ESCLUSIVA – 6 Nazioni e #ruckgate: ne parliamo con Antonio Raimondi e Vittorio Munari (DMax)

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Ferma a quota 0 dopo 3 giornate, l’Italia del rugby affronterà nel prossimo weekend una Francia penultima in classifica. Reduci dal 19-9 di Dublino, i francesi non possono permettersi passi falsi, mentre gli azzurri cercano quella vittoria che ti sblocca la classifica e cambia la stagione.

Nell’ultima uscita, il XV guidato da Conor O’Shea è caduto 36-15 sotto i colpi dell’Inghilterra prima forza del torneo e a punteggio pieno; ma la partita non ha fatto parlare di sé solo per il risultato, anzi: il tecnico della nazionale inglese Eddie Jones ha aspramente criticato la tattica difensiva dell’Italia, arrivando addirittura a sostenere che la strategia azzurra su ruck e fuorigioco non fosse “davvero rugby”.

Foto per gentile concessione Media Bin FIR

Parole pesanti quelle dell’australiano, ma effettivamente già durante la gara di Twickenham specialmente su Twitter tanti tifosi si sono lasciati andare a critiche e sfoghi; da lì, giocosamente ma sino a un certo punto, al #ruckgate – hashtag e argomento della settimana – il passo è stato breve.

La scelta dello staff azzurro di non contestare il pallone dopo il placcaggio, con conseguente non esistenza della linea di fuorigioco e possibilità di disturbare l’azione, ha fatto cadere dalle nuvole i giocatori di casa, colti impreparati soprattutto a livello di conoscenza del regolamento. Se la strategia alla lunga non ha pagato (il -21 finale la dice lunga), vero è che della sfida di Londra resterà a lungo l’immagine dei confronti tra i giocatori di Jones e l’arbitro Romain Poite (“Sono l’arbitro, non l’allenatore!“) e un primo tempo in cui la Nazionale ha dato del filo da torcere all’attuale n. 1 dell’Emisfero Nord.

Per capirne un po’ di più, abbiamo contattato Antonio Raimondi e Vittorio Munari, commentatori ufficiali su Dmax (canale 52, gruppo Discovery Italia), attualmente impegnati con il “Rugby Social Club” per la telecronaca di tutti i match del Sei Nazioni 2017. Sono le voci storiche del nostro rugby e abbiamo pensato di parlarne con loro.

Per concessione Ufficio Stampa Discovery Italia

Antonio Raimondi, cosa è esattamente successo a Twickenham in Inghilterra-Italia? Proviamo a spiegarlo anche a chi non segue assiduamente il rugby?

Diciamo che non è esattamente facile spiegare cosa è successo a chi non conosce il rugby. Ma ci proviamo… Parto da un presupposto, un concetto, che mi diceva sempre un mio vecchio allenatore, Sandro Pavesi: tu devi guardare al regolamento non per quello che ti proibisce, ma per ciò che ti permette di fare. A quel punto, lo vedi con un occhio evidentemente diverso. Sostanzialmente, abbiamo giocato all’interno del regolamento, cercando di creare qualche problema agli inglesi; lo abbiamo fatto sfruttando uno spazio che rimane tra la situazione di placcaggio e quando invece c’è la ruck. Due situazioni che sono conseguenti, ma che si differenziano, anche: sul semplice placcaggio non esiste linea di fuorigioco, mentre, quando si forma la ruck, questa linea c’è e, quindi, devi rispettare la regola, schierandotici dietro. Difficile metter su un paragone con altri sport, perché di situazioni analoghe non me ne vengono. Per dire, è quello che succederebbe se ci fosse, nel calcio, una situazione in cui non c’è fuorigioco e puoi andare oltre la linea dei due difensori. 

Come spiegare i commenti di Eddie Jones, che ha detto che questo “non è rugby“?

La spiegazione è che Eddie Jones si è arrabbiato, perché ‘è rugby‘ tutto ciò che ti è concesso dal regolamento. In realtà, viene da dire che grave non è la strategia italiana, ma che una nazionale forte e attrezzata come l’Inghilterra, che ambisce a essere la numero 1 al mondo, non sia stata in grado di prendere subito contromisure. C’è un episodio abbastanza famoso che riguarda proprio Vittorio (Munari) e risale a quando allenava il Petrarca Padova; in una partita contro il Benetton, studiò come una ‘marcatura a uomo’ su John Kirwan, all’epoca giocatore di Treviso. Sfruttando questo piccolo particolare momento in cui la linea di fuorigioco non si è ancora formata, gli mise un giocatore sempre attaccato. Tornando a Inghilterra-Italia, questa è una tattica che è stata usata anche da altre squadre, non solo da noi; per esempio i Chiefs neozelandesi. Ma è una tattica che puoi usare normalmente una o due volte in una partita, mentre noi – per via delle carenze degli inglesi e del fatto che non riuscivano a venirne a capo – ne abbiamo usufruito per tutto il primo tempo e per buona parte del secondo. Demerito loro non essere riusciti subito ad adattarsi. 

Veniamo a Italia-Francia, sabato pomeriggio all’Olimpico. Italia a secco, Francia a 5 punti alla pari col Galles. Che partita ti aspetti? 

È la partita, probabilmente, nella quale abbiamo qualche possibilità in più del solito. Noi partiamo sempre da una situazione sfavorevole in questo torneo: affrontiamo squadre che, in linea teorica, sulla carta ci sono superiori. E quindi dobbiamo cercare di fare il massimo, secondo le nostre possibilità, per complicare la partita degli altri e farli performare al di sotto di quelle che sono le loro possibilità. Certo, per i francesi, che ora sono usciti del tutto dalla lotta per il titolo, è cambiata la gestione psicologica; in passato si può dire che arrivassero qui demotivati, ora le cose sono cambiate, c’è una maggiore attenzione intorno alla nazionale francese, anche come programma, i giocatori restano più a lungo a disposizione dell’allenatore, e non possono di sicuro venire a Roma senza il giusto atteggiamento. Allora ci dobbiamo mettere tanto del nostro, considerando che la Francia non ha ancora una struttura solida, per cui se inizi a metterle qualche problema qua e là, qualche tarlo, potrebbe anche diventare interessante. Non dimentichiamo che un anno fa andammo vicini a batterli, a Parigi (23-21, ndr). 

Visto che tu e Vittorio commentate, su Eurosport, le partite del Pro 12. A che punto siamo? 

Le nostre affrontano il torneo con molte difficoltà. È un discorso abbastanza lungo, la realtà vera è che bisognerebbe iniziare a gestire diversamente, per avere una nazionale più forte. Bisognerebbe impegnarsi e lavorare su quel livello per avere poi risultati migliori come Italia. Oggi, per esempio, leggevo sui giornali gallesi la preoccupazione circa i risultati recenti delle franchigie del Galles nel Pro 12 contro le irlandesi. Nell’ultimo turno solo una di loro ha vinto in campionato, mentre le altre hanno perso i confronti con le franchigie irlandesi e dicono ‘se perdiamo lì, rischiamo di perdere anche nel 6 Nazioni’ (Galles-Irlanda si gioca venerdì alle 21.05, ndr). È nel Pro 12 infatti che si deve iniziare a trovare un’abitudine alla prestazione e alla vittoria. Ma c’è un discorso molto ampio, che è difficile fare. 

Credi a un’espansione del torneo? 

Ti direi sinceramente che non saprei, ma, restando a casa nostra, facciamo fatica a essere competitivi con due team. Diventa difficile pensare a più squadre… Mi preoccuperei di più di diventare competitivo con quelle che ci sono e poi solo successivamente porsi altri problemi. 

Per concessione Ufficio Stampa Discovery Italia

Vittorio Munari, difesa italiana e polemiche di Jones. Cambierà il regolamento? 

Guarda, i più attenti osservatori sapranno che questa tattica è già stata messa in atto, da più di due anni. È una tattica che dà soddisfazioni se applicata una tantum: è una cosa che vuole prendere di sorpresa l’avversario, ma difficilmente la puoi utilizzare su basi continuative. Il cambiamento delle regole, che a volte viene auspicato da più parti, a mio modo di vedere anche troppo, non serve. Perché le regole ci sono e sono chiare. A volte sfuggono di mano, diciamo, anche al polso degli arbitri, perché anche loro non hanno, nella direzione, una gestione unitaria. È una tattica che è andata bene, finalmente, per una serie di situazioni e coincidenze che si sono andate a verificare ma…Tattica o non tattica, alla fine 6 mete le abbiamo prese! Alla fine facciamo i conti con la realtà. Ha dato comunque soddisfazione, una soddisfazione tipica di noi italiani… E non solo nel rugby. Come dire: a fare dispetto a un altro troviamo sempre soddisfazione, però vincere è un’altra cosa.

Vincere, sì. Contro la Francia?

Molto dipende dalle motivazioni e dall’approccio dei francesi. Alla fine è vero che, a parità di impegno, tra noi e loro, vincono loro. La differenza c’è ed è sostanziale, però diciamo che, per ciò che hanno detto le partite e il modo in cui s’è sviluppato il campionato, andiamo ad affrontare la Francia in una condizione per noi ottimale. Loro sono demoralizzati, ormai tagliati fuori dalla vittoria finale, hanno parecchi problemi e ciò ci aiuta a restare in gara. 

Vedi nella Scozia vista sinora una sorpresa?

Mah, sorpresa proprio no. Già prima del 6 Nazioni era stato dichiarato che sarebbe stata la Scozia più forte dal 2000 in poi…Diciamo che la Scozia è la dimostrazione del fatto che, seguendo pochissime ma importanti regole interne e con chiarezza di intendimenti, i progressi si possono fare. 

Scozia che proverà a fermare gli inglesi. Con quali possibilità? 

L’Inghilterra sinora ha avuto un merito, perché nelle grandi competizioni è considerato tale: ha vinto senza convincere. Ha vinto. Sai, quando uno vince senza convincere…

Pensa quando inizierà a convincere.

Appunto.

Dove vedi l’Italia tra 10 anni? 

Eh, la risposta che ti posso dare è che non ne ho proprio idea…Dipende da chi la gestisce. 

Chiudiamo col Tour dei Lions. Pronto? 

Sì, questo tour sarà in assoluto la cosa più bella degli ultimi anni. Il tour dei British and Irish Lions raggiunge secondo me un picco tecnico superiore anche al mondiale, di gran lunga.

Per concessione Ufficio Stampa Discovery Italia

https://www.youtube.com/watch?v=k1Abavj16hg

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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