La mano “galeotta” di Henry che eliminò l’Irlanda: il racconto di quella notte, 10 anni dopo

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Se si dovessero scegliere degli episodi simbolici, quasi da spot, per dimostrare la necessità dell’introduzione della tecnologia nel calcio, come avvenuto negli ultimi anni con il VAR, l’assurda e controversa notte della sfida tra Francia e Irlanda del 18 novembre 2009 sarebbe senza dubbi tra quelli da non dimenticare. Sono passati 10 anni da quella partita così dolorosa per il popolo irlandese. Il calcio, con le sue regole e le sue modalità di svolgimento, è tanto cambiato negli anni, forse come mai era avvenuto in passato. Ma quelle immagini restano indelebili e anche oggi il solo ricordo fa ancora rievocare la rabbia, il senso di ingiustizia e le polemiche che le hanno accompagnate per mesi.

A Parigi, Francia e Irlanda si dovevano giocare il ritorno dello spareggio decisivo per conquistare la qualificazione ai Mondiali del 2010 in Sudafrica. Dopo aver vinto all’andata per 1-0 grazie a una rete di Anelka, i transalpini finalisti dei Mondiali soltanto 3 anni prima a Berlino, si erano ritrovati improvvisamente a rischio di una clamorosa eliminazione, con gli irlandesi che erano riusciti a riequilibrare il risultato vincendo 1-0 grazie a un gol di Robbie Keane al termine dei tempi regolamentari. Ma al 104′, si consuma il fattaccio che cambierà completamente la storia di quella gara e, forse, anche del calcio. Da centrocampo, Malouda batte un calcio di punizione direttamente in area, diretto verso Henry scattato sulla sinistra. Il rimbalzo, però, è troppo forte e il pallone diventa difficile da controllare a pochi metri dalla porta, forse destinato a terminare sul fondo. Il campione del Barcellona, però, si fa prendere dall’istinto, dalla voglia di tenere quel pallone in campo a tutti i costi. E, in un secondo, ecco che arriva un primo, poi un secondo tocco con la mano, con cui Henry si aggiusta il pallone quanto serve per appoggiarlo al centro dell’area, dove Gallas si fa trovare pronto per spingere in porta la sfera.

Gli occhi vanno subito sull’arbitro Martin Hansson, che assegna il gol e il Parco dei Principi esplode, mentre i giocatori dell’Irlanda, in primis il portiere Given, circondano il direttore di gara per fargli notare, con tutta la disperazione possibile, clamorosa svista che stava trasformando in rete. Decisiva, tra l’altro, perché la gara terminerà così, permettendo alla Francia di volare in Sudafrica l’estate successiva, sebbene con un destino tutt’altro che felice davanti a sé, visto il disastroso Mondiale che vivranno gli uomini di Domenech, eliminando la squadra allora allenata da Trapattoni. Ma quella notte è rimasta forse la più lunga della storia del calcio irlandese.

Saranno i racconti che verranno riportati gli anni dopo a dare altri colori a quelle immagini. Il racconto delle lacrime dell’arbitro Hansson negli spogliatoi, mentre si chiedeva se fare questo lavoro valesse la pena davanti a situazioni così umilianti, ma anche delle minacce dei tifosi verso sia il direttore di gara sia verso Henry, il colpevole della mano “galeotta”, per cui valutò anche il ritiro dalla Nazionale. Ma anche la speranza dei giocatori irlandesi che la FIFA sancisse la necessità di rigiocare la partita, fino alla storia emersa qualche anno più tardi di un risarcimento che proprio il massimo organo federale aveva pagato alla Federazione irlandese (quantificabile attorno ai 5 milioni di euro) per il danno subito ed evitare che venisse fatta causa. Soldi che dovevano essere inizialmente considerati come un prestito, da restituire in caso di qualificazione ai Mondiali di Brasile 2014, ma che si trasformarono in una donazione davanti al mancato accesso dell’Irlanda alla fase finale.

Quella notte rimarrà uno dei ricordi più controversi della storia del calcio. Ma anche uno di quegli episodi per cui si è a lungo combattuto per evitarne la ripetizione. E la battaglia per l’introduzione del VAR è stata fatta anche in nome di quell’ingiustizia, destinata a rimanere mai del tutto riparata in eterno.

 

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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