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Verso Francia 2016 – Allenatori “vincenti”: Otto Rehhagel (Grecia 2004)

 

L’Europeo del 2004 si disputò in Portogallo e fu particolarmente atteso dagli appassionati dopo che i Mondiali nippo-corani del 2002 erano stati parecchio deludenti per via degli arbitraggi che diedero la sensazione di una competizione falsata, in particolare ai tifosi italiani e spagnoli, ma in generale a tutti gli amanti del calcio. E poche sedi potevano essere appropriate per ammantare di entusiasmo una manifestazione calcistica, come il Portogallo, uno dei paesi dove il calcio è più amato e praticato.

Una squadra portoghese, il sorprendente Porto del giovane Mourinho, aveva appena conquistato la Champions League. La stella del giovane Cristiano Ronaldo iniziava a brillare in quel di Manchester, infiammando i sogni di vittoria dei tifosi lusitani come mai prima, da tempi di Eusebio. Ad attendere la compagine portoghese all’esordio, la Grecia allenata da Otto Rehhagel, squadra che tornava a partecipare ad un Europeo dopo un’apparizione modesta nel 1980, pur se considerata il vaso di coccio tra i padroni di casa, la Spagna e la Russia.

Pronti via, e un gol del greco Karagounis dopo sette minuti ammutolì lo stadio di Oporto. Un rigore di Basinas ad inizio ripresa consolidò il risultato e a nulla servì la rete di Cristiano Ronaldo a tempo scaduto. Pochi giorni dopo, la Grecia fu sulla rotta della Spagna. Gli iberici non erano ancora la corazzata degli anni a venire, sebbene già schierassero Casillas, Puyol e Fernando Torres mentre in panchina restavano Xabi Alonso e Xavi Hernandez. Un gol di Morientes sembrò spianare la strada alla Spagna, ma la Grecia offrì la riprova di non saper solo difendere in maniera egregia, ma anche di possedere l’energia per reagire. E al 66’, Charisteas portò in parità definitiva l’incontro.

Nell’ultimo incontro del girone, la Grecia cedette per 2-1 alla Russia, ma grazie ad una miglior quoziente reti, passò il turno insieme al Portogallo. Negli altri gironi intanto, l’Italia, altra favorita, patì il famoso “biscotto” tra Svezia e Danimarca e finì estromessa. Sino a quel momento, la Grecia di Rehhagel aveva mostrato una quadratura sorprendente, un’accortezza difensiva impeccabile e un impianto di gioco, catenaccio e contropiede, a tratti persino con il libero staccato un passo indietro, che sembrava risalire a qualche decennio precedente. Eppure la qualificazione nel girone aggiungeva all’impresa della qualificazione, un altro capitolo, che forse sarebbe anche potuto bastare per soddisfare le aspettative della vigilia.

Ai quarti di finale, la Grecia incontrò la Francia campione uscente di Monsieur Zinedine Zidane. E di Henry e Trezeguet. Una sfida impari apparentemente. Ma l’esperienza di Rehhagel venne fuori in questa circostanza. L’allora 66enne allenatore, un passato vincente in Germania con il Werder Brema (titolo nel 1988 e nel 1993) e con il Kaiserslautern (laddove la squadra vinse uno scudetto da neopromossa nel 1996) impostò una partita esemplare per disciplina tattica, riuscendo chiudere ogni spazio ai talentuosi francesi, attendendo con pazienza il momento propizio per colpire, che arrivò al 65’ quando Charisteas bucò la difesa francese, realizzando il gol della vittoria.

In semifinale, la Grecia affrontò l’altra sorpresa del torneo, la Repubblica Ceca di Baroš, mentre dall’altra parte si giocarono la finale Portogallo e Olanda. Spinti dal pubblico di casa, i portoghesi con Maniche e Cristiano Ronaldo superarono l’Olanda del giovane Robben. Mentre per rompere l’equilibrio tra Grecia e Repubblica Ceca servirono i supplementari. O meglio, un supplementare, visto che si applicò la regola del silver gol: a conclusione del tempo supplementare in corso al momento del gol, la partita si sarebbe chiusa se non fosse intervenuto il pareggio. Ma il gol di Dellas, ex Roma, al 105’ non ammise repliche.

Ventidue giorni dopo in finale si ritrovarono di fronte la sorprendente Grecia e il Portogallo, cresciuto nel corso della manifestazione. Difficilmente il giovane Cristiano Ronaldo e il veterano Luis Figo pensavano che avrebbero potuto perdere la storica occasione domestica. Ma ormai la squadra di Rehhagel, sospinta dai suoi giocatori più in forma, come Zagorakis e Karagounis, onnipresenti in campo sin dalla prima partita, prefigurava l’impresa. L’impresa arrivò, al secondo minuto della ripresa e portò ancora una volta la firma di Charisteas, realizzatore dell’incornata vincente, che di nuovo ammutolì i tifosi portoghesi, questa volta nello stadio da Luz di Lisbona.

Fu un trionfo, storico e senza precedenti. E unanime fu il giudizio di critica e pubblico, il vero autore del successo fu il veterano seduto in panchina: l’anziano Otto Rehhagel, che con la sua sapienza tattica aveva dimostrato una volta di più che nel calcio, sì d’accordo le ripartenze e le sovrapposizioni, le tre punte o il fantasista a supporto, ma è solo con un’ottima organizzazione difensiva che diventa possibile battere anche avversari più forti e più ricchi. Il 4 luglio 2004, mentre in Portogallo una nazione intera almanaccava le proprie sventure, altrove era festa grande. La Grecia aveva compiuto una delle più irripetibili imprese del calcio moderno.

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