ESCLUSIVA – I nuovi talenti: Stefano Pellini

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Con la ripresa del campionato di Serie C, dopo la sosta delle prime settimane di gennaio e la parentesi di calciomercato, torna anche la nostra rubrica dedicata ai giovani talenti. Questa settimana ci occupiamo nuovamente del Girone A e dopo esserci soffermati nei mesi scorsi su Matteo Cotali, Giuseppe Ponsat e Andrea Zaccagno, siamo andati a Cuneo a trovare Stefano Pellini. Stefano è un centrocampista classe ’97 forte nella impostazione delle manovra, un ragazzo che è cresciuto tra le fila della Juventus e che non solo è stato protagonista della Primavera Bianconera, ma vanta anche una convocazione in Champions League.

Ciao Stefano, sei di Cittiglio e hai iniziato a calciare i primi palloni a Legnano. Cosa porti con te di quell’epoca, certamente più spensierata, della tua infanzia?

Sono cresciuto nell’Accademia Legnano: ricordo con affetto mister Tonino Longo, al quale sono ancora molto legato e sempre in contatto. E ricordo i pianti (se la ride n.d.r) perché da bambino odiavo perdere e, inoltre, quando perdevamo, il mister mi sgridava perché comunque si affidava a me che ero uno dei più forti e cercava di spronarmi. Devo molto a lui. 

Poi, le esperienze alla Pro Patria e al Legnano. Che emozioni ti va di raccontare e come hai vissuto, pur essendo ancora un bimbo, il fallimento dei Lilla?

Sono anni spensierati e molto intensi ricchi di soddisfazioni, le prime, e nelle quali forse non immaginavo di poter arrivare né alla Juve né al calcio professionistico. Certo, man mano è cresciuta anche la consapevolezza di poterci arrivare. Legnano, poi, è stata, è e sarà per sempre nel mio cuore. Ho avuto allenatori che hanno creduto tantissimo in me come Casablanca e Malgeri, i quali mi facevano giocare anche con i ragazzi più grandi del ’96, prima, e del 95′, poi. Il fallimento del Legnano è stato un duro colpo non solo per me, ma per tutta la città che è sempre stata palcoscenico di splendidi campionati di Serie C. Andavo ogni domenica allo stadio a tifare con la mia famiglia e con la scomparsa del club è venuto a mancare anche un momento di aggregazione importante.

Quindi, vai al Varese di Tresoldi. Mi racconti quell’epoca?

E ci arrivo per caso, all’inizio non volevo nemmeno andare ma quando si è molto piccoli qualche sciocchezza si può anche rischiare di farla. Il Varese mi seguiva dai tempi della Pro Patria e chiamava spesso mia madre. Un giorno mi trovavo proprio lì con lei per andare a trovare mia nonna e mia madre mi convinse di andare a dare un’occhiata e fare una una chiacchierata. Arrivato al campo, c’era la squadra Primavera in ritiro: era tutto bellissimo, compreso l’aspetto organizzativo. E poi, all’epoca, il Varese era in Serie B, c’era appunto la Primavera e non ebbi più dubbi. Tresoldi mi ha dato tanto e mi ha fatto crescere molto.

Come avviene il passaggio alla Juventus?

Tutto portò in qualche modo ai Bianconeri. Un giovane procuratore, una partita contro la Juve e un mister che mi volle fortemente (Attila Malfatti). Più che altro facevo fatica a realizzare questa notizia; non avevo mai pensato alla Juve perché, essendo lombardo, pensavo di finire al Milan o all’Inter.

Con la Vecchia Signora stai cinque anni. Cosa significa crescere in un club come la Juve?

È un’esperienza che ti fa diventare uomo sotto tutti gli aspetti e nella Juve si ha una visione a 360 gradi del calciatore, sia sotto il punto di vista della tecnica e del calcio sia dal punto di vista formativo senza trascurare gli studi. 

Studi ancora?

Sì, studio Scienze Motorie al san Raffaele. Naturalmente, è l’Università Telematica; non sempre riesco a conciliare l’attività da professionista con gli studi, ma ho deciso di proseguire e poco a poco sono certo di completare.

Quali sono le gare o le competizioni che più ti resteranno impresse?

Sicuramente il torneo di Arco vinto nel 2014. Fui capocannoniere, segnai un gol anche nella finale contro il ChievoVerona ed ero il capitano di quella squadra davvero fortissima.

Poi, la convocazione in Champions. Che emozioni hai provato?

È stata un’esperienza fantastica dovuta anche al fatto che c’erano tante assenze tra infortuni e squalifiche. Resterà per sempre tra i miei ricordi e nel mio cuore. Nella serata di Siviglia del dicembre 2015 ho provato a immagazzinare tutto quello che potevo e, ovviamente, mi ha dato tante motivazioni. E, poi, non ho paura a dirlo: il sogno da bambino non è nemmeno, forse, quello di vincerla la Champions League, ma arrivare a giocarla.

Finalmente tra i professionisti, la tua prima esperienza è stata quella al Tuttocuoio. Una stagione, però, terminata con la sconfitta nei playout e la retrocessione. Come vive un ragazzo della tua età l’esperienza della sconfitta?

Certo, il trauma (si fa per dire) si sente: sono passato dalla Juve, con la quale si vinceva molto, a un’esperienza nella quale le vittorie si contavano sulle dita della mano. Da troppo a troppo poco. Eppure, anche le sconfitte e le delusioni fanno parte del processo di crescita di ognuno di noi e d è giusto affrontarle e accettarle per imparare e proseguire nel processo di crescita.

Arriviamo ai giorni nostri, il Cuneo. Sei costretto a vivere un’annata simile, ovvero di bassa classifica: quanto aiuta l’esperienza della scorsa stagione.

A Cuneo mi trovo benissimo: avrei dovuto rinnovare con la Juve, ma i Bianconeri hanno cambiato politica vendendo molti dei giocatori in scadenza che erano in prestito. Aiuta molto avere già dovuto affrontare un’annata di bassa classifica: è qualcosa di inconscio che, però, a conti fatti, da consapevolezza sia dei propri mezzi che dei propri limiti. Spero che il finale sia diverso e ce la metterò tutta per conquistare la salvezza.

La prima vittoria stagionale al Paschiero è arrivata solo nel recupero di metà dicembre contro la forte Robur Siena. Come mai in casa non riuscite a ottenere più punti?

Col passare delle giornate è cresciuta l’ansia purtroppo, non può esserci altra spiegazione. Difficile dare una risposta valida: probabilmente, l’aspettativa di vincere e di sbloccarci in casa, col tempo, ha creato un blocco mentale. Qualche volta abbiamo anche demeritato, altre volte sono stati degli episodi a non consentirci di vincere.

E la prossima settimana c’è il Pisa, quali aspettative per la gara all’Arena Garibaldi?

Daremo il massimo come sempre e cercheremo di tornare con più punti possibile. Sarà una gara difficile contro una squadra di altissimo valore, nonostante qualche difficoltà incontrata nel corso della stagione.

Tra le squadre del Girone A incontrate fin qui, quale ti ha impressionato maggiormente e perché?

Ovviamente, la capolista Livorno. Anche la Giana Erminio, però, mi è piaciuta molto: ha un’ottima organizzazione e quest’anno paga un inizio di stagione poco brillante. In generale, è una squadra di tutto rispetto che lavora in continuità con tutto ciò che di buono ha fatto anche l’anno scorso.

E il giocatore più forte che ti sei ritrovato davanti in questa stagione?

Il Livorno ne ha tanti e tutti di categoria superiore. Se devo fare un nome, però, dico Gianmario Piscitella del Prato. 

Quale ritieni sia il tuo punto forte? E quale il tuo punto debole?

Sicuramente mi faccio valere in quanto a tecnica, visione di gioco e nel dettare i tempi. Naturalmente, non si finisce mai di imparare anche nelle abilità in cui ci si ritiene forti. Vorrei però migliorare il mio rendimento in fase di non possesso ed essere in grado di interdire, recuperare più palloni e, in generale, di disturbare la manovra avversaria.

Non sei uno che segna molto, il tuo compito è un altro. Quale ricordi sia stato il più bello?

Quello della passata stagione in Tim Cup segnato a Caserta. Ero arrivato da pochi giorni al Tuttocuoio ed esordì con un gol fantastico dai trenta metri all’incirca. Fu perfetto tutto, il rimbalzo, la tempistica e, soprattutto, il fatto che fossi convinto di metterla dentro. Restarono tutti fermi perché fu un’esecuzione rapidissima che andò proprio all’incrocio opposto. 

A quali giocatori del passato e del presente ti ispiri?

Certamente Andrea Pirlo, un giocatore completo sotto tutti i punti di vista. Tra quelli in attività, mi piace molto Lucas Torreira della Sampdoria. 

Sogno nel cassetto? Che maglia vorresti indossare un giorno?

Oltre quella della Juventus, che mi ha dato tanto, non c’è una maglia in particolare che sogno di indossare. In generale, aspiro ad arrivare il più in alto possibile e di migliorarmi giorno dopo giorno.

Antonio Ioppolo
Antonio Ioppolo
Giornalista, appassionato di storia, letteratura, calcio e mediani: quegli “omini invisibili” che rendono imbattibile una squadra. Il numero 8 come fisolofia di vita: grinta, equilibrio, altruismo e licenza del gol.

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