La cura Solskjær non può sistemare mesi di danni. E Di Maria si prende la rivincita

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Nella notte più attesa, quella dell’appuntamento più importante della stagione, ma anche del primo, vero banco di prova del “nuovo” Manchester United diretto da Solskjær, i Red Devils sono caduti rovinosamente, forse persino compromettendo definitivamente il percorso in Champions League contro un Paris Saint-Germain oggettivamente superiore. Non solo per il risultato, un 2-0 casalingo che costringe gli inglesi a una mezza impresa a Parigi al ritorno, ma soprattutto per la prestazione mostrata e i tanti, evidenti limiti mostrati dalla rosa rispetto ai meglio consolidati e organizzati uomini di Tuchel. La prima sconfitta del norvegese a Old Trafford, insomma, pesa eccome. E psicologicamente sembra aver cancellato almeno metà di quanto di buono fatto finora.

Quale significato ha la sconfitta di ieri sera per lo United? È davvero il segnale più chiaro della fine della forza della cura Solskjær, come affermano in molti? A mio avviso, più che di una “cura” finita bisognerebbe parlare di una “cura” che ha toccato i limiti oggettivi della sua efficacia. Limiti dovuti a problemi dall’origine ben più lontana e che, inevitabilmente, prima o poi si sarebbero dovuti presentare. Lo United ha una rosa con diverse, ottime singolarità, da de Gea a Pogba, da Martial a Lukaku e i giovani talentini inglesi Rashford e Lingard, ma resta una squadra totalmente da ricostruire sul piano della personalità. Perché se il talento e un discreto carattere possono essere sufficienti per schiacciare tre quarti di Premier League, quanto basta per arrivare davanti a squadre un gradino sotto sul piano del livello della rosa come Chelsea e Arsenal, in Champions League serve qualcosa di più. E il PSG di ieri sera, tra l’altro privo di due fenomeni come Cavani e Neymar, ha fatto capire perfettamente ai Red Devils di cosa si tratti.

I francesi non hanno soltanto messo in mostra tanta, ottima qualità, ma hanno fatto sentire una maggior maturità, fattore tante volte venuto a mancare nel momento decisivo negli ultimi anni. Se tutto ciò sarà sufficiente per realizzare il grande sogno della dirigenza qatariota di mettere le mani anche sulla Champions League lo scopriremo con il tempo. Ma il lavoro di Tuchel ha fatto vedere i suoi risultati, mettendo a nudo un Manchester United che si sentiva invincibile fino a ieri sera. E per chi vedeva in Solskjær un nuovo Di Matteo, capace di ripetere l’impresa del Chelsea campione d’Europa nel 2012, il risultato di ieri sera è stato un boccone difficile da mandare giù.

La questione di fondo è che il tecnico norvegese è finora riuscito a riportare tanto entusiasmo a Old Trafford, ma il tempo avuto a disposizione non può essere sufficiente per sistemare i danni combinati nell’ultima fase dell’era Mourinho. Una squadra disordinata, abituata a giocare con un baricentro basso e senza riuscire a dare vita a manovre frizzanti non può diventare improvvisamente la più forte d’Europa. Solskjær non è altro che un traghettatore al momento, con l’obiettivo di provare a fare del proprio meglio per convincere la dirigenza dei Red Devils a puntare su di lui. Certo, c’è ancora un ritorno da giocarsi e il PSG ci ha fatto vedere in questi anni rimonte subite a dir poco clamorose. Resta da capire cosa si possa sistemare in poche settimane, senza poter nemmeno contare su uno degli uomini-chiave di questa squadra, Pogba.

Ecco, l‘espulsione del francese è forse la sintesi perfetta della notte dello United. L’uomo più in forma del momento, rinato dopo il cambio di panchina e autore finora di prestazioni degne di uno dei centrocampisti più celebri del mondo, si fa espellere per un doppio giallo a pochi minuti dal termine, con un ritorno ancora da giocare. Piccoli, ma pesanti dettagli che confermano quali siano i limiti del francese, caduto nella trappola, almeno a sentire Solskjær, del ben più navigato Dani Alves. Ed è a partire da questi piccoli fori che la diga dello United alla fine ha ceduto.

Chi si è tolto più di una soddisfazione dalla notte dell’Old Trafford è stato certamente Di Maria. L’argentino aveva già fatto capire la sua grande motivazione a France Bleu, e la doppietta di assist messa a segno ieri sera è stata la sua trasformazione in realtà sul campo. Spinte con i giocatori avversari, continui battibecchi con il pubblico tra fischi, esultanze e provocazioni, persino una birra lanciata in campo, che l’ex Real Madrid ha finto di bere per sdrammatizzare. In un clima tutt’altro che accogliente, però, El Fideo ha indossato la sua veste migliore, ammutolendo con un’ottima prestazione i suoi ex tifosi. Ed è anche questa un’altra dimostrazione di quella maturità che ha permesso all’argentino, assieme al suo PSG, di conquistare per una notte l’Old Trafford.

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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