Europei femminili – La prima volta dell’Olanda

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Ciao UEFA Women’s Euro 2017.
31 partite, 68 gol, 8 mila spettatori a partita.
Ci siamo divertiti, a partire dall’esito finale: in pochi – specie alla luce del pluriventennale dominio della Germania – avrebbero pronosticato l’Olanda sul trono d’Europa. 22 giorni fa, sembrava un affare tutto tedesco, con un possibile graffio inglese o francese; scandinavo, al limite: le squadre migliori classifica FIFA e storia del calcio femminile alla mano, ma alla fine ha prevalso il fattore campo.

Sarebbe tuttavia riduttivo, dopo 6 vittorie in altrettante uscite, limitarsi all’idea di un’Olanda padrona di casa e quindi Grecia 2004 nel suo anno di grazia.

No, tutt’altro: le Leeuwinnen si sono sbarazzate di qualunque avversario, dalla Norvegia argento continentale 4 anni fa (1-0 a Utrecht) all’Inghilterra di Mark Sampson, finalmente capace di unire tenuta difensiva e amore per il bel gioco. Senza contare il derby col Belgio e la doppia affermazione (girone e finalissima) contro una Daminarca farcita di calciatrici dei club migliori d’Europa e del mondo (Barcellona, Wolfsburg, Montpellier, Frankfurt, Portland, Washington, ecc.).
Le Oranje sono il risultato del sapiente lavoro di programmazione della Koninklijke Nederlandse Voetbalbond, la federazione olandese. Le avevamo affrontate nello spareggio valido per l’accesso ai mondiali di Canada 2015, sentendoci in ritardo pure lì; non tanto per l’esito della doppia sfida, giocata effettivamente peggio dalla Nazionale, quanto per il diverso tipo di freschezza, spavalderia e preparazione delle nostre avversarie.

Appunti per l’Italia: puntare su chi conosce e mastica calcio femminile. Ottima, sulla carta, la scelta di Milena Bertolini, ma a patto di darle tempo, fiducia e mezzi su cui lavorare; anche se non ha un nome globalmente noto al grande pubblico del calcio come Antonio Cabrini. O forse proprio per questo.

Di nuovo sull’Olanda: ha segnato 13 gol in 6 partite, ne ha incassati solo 3, lasciando la porta di Sari van Veenendaal imbattuta nei quarti e in semifinale, nonostante l’ostico doppio ostacolo di Svezia e Inghilterra. A Lieke Martens, centrocampista-attaccante che a 24 ha già girato tantissimo a livello di club, la palma di miglior giocatrice del torneo, con pieno merito.
E non si può dire le manchi il curriculum: classe 1992, ha rappresentato il suo paese già 75 (!) volte, distinguendosi poi durante l’anno con le maglie di Heerenven e VVV-Venlo in patria, Standard Liège, Duisburg, Göteborg e Rosengård fuori. Giocherà adesso col Barcellona campione di Spagna, con l’obiettivo di bissare in Champions l’alloro europeo appena trovato con la nazionale.

Chiude a testa alta la Danimarca, che non ha imitato l’indimenticabile performance della squadra maschile del 1992 ma porta comunque a casa il miglior risultato di sempre. Prossima a un grande balzo in avanti nel ranking, De Rød-Hvide migliora la semifinale raggiunta 4 anni or sono e guarda soprattutto al girone di qualificazione iridata in partenza il 19 settembre. Non irresistibili le avversarie: tanta la strada da fare per Ucraina, Ungheria e Croazia e la stessa Svezia adesso fa meno paura.

Rimandata l’Inghilterra (ma che è successo a Enschede?), promossa a pieni volti la sorpresa Austra (adesso dia continuità…), bocciate Francia, Svezia e Germania. Ma hanno base, numeri e fuoriclasse per ripartire più forti di prima; a differenza dell’Italia: salutiamo Melania Gabbiadini, una leggenda del gioco. E il futuro è un’incognita: gli investimenti delle grandi del calcio maschile (Fiorentina, Juventus, ecc.) dovrebbero aiutare sul breve e lungo periodo, ma restiamo un gradino sotto chi investe, programma e gioca meglio.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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