Sfida al JS Corral

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Lungo tutta la settimana che ha preceduto Juventus-Napoli ho provato più volte a immaginarmi come sarebbe andata a finire. Nella mia mente, la parte del leone la facevano inevitabilmente Gonzalo Higuaín e Paulo Dybala, al punto che avevo finito per trasformare la sfida in una contesa privata tra i due punteros argentini: chi dei due avesse deciso per la propria squadra la partita sarebbe stato il migliore.

È ovvio che si tratta di una forzatura: i numeri del Pipita non ammettono discussioni su chi tra i due sia al momento più dominante (ha giocato quattro partite in meno e ha segnato dieci gol in più del connazionale nonostante quella di Dybala sia fin qui una grande stagione – e questo forse rende l’idea della mostruosità di Higuaín quest’anno). Ammetto però di essere rimasto vittima del contesto romantico che avevo costruito attorno a una sfida nella sfida tra campione affermato e giovane rampante, tra il líder maximo e trascinante di una squadra con rinnovate ambizioni di titolo dopo una vita e l’astro nascente di chi invece non sa proprio fare a meno di vincere, tra governo e opposizione, tra mancino e destrorso, tra centravanti accentratore e seconda punta delicata ma, soprattutto, tra due bellissimi giocatori di calcio.

La realtà mi ha risvegliato come una secchiata d’acqua gelata in faccia alle 6,30 del primo lunedì di lavoro dopo le vacanze di Natale: la partita è stata molto più simile a qualcosa del tipo Sfida all’OK Corral che non a un incrocio tra due assi con attorno un contesto. Si sono affrontate due squadre, non due ammassi di individualità. Ed è stato meglio così, tutto sommato.

Entrambe le compagini hanno messo in mostra un’organizzazione collettiva da cui tutti gli altri club di Serie A avrebbero da imparare qualcosa (con poche, luminose, eccezioni) e, in particolare, hanno finito per essere messe in risalto le peculiarità difensive di entrambi gli schieramenti, i cui centrocampisti e difensori sono stati ben più protagonisti dei miei onirici pistoleros della Pampa. Tra questi merita una menzione speciale quella vecchia volpe di Barzagli, che ha dimostrato per l’ennesima volta di essere il più grande difensore italiano attualmente in attività nonché il miglior centrale del campionato – se la gioca forse coi soli Miranda e Manolas. Certo, l’intervento copertina della serata in termini di retroguardia l’ha fatto Bonucci ma, al di là del fatto che l’ex giocatore del Bari non ha finito la partita per qualche problema fisico, la prestazione di Barzagli è stata ben più impressionante di quella del compagno di squadra e Nazionale, donando compattezza e tranquillità al reparto, tant’è che nessuno s’è accorto che Rugani ha finito per giocare praticamente metà gara (che poi capiamoci, Rugani è forte di suo ma entrare quasi a freddo in una partita del genere non giocando mai non è semplicissimo. Eppure…).

Nella mia fantasia western il buon Barzagli ha inevitabilmente ottenuto il ruolo dello sceriffo che entra nel saloon un attimo prima che le cose degenerino fino al punto che i gunmen decidano di uscire in strada per risolvere a revolverate le loro beghe, costringendo tutti a rimanere in una situazione di stallo e, in particolare, obbligando Higuaín a rimanere al suo tavolo, tra un mugugno e un sorso di whisky scadente.

Chi però ha finito per risolvere davvero la questione è stato Simone Zaza, il personaggio che non ti aspetti, un imprevedibile e italianissimo spaghetti in quella che doveva essere la notte dei gauchos dalle pistole roventi. Come un inatteso Lee Van Cleef, Zaza s’è calato nella situazione come meglio non poteva e ha trovato un gol certamente fortunato ma non per questo meno cercato. Il calcio alla fine è quasi brutale nel ribadire l’essenzialità di alcuni concetti base e uno di questi dice: se non tiri mai, non farai mai gol. Il centravanti bianconero, a cui in stagione sono forse mancati i minuti ma non certo i gol né l’autostima, ha deciso di prendersi un tiro difficile, coraggioso e probabilmente illogico, forse quasi scriteriato. Se gli fosse andata male sarebbe stato catalogato come “velleitario”. Però la fortuna aiuta gli audaci, come recita il proverbio, e in questo caso la schiena di Albiol ha aiutato l’ex Sassuolo, beffando un Reina già ottimamente disposto a una facile ricezione del pallone.

Per farla breve, l’attaccante lucano ha fatto la figura dell’uomo col fucile in mezzo a tanti uomini con pistola. E quando un uomo col fucile incontra un uomo con la pistola, come direbbe Ramón Rojo, l’uomo con la pistola muore. E, stavolta, Gonzalo Higuaín non è riuscito a essere il Clint Eastwood/Joe della situazione, finendo stecchito insieme a tutto il suo Napoli.

Per adesso, quindi, tre punti alla Juventus che torna capolista. E che la sfida continui…

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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