Home » Masopust, campione dell’Est

Ci fu un momento nella storia del calcio mondiale in cui la divinità che presiede agli “sliding doors” avrebbe potuto cambiare il corso delle cose. Al crocevia dimensionale, si presentarono un atletico fuoriclasse venuto dall’Europa dell’Est, realizzatore di una rete inaspettata che per un istante lasciò balenare alla Cecoslovacchia la possibilità di mettere le mani sul titolo mondiale e una delle squadre più forti di sempre, il Brasile di Pelé, ma anche di Gilmar, Djalma Santos, Didì, Vavà, Amarildo e Garrincha. Successe a Santiago del Cile, il 17 giugno 1962, al 15’ minuto della finale per l’assegnazione della Coppa Rimet. A portare in vantaggio la Cecoslovacchia, era stato il suo figlio prediletto, Josef Masopust.

Ma Eupalla non considerò l’ipotesi di indirizzare in una stradina secondaria l’esito della storia, e in capo a due minuti, diresse l’incontro lungo l’infiorato viale del trionfo, riservato al Brasile. Pareggiò Amarildo al 17’, completarono Zito al 68’ e Vavà al 77’. Eppure, soltanto quindici giorni prima, a Viña del Mar, la Cecoslovacchia era comunque riuscita a fermare i predestinati fuoriclasse sudamericani, inchiodandoli sullo 0-0.  

Josef Masopust esprimeva il meglio di quella che fu la celebre scuola calcistica danubiana, versante cecoslovacco. Chi volesse scorrere gli almanacchi del calcio lo vedrà inquadrato come centrocampista, metodista, regista offensivo, mediano, per qualcuno perfino difensore. Volessimo usare una definizione nata negli ultimi anni, potremmo parlare di “todocampista”.  Per lui, uomini di calcio del passato, come Enzo Bearzot o lo stesso Pelé, hanno speso parole importanti, inserendolo sempre nelle liste dei calciatori più forti di ogni tempo.

Non portò a casa il titolo mondiale Masopust, tuttavia nello stesso anno ebbe la soddisfazione di conquistare il Pallone d’Oro, quale miglior giocatore europeo. Fu il primo a portare oltre cortina il trofeo, anticipando di un anno il leggendario portiere russo Jascin. Insieme a quest’ultimo e a Puskas, costituì il trio di campioni più famosi di una generazione di calciatori cresciuta in un’epoca in cui l’Est europeo, assimilato nel blocco sovietico, costituiva un’entità a sé nel panorama storico mondiale, non solo calcisticamente. Nello stesso modo di giocare di Masopust, si potevano trovare le tracce di un modello educativo basato sull’ottima condizione atletica e sulla capacità di leggere con metodo tattico e ritmo prestante il rettangolo di gioco. Naturalmente, avere intelligenza calcistica, personalità carismatica e piedi buoni, erano la condizione di base per valorizzare quanto veniva appreso nelle classi di Educazione Fisica.

 Nacque a Most, il 9 febbraio del 1931, figlio di un minatore. La carriera del boemo Masopust si svolse quasi interamente in patria, nelle fila del Dukla Praga, per via della normativa di regime che non vedeva bene il passaggio all’estero dei propri talenti. Solo a 37 anni, gli fu concesso di provare l’esperienza occidentale, nelle serie minori del Belgio. In patria, collezionò otto scudetti e tre coppe nazionali. In ambito internazionale, oltre alla finale mondiale e al Pallone d’Oro, ebbe anche la soddisfazione di far parte per ben due volte della nazionale del Resto del Mondo, che per due volte affrontò l’Inghilterra a Wembly, in occasione di incontri in onore di Sir Matthew Stanley.

Per ritrovare un campione proveniente dallo stesso stampo tecnico, atletico e caratteriale, l’ex Cecoslovaccia, divenuta Repubblica Ceca ha dovuto attendere fino all’arrivo di Pavel Nedved, anche lui Pallone d’Oro, 41 anni dopo. E tuttavia, quando nel 2005 la federazione ceca fu chiamata ad eleggere il proprio miglior giocatore nell’ultimo mezzo secolo, nonostante la fama di cui godeva Nedved all’epoca, il prescelto fu Jozef Masopust.

A lui, mentre ancora era in vita, Praga aveva già dedicato una statua. Con lui, se ne va un fuoriclasse, ma anche un simbolo generazionale, per i Boemi ma non solo.