Salvate il soldato Hellas (o anche no)

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Dopo quattro giornate di Serie A, il destino finale dell’Hellas Verona sembra già abbondantemente segnato. Un punto solo fatto (arrivato dopo uno 0-0 in cui il Crotone s’è fatto preferire al netto delle reti bianche), un solo gol segnato, tre sconfitte pesanti e undici gol incassati. Non proprio il miglior inizio possibile, anzi. Per fare un paragone impietoso, l’ultima volta che i gialloblù sono arrivati in Serie A da neopromossa, dopo quattro partite (in cui avevano incontrato Milan, Juventus, Roma e Sassuolo), avevano sei punti – frutto di due vittorie – e avevano segnato otto gol, rimanendo all’asciutto solo contro la Roma e impressionando più o meno tutto il paese per coesione e qualità di gioco.

Quel che c’era allora e invece manca oggi consiste soprattutto in due fattori: un allenatore carismatico in possesso di una chiara idea di gioco nonché un bel nucleo di giocatori validi e funzionali, esaltati nei loro pregi dal sistema in cui erano immersi. Mandorlini non è il miglior allenatore della storia ma a Verona aveva costruito un rapporto fantastico con la piazza e con il gruppo, riuscendo a plasmare una compagine votata al gioco offensivo, molto verticale e ben organizzata. In più, il mercato estivo completamente indovinato (allora condotto da Sean Sogliano) portò in dote al tecnico ravennate i vari Toni, Rômulo e Iturbe: pezzi che si adattavano perfettamente all’intelaiatura esistente e subito tutti giocatori chiave nelle economie di quel Verona.

Oggi, appunto, la situazione è molto diversa. Il rapporto tra Pecchia, l’ambiente e la società non è mai decollato del tutto, a causa anche dei mezzi stenti della passata stagione e di una promozione senza passare dalla giungla dei play-off raggiunta solo grazie al cavillo degli scontri diretti col Frosinone: un po’ poco per una formazione che, in teoria, avrebbe dovuto dominare la Serie B dall’inizio alla fine. Ciò nonostante, il tecnico è stato confermato in virtù del raggiungimento della categoria superiore perché, all’ombra dell’Arena, nessuno ha avuto il coraggio di rimpiazzare un allenatore comunque vincente.

La squadra, poi, vantava delle individualità notevoli per la Serie B ma che, in Serie A, difficilmente avrebbero potuto esprimersi sugli stessi standard a cui sono stati affiancati tantissimi giocatori che sono più scommesse che altro. Anche tralasciando l’intermezzo semi-comico con Cassano di quest’estate, pensiamo soprattutto a Cáceres o Cerci, teoricamente i “grandi colpi” dell’estate: sulla carta sarebbero anche buoni elementi – e, in quanto classe 1987 entrambi, non giustificati dall’età a essere “bolliti” – ma l’uruguagio arriva da dieci presenze negli ultimi due anni (inclusi sei mesi da svincolato) mentre l’ex Torino aveva giocato tredici gare nell’ anno e mezzo precedente il suo arrivo a Verona. Chi arriva da situazioni simili di solito ha bisogno di tempo per ristabilirsi fisicamente e, soprattutto, psicologicamente. Anche i colpi “di contorno” non sono parsi troppo brillanti: Büchel era reduce da una retrocessione in cui non s’è certo distinto in positivo, Kean e Lee Seung-woo sono due ragazzini di cui si dice un gran bene ma che non danno alcuna garanzia (e ci mancherebbe altro), lo stesso Heurtaux – per quanto apprezzabile – arriva da due anni complicatissimi a livello fisico-sanitario. In poche parole, il mercato è stato estremamente deficitario.

La situazione è quindi complicatissima: una squadra difficilmente all’altezza e protagonista di una partenza pesantemente deficitaria che pare condannata a un rapido ritorno in B. Normalmente gli esoneri dopo poche giornate non servono assolutamente a nulla ma in questo caso sembrerebbe essere l’unica via percorribile perché l’Hellas non ha gioco, non ha grinta, non ha spina dorsale, non ha voglia. E in più, anzi, ha un Pazzini costantemente nervoso perché viene costantemente relegato in panchina. La verità è che Pecchia avrebbe dovuto essere allontanato già qualche mese fa, aspettare ancora prima di sostituirlo non servirebbe. Vero che la rosa a disposizione rimane inadeguata ma con un tecnico più abile a costruire un sistema funzionale, forse qualche limite si potrebbe anche nascondere e magari fare perlomeno finta di competere per la salvezza.

Ammesso e non concesso che nella città di Romeo e Giulietta a qualcuno interessi davvero rimanere in Serie A.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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