aspirine. Il problema nasce, invece, per chi ha già patologie pregresse, o un sistema immunitario debilitato, o uno stato di salute non ottimale: contagiare queste persone potrebbe essere, per loro, fatale. È per questo, dunque, che bisogna rimanere in casa: non solo per se stessi, ma per proteggere gli altri.

La fuga di notizie di qualche sera fa, con il decreto ancora non in atto e già divulgato tra gli organi di stampa italiani e internazionali, ha scatenato il fuggi-fuggi dal nord: non c’è neanche da spiegare il perché quella sia stata una follia. Tra tutti coloro che sono fuggiti al sud, tornando a casa tra i parenti, vuoi non ci sia nemmeno un portatore sano? Tutti puliti, con tampone fatto e negativo? Chi può dirlo? Il tampone non si fa a tutti ma solo a chi presenta sintomi. E, ricordiamocelo, questo virus può essere asintomatico. Conseguenza: non hai sintomi, sei positivo, hai portato il virus giù a casa, e magari tua nonna è diabetica. Fate 1 + 1, tracciate una linea, tirate le somme.

Lo sport. Il Premier Conte ha detto che l’Italia è tutta in emergenza, e che adesso è il momento di fermarsi e fermare tutto: giusto. Come si farà, adesso, col calendario pieno? E gli Europei? E i milioni? Chiaro e ovvio che si tratti di un’emergenza, e che l’economia italiana perderà un mare di milioni in questo periodo (turismo, affari, export). Il calcio pagherà lo stesso prezzo: milioni in fumo, e magari un anno-zero che possa consentire a chi siede sulle poltrone importanti di riorganizzare un po’ una macchina che avrebbe perfino bisogno di una lucidata, e di una svecchiata (ma di questo ne parleremo più avanti, quando quest’emergenza sarà un ricordo).

Psicosi. C’è stata, in avvio: totalmente ingiustificata. L’Amuchina a prezzi esorbitanti, l’assalto ai supermercati, le mascherine indossate in modo inutile (se la indossi da non infetto è utile come una tazzina d’acqua per spegnere gli incendi in Australia). Due settimane fa non eravamo ancora in emergenza, e l’Italia ha risposto con paura e immaturità, probabilmente perfino dando il cinque al virus nell’espandere il proprio raggio d’azione (ve le ricordate le resse alle casse dei supermercati? Quanta gente in un metro?). Era inutile fare scorte di cibo, resta inutile ora: non siamo in emergenza umanitaria, siamo in emergenza sanitaria. Il rischio è non aver posti letto per tutti negli ospedali, in terapia intensiva, per colpa dell’altissimo tasso di diffusione e contagio del Coronavirus in questione. Per dire: se dovessero ammalarsi un milione di persone, calcolando la mortalità al 2%, si avrebbero, numeri alla mano, 20.000 morti e almeno 250.000 persone (25% dei contagiati) bisognose di ricovero, gran parte delle quali in terapia intensiva. Duecentocinquantamila posti letto da dedicare esclusivamente all’emergenza Coronavirus. Li abbiamo a disposizione? Ah, e non dimentichiamoci di chi, di un ricovero all’ospedale, ne avrà bisogno per ragioni totalmente estranee al Coronavirus (altre malattie, incidenti, malori, cure). Un posto per tutti non ci sarebbe.

Dunque: restiamo a casa. A fare cosa? Leggere, magari. Noi, di MondoSportivo, stiamo raccontando tante belle storie: basta sfogliare le pagine del nostro sito e troverete racconti di sport e approfondimenti utili ad aprire un po’ la mente. Oppure, leggete libri (ma questo dovreste farlo SEMPRE), guardatevi serie tv, insomma: vivetevi (viviamoci) la casa. Almeno un metro di distanza, mi raccomando. E dimostriamo che l’Italia, il Medioevo, lo ha superato più di 500 anni fa.