Marciator non porta pena

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Alex Schwazer è stato squalificato per 8 anni dopo essere stato pizzicato nuovamente per doping.

Questa è la notizia, veritiera o meno che sia. Ma ci sono troppi punti di buio. Evitando retorica e uno schieramento troppo delineato verso il tricolore, il maratoneta ha superato effettivamente oltre 40 controlli prima di “cascare” in quell’intoppo datato 31 dicembre 2015. Pare che abbia assunto una quantità di testosterone il giorno del cenone di capodanno, dopo il caffè e prima del panettone.

Sa tutto di marcio. Ci sono alcuni aspetti della vicenda che non possono essere trascurati ma che in un’aula di un tribunale sono passati sotto l’uscio. Tutti gli esami effettuati a Schwazer sono firmati dalla Federazione internazionale di atletica, senza la controprova di altre agenzie esperte nell’ambiente come la WADA, la massima organizzazione in materia antidoping.

Inoltre pochi conoscono la storia di Sandro Donati. L’allenatore di Alex è noto per le sue battaglie contro le sostanze proibite e il loro utilizzo in vari sport. Negli anni novanta denunciò il sistema Epo, diventando un manifesto vivente della lotta al doping. Ecco, immaginate per un attimo di essere lui: accetto la sfida di prendere con me un ragazzo che ha saltato le Olimpiadi di Londra del 2012 a causa di quella robaccia che combatto da anni per riportarlo sul podio a Rio 2016. Avrebbe senso allenare un atleta irregolare per me? No.

Come non ha senso la totale apatia da parte degli organi sportivi italiani nel riconoscere a Schwazer un briciolo di rispetto o, al massimo, banale umanità. Non una parola all’uomo o all’atleta, solo il silenzio e l’aplomb, in questo caso negativo, che si riserva verso qualcuno di poca importanza. Un’atteggiamento meschino visti i successi raggiunti nel 2008 da Alex.

È stato dannatamente facile colpire un atleta che ricordiamo tutti, purtroppo, per quelle lacrime in conferenza stampa. Da disperato annunciava al mondo di essersi drogato, di aver fallito, di aver costruito un castello di sabbia. Da lì poi era ripartito. Scontata la pena si era allenato autofinanziandosi per gareggiare a Rio, con l’unico obiettivo di rinascere e di tornare a vincere. Pulito. Ora invece ha ancora gli indici puntati contro, deriso da chi si siede ai piani alti e decide da che parte girare il pollice.

La realtà dei fatti è che l’accoppiata Schwazer-Donati era una bomba, soprattutto quando l’unica cosa che traspare con chiarezza da questa storia è l’esistenza di un sistema consolidato e serrato, che “gestisce” in maniera alquanto losca gare internazionali a cui partecipano atleti provenienti da tutto il mondo. A distanza di anni è sempre la stessa storia: viene fuori il dopato, spesso nel ciclismo e nell’atletica (sport di fatica) e ci si scandalizza. Poi passa qualche mese, qualche indagine, un paio di parole di circostanza e termina tutto. Giù il gettone, nuovo giro, nuova corsa.

Questa volta mi auguro che non sia così, che non un giorno la realtà dei fatti venga fuori e che la carriera, anche se sarà già terminata, di un marciatore come Alex non venga contestata e infangata più di quanto già non lo sia stata. Un pirata c’è già stato, evitiamo un altro corsaro nero.

 

Eugenio Cignatta
Eugenio Cignatta
Pavese d'origine, pragmatico di natura."Burrito" in campo e fuori, vive alla giornata scrivendo di futebol e basket. Nella vita in tackle come Montero, ma pur sempre romantico come un tiro sulla sirena.

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