Il Sassuolo dei miracoli

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Al giro di boa del mezzo campionato, spetta al Sassuolo appropriarsi pro tempore del canonico appellativo di “squadra dei miracoli”, attraverso il quale la vulgata mediatica solitamente codifica la presa di coscienza dell’accesso imprevisto sul tappeto rosso delle titoliste maggiori di una parvenu di provincia.

Furono squadre dei miracoli il Parma e l’Udinese, un tempo perfino il Chievo, e a sancire questo status solitamente è il compimento di un risultato brillante, protocollo e validazione formale di quanto di buono espresso sinora. Nel caso del Sassuolo, il risultato in questione è la vittoria a Milano, che ha detronizzato dal titolo d’inverno l’Inter, a pochi istanti dalla fine della partita. Molto del campionato del Sassuolo è già racchiuso in questa circostanza: la capacità di giocarsi le partite in trasferta attaccando anche al 95°, le vittorie di misura (come del resto le sconfitte), che testimoniano la costante presenza agonistica nell’arco di ogni partita, la capacità della squadra di abbattere i Golia del campionato, come è successo anche a Juventus e Napoli. La posizione in classifica recita sesto posto, ma un’eventuale vittoria nel recupero domestico contro il Torino potrebbe stanziare il Sassuolo anche al quinto, a pari punti con la Roma.
Il miracolo Sassuolo però ha solide componenti scientifiche, e sarebbe riduttivo parlarne come di un aprioristico risultato occasionale di fede, mentre è più opportuno scomodare la tanto abusata parola “progetto”, in altri luoghi spesso declinata con molta facilità ma indefinita prospettiva.

Innanzitutto, la squadra del distretto ceramico può contare su una presidenza che garantisce una solidità finanziaria, pur senza uscire dai vincoli di una sana contabilità industriale. Il proprietario Squinzi, presidente di Confindustria dal 2012 e imprenditore attivo in tutto il mondo, sembra aver calibrato il rapporto tra investimenti e bacino di utenza secondo un modello di competitività sostenibile. I buoni rapporti economici con la Juventus hanno portato a una movimentazione bilaterale intorno ai nomi di Zaza e Berardi, ma anche di Peluso e Marrone, che almeno dal lato del Sassuolo ha prodotto sicuramente benefici tecnici. In questo senso, il rapporto che lega bianconeri e Sassuolo sembra ricordare quello a lungo intercorso tra Juventus e Atalanta.

Passando dal livello societario all’aspetto tecnico, nella continuità della gestione Di Francesco (salvo un breve intervallo), troviamo un altro elemento premiante del Sassuolo. Il tecnico abruzzese fin dall’anno della conquista della serie A ha plasmato un’identità di gioco mettendo a frutto le proprie idee e il proprio background, risalente ad esperienze da calciatore di buon livello, sia con Zeman che con Capello. Il Sassuolo di oggi è una squadra capace di costruire gioco da dietro come di organizzare ripartenze attendiste, distribuire il pressing e mantenere una costanza agonistica contro ogni avversario. Lo stesso Di Francesco, sembra pronto anche per palcoscenici maggiormente ambiziosi.

Arrivando infine al livello del campo, la felice convivenza di giovani di prospettiva, come Berardi, e presenze storiche, come quella del capitano Magnanelli, presente a Sassuolo sin dall’epoca della serie C2, garantisce una formula idonea ad affrontare un campionato al di sopra della linea di rischio, ed eventualmente saper sfruttare il vento a favore per tentare approdi in porti esotici, come quello di una qualificazione in Europa League. Obiettivo non richiesto ma comunque possibile, quando si può lavorare con tranquillità, senza doversi voltare costantemente indietro.

Come il Leicester in Premier o l’Eibar in Liga, il Sassuolo ha aggiunto alla Serie A un tratto di imprevedibilità, non perdendo mai con nessuna delle squadre che la precedono in classifica. E di questo, in un campionato caratterizzato da una lunga zona d’ombra estesa tra chi lotta per le prime posizioni e chi ha l’obiettivo salvezza, possiamo essere grati a Di Francesco e ai suoi. In fondo, si tratta già di un miracolo.

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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