NFL – MSChoice: Assenze giustificate e ingiustificate

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Nel Sunday Night dell’undicesima settimana i Philadelphia Eagles hanno distrutto i Dallas Cowboys. Ma le speranze di post season della squadra texana non sono depredate dal record, o meglio, il record della squadra della stella solitaria non è pessimo a causa di una sconfitta.
La motivazione sono le assenze, e non quella tanto pubblicizzata di Ezekiel Elliott, runningback fenomenale, per la verità sostituito bene da Alfred Morris. Bensì da quella di Tyron Smith, formidabile offensive tackle.
Senza la protezione del suo bodyguard preferito, Dak Prescott si è ritrovato a essere un quarterback in fuga. Sei sack subiti contro Atlanta in week 10, stessa storia in week 11 appunto contro gli Eagles. Per quanto gli allenatori si siano prodigati per assorbire questa assenza, i secondi tempi sono stati, per lo stanchissimo Prescott, un incubo.
Ma se per Smith e, a esempio, Sean Lee i Cowboys possono fare davvero poco, essendo costoro infortunati, c’è chi anche senza malanni di stagione e problemi articolari riesce a giocare con un giocatore in meno.

Mi riferisco ai Buffalo Bills. La decisione maturata in settimana di mettere in panchina il quarterback titolare Tyrod Taylor per far giocare il rookie da Pittsburgh Nathan Peterman è sembrata subito affrettata.
Taylor è, secondo Pro Football Focus, il 19esimo quarterback in NFL per rendimento. Aveva, fino a settimana scorsa, lanciato soli 3 intercetti, tenendo a galla i suoi Bills, squadra che certo non era partita con i favori del pronostico; in pratica li aveva tenuti in ballo per i Playoff, nonostante la proprietà avesse dato via Sammy Watkins e Robert Woods, i suoi due primi ricevitori.
Lasciando perdere i discorsi più tecnici e profondi su Taylor, i fatti stanno come li ho enunciati. In un modo o nell’altro i Bills erano ancora in gara, nonostante le ultime due orripilanti sconfitte.

Con la forte difesa dei Chargers alle porte, la scelta di andare con Peterman. Nel primo tempo della gara contro Los Angeles il rookie si scontra con la realtà, amara, di una matricola NFL. Quattro intercetti, uno in più di Taylor in tutta la stagione.
Taylor torna in campo e riesce quantomeno a rendere la sconfitta molto meno umiliante, lanciando un touchdown ormai inutile ai fini del risultato ma molto utile a lui per far capire chi è dalla parte della ragione in questa storia.

Sean McDermott, allenatore esordiente di Buffalo, impara così una delle leggi più importanti nella gestione di una squadra NFL: gli infortuni ci saranno sempre, se anche tu escludi i tuoi giocatori migliori per la tua squadra le sconfitte inizieranno ad accumularsi.
Lo sa bene Mike Zimmer: con i suoi Minnesota Vikings reduci dall’ennesima vittoria, una tonante affermazione sui buonissimi Rams, si trova di fronte a un dilemma. Dopo quasi due anni di assenza per un orribile infortunio alla gamba, Teddy Bridgewater è tornato disponibile. Il quarterback scelto al primo giro doveva essere, e in parte lo era già stato, la speranza dello stato del Nord per la agognata vittoria di un Super Bowl, mai arrivata.
Ora, però, con Case Keenum in formissima e i Vikes a 8-2, Zimmer deve per forza di cose aspettare nel farlo tornare in campo, pena spezzare l’equilibrio formidabile dei capolista della NFC North.

Certo Zimmer non vuole fare come McDermott: non ha senso come abbiamo visto fare l’esperimento di cambiare rotta. La rotta te la cambiano gli imprevisti in NFL, non c’è bisogno di complicarsi la vita.
Il compito di un head coach NFL è anche questo: mettersi al riparo della sfortuna, gestire il cambiamento, naturale, che durante una stagione accade. Senza bisogno di, come fatto dai Bills, tirarsi la zappa sui piedi da soli.

Dario Alfredo Michielini
Dario Alfredo Michielini
È convinto la vita sia una brutta imitazione di una bella partita di football. Telecronista, editorialista, allenatore. Vive di passioni quindi probabilmente morirà in miseria. Gioca a golf con pessimi risultati; ma d'altra parte, chi può affermare il contrario?

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