Quagliarella, a Masaniello

-

Chissà come finirà. Sembra già un lieto fine ora ma potrebbe concludersi con un dolcissimo ritorno. Fabio Quagliarella ha finalmente sputato fuori quella lisca che gli si era incastrata in gola al Napoli. Una storia venuta a galla solo ora dopo anni di sofferenza e silenzio. Un fanatico, di cosa poi non si sa, lo ha portato via dalla sua gente strappandolo dal sogno che aveva finalmente conquistato.

Non si può immaginare cosa significhi per un partenopeo giocare a calcio coi propri colori. Entrare al San Paolo con 60mila persone che urlano a squarciagola il tuo nome. Magari con quell’accento che hai in bocca anche tu, che sa di casa. Riuscire a fare gol in quelle porte, per i tuoi concittadini, per tuo padre, per la tua famiglia. Troppe emozioni per un napoletano.

Ha raccontato tutto alle Iene, in una lunga intervista a Giulio Golia, anche lui campano. Tutto. Le minacce, le lettere, l’addio, la sconforto, la paura. E ora la rinascita. A Genova Fabio sta bene. E da quel 2010 a oggi la sua carriera è stata ugualmente costellata di vittorie e successi. Principalmente a Torino, con la Juve. E poi coi granata, a Bilbao e l’ottima stagione con Ventura.

Grandi e piccole soddisfazioni arrivate con un’addio forzato dall’unica squadra in cui avrebbe voluto rimanere a vita. Spesso si discute sul cinismo di un giocatore al momento di cambiare casacca. I soldi, la fama, i possibili successi e traguardi personali. Avrebbe messo da parte tutto per continuare a crescere insieme al suo Napoli e alla sua gente.

Oggi possiamo solo toglierci il cappello di fronte a un esempio di professionalità come quella dimostrata da Quagliarella. Nel momento più difficile della sua carriera, e probabilmente vita, ha continuato a fare l’unica cosa per cui valesse la pena alzarsi la mattina. Giocare a calcio. Nonostante gli insulti, le parole, i gesti di quei tifosi mai traditi.

Calarsi in una realtà del genere è impossibile. Allenarsi costantemente in una grande società con un tarlo in testa, che ti rosicchia da dentro. Eppure ci è riuscito. Ha mandato giù il boccone amaro e senza proferir parola ad anima viva di quello che gli stava accadendo, tranne allo stalker stesso, è andato dritto per la sua strada diventando un punto di riferimento in ogni squadra giocasse.

Ma chi gli ridarà tutte le emozioni che avrebbe potuto provare al San Paolo? Le sudate, le rincorse, i gol, le delusioni, le vittorie, i suoi tifosi. Nessuno. Ha baciato una sola maglia nella sua carriera e probabilmente non ricapiterà più. “È stato come quando arrivi davanti alla porta e al momento del tiro qualcuno ti ruba il pallone. Sento di aver lasciato qualcosa di incompiuto”.

Ora sono tutti pazzi per lui. De Laurentiis, quando non twitta, è sommerso dalle richieste dei partenopei per rivederlo in azzurro. Sarri fuma un pacchetto di sigarette in più al giorno. Forse sarebbe l’unico a storcere il naso per un suo ritorno ma sa come si completano i puzzle. E Quagliarella a Napoli è qualcosa che s’ha da fare.

In bocca al lupo Masaniello.

Eugenio Cignatta
Eugenio Cignatta
Pavese d'origine, pragmatico di natura."Burrito" in campo e fuori, vive alla giornata scrivendo di futebol e basket. Nella vita in tackle come Montero, ma pur sempre romantico come un tiro sulla sirena.

MondoPallone Racconta…Quando il “cucchiaio” è un’arte per pochi

Lob, scavino, cucchiaio. Il gesto tecnico del rigore calciato con quel "colpo sotto" morbido, fa sempre notizia. Se realizzato, scatena la goduria dei tifosi...
error: Content is protected !!