That’s entertainment: ma è davvero un bene? Mondiali in tv e stili di narrazione

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Premessa: il dubbio che, da sempre, ci assale, anzi, la paura tra le più terribili che abbiamo è d’arrivare a fare discorsi da vecchi. Non che il sopraggiungere della canizie o della (ancora a venire) senectute sia un insulto: fedeli al mantra tardo novecentesco per cui la vera età dovrebbe essere quella percepita (un po’ come la temperatura in questa estate rovente, altra bufaletta dei giorni nostri), da adolescenti rivendicavamo con giovanile orgoglio la nostra condizione di vecchi dentro, non sentendoci praticamente mai in linea con le pratiche sociali dei nostri coetanei. Non eravamo (i) soli, per fortuna, e siam venuti su abbastanza bene, a conti fatti. La categoria, aborrita, dei discorsi da vecchi è, piuttosto, quella che vorrebbe, sempre e comunque, sottolineare come le cose un tempo fossero migliori, petizione verso la quale nutriamo una (salutare) propensione all’orticaria, innanzitutto perché, in genere, il supposto e non dimostrabile periodo aureo rimpianto in certi ragionamenti corrisponde automaticamente alla giovinezza dell’enunciante. Di solito si “rimpiange” sempre la propria gioventù, o i propri bei tempi, non perché fossero oggettivamente migliori, ma perché “migliore” era la propria vita, o quello che, a oggi, ne vogliamo ricordare.

Il preambolo, ce ne rendiamo conto, sa già, di per sé, di elucubrazione senile. Veniamo perciò al dunque: una reiterata sensazione d’inadeguatezza ci ha travolto nel corso della bellissima edizione dei Mondiali di nuoto da poco disputatisi in quel di Budapest. Paese acquatico per eccellenza, ancorché privo di sbocchi marini, l’Ungheria ha ben onorato l’impegno organizzativo, benché, a nostro avviso, il rischio di un eccesso di zelo sia stato ampiamente superato, in particolar modo nel corso delle gare in vasca, quelle che abbiamo seguito con maggior attenzione. A che pro, ci chiediamo, sottolineare nel modo più tamarro possibile (musica altissima, effetti di luce stile concerto rock…) l’ingresso degli atleti attesi a una prestazione sportiva? Non siamo, sia chiaro, contrari a un quid (ragionevole: questo il punto) di spettacolarizzazione, saremmo contrari a una grigia e muta sobrietà, ma le soluzioni studiate in tal senso dell’organizzazione magiara ci sono sembrate più che discutibili, e persino poco rispondenti al contesto, ossia quello in cui una serie di atleti si sarebbero dovuti cimentare in una prestazione sportiva richiedente massima concentrazione. Niente di tutto ciò, invece, sfondando i criteri già adottati (dallo sport americano, principale esempio di come si possano unire sport e spettacolo in maniera, se non virtuosa, sicuramente ragionevole (norme su equilibri economici incluse).

Inevitabile che il fastidio avvertito nel vedere i poveri nuotatori annunciati quasi fossero stati dj ci ha portato a chiedere se fossimo noi a sbagliare qualcosa. Se fosse una senile avversione nei confronti della novità ad averci irrimediabilmente infettato. Col dubbio siamo rimasti per giorni e giorni, pur senza mancare di apprezzare i gesti sportivi cui abbiamo assistito, non ultima la splendida Federica Pellegrini, in grado di pennellare forse la sua miglior gara (per conduzione, classe, cinismo) all’ultimo 200 in carriera. Un numero che, da abituali detrattori della super-atleta veneziana, ci ha strappato applausi ed emozioni sincere.

Il dubbio di cui sopra è stato, fortunatamente, mitigato e meglio chiarito dalle prime giornate dell’altro evento mondiale dell’estate, i campionati di atletica leggera che, in questi giorni, si stanno svolgendo a Londra. In questo caso, e in continuità con lo stile che contraddistinse le Olimpiadi 2012, abbiamo davvero apprezzato l’uso intelligente delle tecnologie da parte della regia britannica, ammirando come le più moderne innovazioni in fatto di ripresa, unitamente a una sapientissima regia in diretta, si siano messe al servizio d’una sempre più interessante descrizione del gesto sportivo, ossia la funzione primaria che dovrebbe avere qualsiasi strumento di documentazione al riguardo.

Le camere ad altissima definizione (il confronto con quella particolare che la RAI dedica agli atleti italiani è imbarazzante e la direbbe lunga sullo stato attuale della nostra televisione; nessuno, però, ne parla) che riprendono gli atleti dall’alto, dal lato o da posizione frontale, specie nelle ripetizioni al rallentatore dei gesti sono, in questi Mondiali londinesi, una delle novità più affascinanti, al punto da impreziosire a dismisura il “prodotto” consegnato all’occhio dello spettatore. Per una volta, la tecnica non viene usata per il dettaglio d’individualizzazione o intrattenimento o marketing (nel calcio: l’espressione dell’allenatore à la page, l’inquadratura sulle gambe del campionissimo o la frammentazione quasi pornografica del settore del campo a trascurare la ben più preziosa visione del gioco d’insieme), bensì come “servizio” allo sport stesso.

Persino delle “mere” qualificazioni mattutine (gli 800 uomini e il salto in alto dell’eptatlon femminile di sabato, le batterie dei 3000 siepi maschi di domenica) si sono trasformate, come giusto che sia dato il livello assoluto, in gare appassionanti: la possibilità di osservare la muscolatura degli atleti in un modo davvero inedito rappresenta una scoperta sulla meraviglia del corpo umano. Tutto questo non è, né dev’essere, in conflitto con la ragionevole necessità di spettacolarizzare o di enfatizzare la presenza dell’atleta più atteso, anzi; a patto, però, che non si perda mai di vista quale sia (o dovrebbe essere) il ruolo di chi è chiamato a narrare o a far da cornice a un evento sportivo, cioè quello di aiutare il più possibile sia la prestazione sia la fruizione da parte del pubblico. Qualcosa che gran parte di coloro che fanno questo mestiere, specie in Italia (benché esistano salutari eccezioni), sembra aver quasi del tutto dimenticato.

Igor Vazzaz
Igor Vazzazhttp://www.losguardodiarlecchino.it/
Viareggino di origine friulana, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Collabora con varie testate, cartacee e web. Talvolta, pubblica libri e dischi. Tifa Udinese. Il suo cane è pazzo.

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