Zeman, non era necessario

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In Svizzera, le vacanze dei calciatori sono terminate da un pezzo, come sappiamo: e, di conseguenza, i giornalisti sono praticamente tutti in servizio, come è giusto che sia. La maggioranza si occupa del presente; tuttavia, è innegabile che il passato, nel calcio come nella vita, abbia la sua importanza. E, nel caso del Lugano, il passato ha il nome, ingombrante e non indifferente, di Zdeněk Zeman. La redazione di Ticinonline, noto portale di notizie della Svizzera italiana (fratello italofono del più conosciuto “20 Minuten”), lo ha così contattato, nei giorni scorsi, in Sicilia, dove si trova in vacanza.

Il boemo è stato piuttosto duro, rispetto alla sua esperienza in terra elvetica: “Non ho lasciato il Lugano perché ero già d’accordo con un’altra società, anche se voi avete ipotizzato il contrario: non sono abituato a fare questo. Con il presidente Renzetti sono stato chiarissimo: non avevo voglia di soffrire e far soffrire la gente, come è accaduto. E penso che, nella prossima stagione, la musica non cambierà. Quindi, ho preferito lasciare. Cosa è più mancato durante tutto lo scorso campionato? Chiarezza e professionalità.  E non mi riferisco solo ai giocatori: la professionalità mancava a tutti i livelli, e per me è indispensabile.” 

Zeman ha poi avuto una chiusura sarcastica anche riguardo al clima: “Qui cè il sole. Mi hanno detto invece che dalle vostre parti fino a poco fa pioveva.” Buona parte della stampa locale ha preferito non replicare: solo il presidente Renzetti, tramite lo stesso portale, ha reagito in modo, tutto sommato, laconico: “Zeman appartiene al passato.” Ecco, “passato” è il termine più adatto per definire la vicenda e, forse, anche molto altro. Sulla stagione del boemo in Ticino, avevamo già espresso il nostro giudizio. Oggi, francamente, non comprendiamo il perché di tanta acredine: già nei giorni immediatamente a ridosso del divorzio erano nate polemiche. Ci potevano anche stare: ma oggi, un mese dopo, e senza che nessuno, a Lugano, abbia soffiato sul fuoco, che senso ha?

Il boemo ha ottenuto il risultato atteso: la salvezza. Di questo, gli è stato dato merito. Lui stesso ha detto che quanto arrivato era il premio da condividere con tutti. Logico che possano esserci stati dissapori, incomprensioni: ma a che serve parlarne adesso, e in termini così crudi (e, diciamolo, ingenerosi)? Nell’ambiente, ancora oggi, si tratta il tecnico con rispetto: i giocatori cercano sempre di evitare i paragoni con il passato e, nonostante abbiano a che fare con una stampa meno aggressiva di quella italiana, ma chiaramente sempre a caccia di notizie, non danno mai il via a polemiche di vario genere: c’è sempre riconoscenza nei confronti del tecnico, e spirito di autocritica per i risultati negativi dello scorso anno. Gli addetti ai lavori, anche in via confidenziale, nelle pause degli allenamenti, nonostante la promessa di non scrivere nulla, non si lasciano mai andare a commenti negativi di nessun tipo: un altro mondo.

Ecco, ci teniamo a dirlo di nuovo: Zeman, della Svizzera, ha capito pochino. Al di là degli aspetti tecnici e calcistici, dei quali abbiamo già scritto, dal punto di vista caratteriale, il Paese rossocrociato non è “un’Italia più ordinata”, ma un mondo differente, dal punto di vista calcistico e umano, rispetto a quello della Penisola. Ovviamente, anche qua ci sono i procuratori; in passato ci sono state anche in terra elvetica vicende di scommesse nel calcio, e violenza negli stadi. Il sistema, però, ha attivato i propri anticorpi. Gli arbitri ci sono qua, come da noi, e sbagliano, qua come da noi: però, nel momento della verità, quando il Lugano è stato in lotta con una grande del calcio svizzero come lo Zurigo, nella lotta per non retrocedere, tutto è stato regolare. E, per chi credeva in complotti e macchinazioni (più di uno, come ben ricordiamo, e non solo in Ticino), crediamo sia stata una bella lezione.

A livello di stampa, nessuno dei nostri colleghi elvetici ha mai fatto polemiche fini a se stesse, manovrato da chissà quale procuratore: opinionisti e giornalisti, sul web, in edicola e alla televisione, hanno sempre parlato e raccontato solo di calcio. Lo scopo, è sempre stato quello di informare, non di vedere alzare il prezzo di qualche giocatore. Magari, anche facendo arrabbiare presidente, società, e qualche tifoso.

Ecco, questa Svizzera, Zeman, forse, non l’ha capita fino in fondo. Giusto, per lui, fare diverse valutazioni, e cercare una panchina in Italia (che, però, deve ancora arrivare): però, sparare a freddo contro un ambiente che, tutto sommato, si è limitato a prendere atto di quanto da lui detto, senza polemizzare più di tanto, è una mossa a noi incomprensibile. E il silenzio di stampa, televisione, sito ufficiale del Lugano su questa vicenda, speriamo sia una lezione di stile per il boemo. Che, forse, appartiene al passato. E non solo a quello del calcio svizzero.

 

Silvano Pulga
Silvano Pulga
Da bambino si innamorò del calcio vedendo giocare a San Siro Rivera e Prati. Milanese per nascita e necessità, sogna di vivere in Svezia, e nel frattempo sopporta una figlia tifosa del Bayern Monaco.

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