E basterebbe il titolo, sinceramente. Perché commentare l’attuale versione dei rossoblù è un’operazione che sa di veglia funebre, di braccio della morte, di camera ardente, di dead man walking. Un’accozzaglia di giocatori il cui senso – messi tutti assieme – sfugge, l’assenza di qualunque stimolo od obiettivo, l’esonero di Jurić e il conseguente naufragio di quello che doveva essere un progetto tecnico pluriennale che ancora adesso non si spiega. E il fatto che Mandorlini abbia per ora fatto quattro punti in quattro gare diventa immediatamente una spiegazione inaccettabile nel momento in cui si vada a recuperare quelle partite, si guardi come si sono svolte e si consideri con quali avversari siano state giocate.

Perché ovviamente non abbiamo nulla contro il povero mister ex Verona, ci mancherebbe, ma i quattro punti li ha fatti pareggiando contro il derelitto Bologna (in casa), tra l’altro riacchiappando il risultato nel recupero grazie a una bomba estemporanea di Ntcham, e battendo un Empoli che, al momento, sta persino peggio dei liguri. Le due partite sulla carta più complesse, con la Sampdoria e col Milan, hanno visto un Genoa quasi spettatore praticamente, due sfide in cui i giocatori rossoblù sono stati per ampissimi tratti di gara incapaci di passare con costrutto la metà campo avversaria e quasi mai per chissà che meriti delle contendenti a cui è invece bastato gestire in maniera blanda il ritmo della partita e contenere le rarissime folate offensive dei singoli interpreti genoani.

Del resto è stato enormemente indicativo il derby della scorsa settimana: se il Grifone non corre e non pressa nemmeno nella sentitissima stracittadina – la partita che davvero vale una stagione, a Genova – come ci si può aspettare che lo faccia a Milano, contro un Milan acciaccato ma desideroso di rivalsa dopo il ko contro la Juventus e comunque sempre determinatissimo (vero marchio di Montella, tra l’altro)? Come possiamo pensare che lo farà contro l’Atalanta sorpresa del campionato? O a Udine contro dei friulani in ripresa e pur sempre rocciosi?

La verità è che la stagione del Genoa è finita a novembre, quando il Vecchio Balordo ha schiantato a sorpresa la Juventus schiacciasassi. Lì la dirigenza ha probabilmente pensato per la prima volta di avere tra le mani una squadra fin troppo attrezzata per l’obiettivo minimo (la salvezza) e che non valeva la pena fare la corsa per l’Europa dato che, due anni fa, pur centrando la posizione di classifica adatta, non ha ottenuto il pass UEFA per via dei conti in disordine (eufemismo). Giusto il primo assunto viste le agghiaccianti tre che allora erano in coda tuttora lo sono, altrettanto azzeccato pure il secondo considerato il ritmo forsennato che stanno mantenendo le prime tre della classe e, a ruota, anche coloro che aspirano a un posto in Europa League.

Dunque ecco il piano (che tutti ormai conoscono a memoria visto che chiunque conosce il Preziosimatic™*): vendere a tanto chi aveva richieste e prendere – a poco – eventuali rincalzi in giro per l’Italia e l’Europa, in modo da fornire a mister Jurić una rosa comunque completa (sulla carta) e aumentare il numero di scommesse da valorizzare (e da monetizzare un domani) in una singola stagione. Fa niente che i giocatori non siano macchine e quindi non siano intercambiabili come pezzi del Lego anche se teoricamente avrebbero lo stesso ruolo, fa niente che così facendo sia praticamente impossibile instillare un’identità tecnica forte in un gruppo, fa niente che a una rosa già atleticamente in flessione vengano tolti ricambi in forma in favore di gente che magari non fa più vita d’atleta da mesi, fa niente che a talenti in rampa di lancio o di rilancio (Ocampos) succedano giocatori ben più vecchi con il loro acme fisico-tecnico già alle spalle (Taarabt) e spesso da ricostruire psicologicamente.

Così è un attimo passare dal Genoa di dicembre che comunque ancora batte la Fiorentina, che perde in maniera idiota col Palermo dopo aver comunque dominato i rosanero per ampi tratti, che viene battuto di misura dal Torino in trasferta e che esce sconfitto da Milano (battuto da un’Inter forte solo di migliori individualità) dopo aver probabilmente meritato almeno il pari, a quello cha fa due punti in sette partite in avvio di 2017.

Del resto, la fotografia migliore del Preziosimatic™* arriva fresca fresca dalla partita di ieri sera: al momento della sostituzione, Armando Izzo passa la fascia di capitano a Eugenio Lamanna, di professione secondo portiere. Cioè il giocatore che, per antonomasia, non gioca mai o quasi. Eppure proprio Lamanna – date le pregresse assenze di Burdisso e Perin – si prende i gradi in quanto non c’era altro giocatore di lunga percorrenza in rossoblù tra i dieci effettivi di movimento. Un numero dodici con la fascia: evento più unico che raro, insomma, ma che al Genoa è normale perché un secondo portiere onesto come il buon Lamanna non garantisce plusvalenza e quindi può restare anni e anni al club, accumulando lentamente sempre più rappresentanza a differenza di tutti i compagni messi assieme, visto che lo spogliatoio cambia completamente ogni diciotto mesi.

Per fortuna dei tifosi genoani Preziosi ha messo ufficialmente in vendita il club: solo con un passaggio di proprietà si può sperare nel cambio radicale di gestione che il Grifone ha bisogno per evitare di vedere chissà quante altre volte teatrini disgustosi come quello di quest’anno. Sperando che qualche investitore arrivi, ovviamente…

*= per Preziosimatic™ si intende il meccanismo descritto in precedenza: i giocatori che funzionano bene al Genoa vengono considerati patrimonio del club in quanto possono trasformarsi in moneta sonante il prima possibile e non come una base tecnica su cui costruire una squadra competitiva o ambiziosa. Il Preziosimatic™ garantisce potenzialmente la goduriosa visione, in maglia rossoblù, di fino a quaranta calciatori diversi in due anni senza che nessuno faccia il titolare per più di sei mesi.