Rugby, 6 Nazioni – L’Italia e l’abitudine alla sconfitta

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Ecco il cucchiaio di legno dell’Italia nel 6 Nazioni 2018. Difficile commentare e analizzare questa stagione, come del resto le scorse. In un’edizione segnata dalle sorprese – su tutto il doppio ko dell’Inghilterra dopo stagioni da rullo compressore – l’ItalRugby non è riuscita a invertire la sua tendenza e ha accumulato, sino a questo momento, solo ko.
4 giornate e altrettante sconfitte, dunque.

Colpisce soprattutto il dato difensivo: gli azzurri hanno incassato 174 punti, peggior difesa del torneo. Alla lunga, nell’arco dell’intera partita, la squadra non regge: c’è una fatica a tenere l’intensità degli avversari, o si tratta di un problema mentale?
Probabilmente c’è del vero in entrambe le opzioni: sono sensazioni vive dopo la sfida di ieri al Millennium Stadium di Cardiff e traspaiono dalle dichiarazioni dei protagonisti.


Su tutti il ct Conor O’Shea: «La Nazionale è la parte del movimento che combatte in prima linea, in trincea. Abbiamo la responsabilità del futuro del rugby italiano nelle nostre mani e lotteremo con tutte le nostre forze per il bene del movimento. L’Italia è un grande Paese di rugby, ha grande tradizione e ha meritato di essere qui. E per imparare a essere competitiva a questo livello, l’unica opportunità è giocarci settimana dopo settimana. I nostri giovani lo stanno facendo: penso a Violi, Minozzi, Bellini, Negri, ai giocatori che potranno essere tra quattro, cinque anni. Ma anche alla volontà e alla necessità di vincere oggi. Lavoriamo per questo e continueremo a farlo: siamo sulla strada giusta e raggiungeremo i nostri obiettivi”.

Abbiamo regalato i primi cinque minuti al Galles – dice il commissario tecnico – ma la nostra prestazione e l’attitudine del primo tempo sono state buone. Il problema non è di atteggiamento, ma come contro la Francia dobbiamo segnare punti quando ne abbiamo la possibilità e a questo livello esecuzione e precisione non sono ancor adeguate. Dobbiamo imparare e lavorare, ci sono state occasioni per rimanere più a contatto nel punteggio che abbiamo sprecato, e questo ancora una volta ha influenzato l’inerzia della gara a favore dei nostri avversari. Sono arrabbiato perché so che ancora una volta siamo stati mancanti nelle cose che possiamo controllare e a questo livello è fondamentale riuscirci. Guardiamo avanti per essere pronti tra sei giorni ad affrontare la Scozia a Roma”.

Conoscere i propri limiti permette di lavorare per superarli. Insomma pragmatismo e olio di gomito:
Nel nostro lavoro, per le sfide che abbiamo, è importante essere realistici e guardare a noi stessi, non all’avversario: tanti dei nostri problemi sul campo oggi sono nostra colpa. Oggi il Galles è una squadra più forte di noi, ma con maggior precisione il risultato avrebbe potuto essere differente” ricorda il tecnico azzurro.
Abbiamo affrontato una grande squadra, il nostro inizio è stato un incubo ma nei settantacinque minuti successivi entrambe le squadre hanno avuto buone opportunità. La mia preoccupazione è che non abbiamo concretizzato quanto avremmo dovuto, questo è il problema più importante da risolvere per noi” conclude l’allenatore italiano.

Basterà tutto ciò a garantire un futuro roseo all’Italia del rugby? Ai posteri la sentenza. Una cosa è certa: è stato un anno molto pragmatico, a dire poco. Questo sì.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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