Italrugby, quando il risultato non dice tutto

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C’è da raccontare un’altra Italia, rispetto al solito, a dispetto di un punteggio avaro, troppo avaro, benché l’avversario fosse annunciato come imprendibile sin dalla vigilia. E imprendibile è stato: del resto, nel rugby, il ranking mondiale (loro ottavi, noi freschi dodicesimi) non è discutibile come quello del calcio, così come i test match non sono amichevoli, bensì partite serie, tirate e che contano assai. All’Euganeo di Padova, un anno dopo le scoppole sudafricane, gli Azzurri si presentano freschi, mentalmente liberi dopo aver scacciato i fantasmi georgiani con la vittoria di sette giorni fa e, a sorpresa, profondi. Il consueto naufragio del 60′, malattia endemica del XV nazionale, non ha luogo, e si gioca, praticamente alla pari, sino all’ultimo: risultato non da poco, a prescindere dal 7-26 finale, complice l’ennesimo arbitraggio ballerino che, specie nel primo tempo, penalizza sensibilmente l’ovale tricolore. Nel rugby non è uso protestare contro il direttore di gara, ma è lo stesso Conor O’Shea a mettere i puntini sulle ì in conferenza stampa, affermando che avere giudizi uniformi, a questi livelli, è cosa da pretendere.

Per il secondo test match italiano, il tecnico irlandese recupera Hayward all’estremo, e i risultati (non ce ne voglia il tribunato Sperandio: ha il tempo dalla sua parte) si vedono, perché il valore del 15 parificato si fa sentire eccome. Discorso che vale, in chiave qualitativa, pure in terza linea: la rinuncia dell’infortunato capitan Parisse, che salterà anche gli All Blacks a Roma tra sette giorni, ha il sapore d’un addio, ma l’abbandono del fuoriclasse è, forse, uno degli elementi che meno preoccupano il nostro ct, poiché SteynPolledriNegri (senza dimenticare Giammarioli) possono far dormire sogni tranquilli e assicurare un passaggio di consegne quasi del tutto indolore.

Il copione dell’Euganeo non è il solito, dicevamo, e, dopo quasi 30′, siamo ancora 0 a 0. Una brutta Australia, confusionaria e scorretta, si aggrappa alle poche certezze che possiede: l’estremo Folau, la jena Kerevi (Man of the Match, sottoscriviamo), le sgroppate di Koroibete e l’organizzazione di To’omua. Negli ultimi 10′ della frazione iniziale, dopo una meta di Tebaldi annullata abbastanza inspiegabilmente dall’arbitro transalpino, i Wallabies ci bucano due volte, annichilendo moralmente tutto lo stadio. Al rientro in campo, altra mazzata: uno straripante Topou si trascina in meta mezza difesa azzurra al termine di un ripetuto attacco, per schiacciare ancora e contribuire a uno 0-21 che stroncherebbe chiunque.

E, invece, i ragazzi di O’Shea dimostrano un’inattesa tenuta, mentale e caratteriale: riprendono a giocare, si fanno sotto, e sono propositivi, insistenti. Sbagliano, certo, come del resto i dirimpettai che, al 47′, permettono a Mattia Bellini d’involarsi sulla sinistra e infiammare l’Euganeo con quella che sembrerebbe la meta della riscossa. Da lì, il segno della partita cambia e proprio quando, solitamente, i nostri sono usi mollare, stavolta la musica è diversa: non al punto da raddoppiare, nonostante l’ennesima scorrettezza costi a Sio un giallo sacrosanto, costringendo gli uomini di Cheika in 14 e, per giunta, senza pilone destro. Purtroppo, la differenza la fanno i grandi giocatori: l’Australia ne ha più d’uno, l’Italia, pur contando su una struttura comunque solida (o, almeno, assai meno fragile di qualche tempo fa), ne avrebbe un gran bisogno; il pensiero va a Matteo Minozzi, giovane estremo che nello scorso Sei Nazioni s’è imposto all’attenzione internazionale come una delle migliori realtà nel suo ruolo.
Il finale vede nuovamente i canguri a segno, con Genia, poco dopo una fuga poderosa di Folau, viene messo giù da un eroico Bellini, che paga il miracoloso ricupero con la lussazione della spalla.

Il tabellino finale recita, appunto, 7-26, ed è obiettivamente bugiardo per quanto visto sul verde padovano. E se, nel momento chiave dell’incontro, durante i 10′ minuti di superiorità numerica, un azzurro fosse riuscito a segnare, probabilmente racconteremmo un’altra partita: avremmo messo pressione a un’Australia obiettivamente sotto tono, magari non vincendo, ma evitando loro la marcatura da bonus. Coi se e coi ma non si scrive la storia, tant’è.

L’aspetto incoraggiante di questa purtroppo ennesima sconfitta italiana è, comunque, la durata degli azzurri, che hanno costretto nella propria metà campo un’Australia poco brillante e fallosa, in evidente crisi d’identità. Il XV di O’Shea ha però confermato i limiti che immaginavamo: arriva abbastanza bene sui 22 metri avversari, ma difetta del killer instinct che, invece, caratterizza le autentiche grandi squadre, quelle che le partite le vincono davvero, senza cincischiare. Siamo troppo arruffoni quando l’ovale scotta e ci sarebbe da effettuare un passaggio in più o un cambio di direzione spiazzante: repertorio che compete a quei fuoriclasse di cui, in questo momento, non disponiamo.

Azzardando un bilancio a caldo, diremmo: bene Bellini, il migliore dei nostri, nella speranza che possa recuperare (non sarà facile) per Roma, e anche Ghiraldini, il già citato Polledri, un vero animale, NegriHayward; qualche errore di troppo, invece, per Steyn (Man of the Match a Firenze, contro la Georgia), Campagnaro (ha sulla coscienza la seconda marcatura ospite) e Allan, che la scorsa settimana aveva salvato la prestazione con la bella meta del secondo tempo, ma che ci pare commettere troppi errori, specie quando sarebbe il momento di essere freddi e precisi. Siamo sicuri che Carletto Canna non meriti una chance?

Tra sette giorni, all’Olimpico, arrivano gli All Blacks (attesi stasera da un impegno tutt’altro che semplice a Dublino): sino a qualche anno fa, la loro presenza in Italia assumeva i caratteri dell’evento, adesso, complici i risultati non brillantissimi dei nostri, l’impressione è che si tratti di una cosa routinaria, e anche questo dovrebbe un po’ preoccupare la federazione di uno sport che non può assolutamente smettere di crescere.

ITALIA-AUSTRALIA 7-26 (0-14)

Italia: Hayward Benvenuti, Campagnaro, Castello, Bellini (72′ Morisi); Allan (65′ Canna), Tebaldi (60′ Palazzani); Steyn, Polledri, Negri (60′ Meyer); Budd, Zanni (49′ Fuser); Ferrari (49′ Pasquali), Ghiraldini (c) (62′ Bigi), Lovotti (62′ Traoré). A disp.: Bigi, Traoré, Pasquali, Fuser, Meyer, Palazzani, Canna, Morisi. CT: Conor O’Shea.
Australia: Folau, Ashley-Cooper, Kerevi, Foley (53′ Beale), Koroibete (65′ Ainsley); To’omua, Gordon (65′ Genia); Pocock, Hooper (c), Dempsey (Samu, temp, 12′-19′, poi dal 48′); Coleman, Rodda; Tupou (48′ Kepu), Fainga’a (48′ Polata-Nau), Sio. A disp.: Polota-Nau, Ainsley, Kepu, Simmons, Samu, Genia, Beale, Haylett-Petty. All.: Micheal Cheika.
Arbitro: Pascal Gauzère (Francia). Giudici di linea: Andrew Brace (Irlanda), Mike Adamson (Scozia). TMO: Simon McDowell (Inghilterra).
Penalità: 60′ Sio (A) cartellino giallo.
Marcatori: 30′ Koroibete, trasf. To’omua (A); 35′ Koroibete, trasf. To’omua (A); 44′ Topou, trasf. To’omua (A); 47′ Bellini, trasf. Allan (I); 79′ Genia.

Igor Vazzaz
Igor Vazzazhttp://www.losguardodiarlecchino.it/
Viareggino di origine friulana, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Collabora con varie testate, cartacee e web. Talvolta, pubblica libri e dischi. Tifa Udinese. Il suo cane è pazzo.

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Sfrontato, vincente, preparato, antipatico, fascinoso, linguacciuto... Su di lui sono stati spesi fiumi di inchiostro perchè non è un allenatore come gli altri. Forse...
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