Rimarrà soltanto una dinastia

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In questa settimana, ogni anno, mi ritrovo a convincere amici, parenti o colleghi sull’opportunità di guardare il Super Bowl. A volte è facile, e ho successo perché al Super Bowl arrivano due squadre davvero forti o equilibrate. Altre volte è più complicato: come convincere un non appassionato a perdere la nottata su un incontro dal pronostico chiuso oppure su una contesa che si sa bene quanto poco spettacolare sarà?
Quest’anno MondoPallone mi dà l’opportunità di convincere molte più persone di quello che mi capita solitamente la prima domenica di febbraio e, fortunatamente, questa volta sarà anche molto più facile del solito.

Il valore di questa finale della stagione NFL è infatti ben lontano dai freddi numeri, dalle statistiche ed è anche distante dalla cifra tecnica di due squadre eccellenti come i Seattle Seahawks e i New England Patriots che si affronteranno sull’erba di Glendale, in Arizona.
È una questione di dinastia.

Una dinastia, nello sport, è una fase della storia di una società (franchigia) in cui la stessa vince molto mantenendo alcune caratteristiche e protagonisti nel tempo. I Bulls dell’era Jordan allenati da Phil Jackson sono un ottimo esempio, così come i Lakers dello “showtime”. In NHL, gli Edmonton Oilers di Wayne Gretzky e Mark Messier nella seconda metà degli anni ‘80 o i Detroit Red Wings degli anni ‘90. Per rimanere oltreoceano, stiamo vivendo in questi anni la dinastia San Francisco Giants nella MLB, la lega nordamericana di baseball.

La scelta è di stare nel continente americano perché lì, più che nella vecchia Europa, concetti come il salary cap o la impossibilità di “comprare” i giocatori da parte della società (anche se in realtà in MLB il tetto salariale non esiste), devia l’attenzione dei proprietari che vogliono vincere verso la creazione di una struttura organizzativa, decisionale e tecnica che possa consentire di vivere ai vertici pur non potendo strafare economicamente.

Tornando al Super Bowl di questa mezzanotte, i primi protagonisti, i Patriots della coppia head coach – quarterback Belichick-Brady, sono sicuramente LA dinastia degli ultimi vent’anni in NFL. Dal 2001 al 2014, New England ha vinto tre Super Bowl, ne ha persi altri due e ha vinto la propria division (traduciamolo con “girone”) dodici volte, garantendosi quindi i Playoff in tutte le stagioni in cui Tom Brady ha giocato con la squadra tranne due (in una era infortunato gravemente e i Patriots hanno comunque sfiorato la qualificazione). Il sistema insegnato da Belichick in questi quindici anni ha garantito di poter rifondare un paio di volte la difesa, e sostanzialmente cambiare qualsiasi pedina in attacco tra ricevitori e corridori senza che la produzione offensiva ne risentisse più di tanto. Sempre ben sotto il salary cap, la franchigia del nordest degli States rappresenta un modello vincente sotto ogni aspetto.

Dall’altra parte ci saranno avversari che ancora non sono una dinastia. Il Super Bowl vinto l’anno scorso umiliando i Denver Broncos è stato il loro primo alloro, ma l’eccellenza è nel DNA di questa organizzazione. Prima dell’inizio della scorsa stagione, quella poi conclusa in gloria, Seattle popolava i blog del mondo della palla ovale perché i più attenti avevano colto i rapidissimi progessi della squadra guidata da Pete Carroll “in panchina”. Difesa talentuosa, attenta, asfissiante. Un quarterback, Russell Wilson, che nella stagione da matricola non aveva sfigurato a confronto con Andrew Luck e Robert Griffin III, due altri giovani selezionati molto prima di lui e molto più attesi. Una squadra affamata, giovanissima, con un atletismo fuori dal normale e arringata ai lati del campo da un tecnico che sprizza energia e voglia di vincere da tutti i pori. Aggiungeteci un pubblico molto più caldo della media e vi ritroverete con quella che è una dinastia in divenire.

Il trionfo dello scorso anno non fu quindi una sorpresa, ma una conferma, giunta con proporzioni esagerate (43-8 sui poveri Broncos) ma entro il limite del pronosticabile. Potremmo definire pertanto i Seahawks una giovane dinastia. Brady vinse il primo e secondo titolo nella seconda e quarta stagione da professionista; Wilson quest’anno potrebbe vincerlo alla terza, con un Super Bowl già in bacheca.
Le similitudini tra le due squadre però non si fermano qui.

Seattle è odiata per l’atteggiamento irriverente delle sue stelle. Marshwan Lynch, il runningback, risponde a tutte le domande post e pre-partita usando sempre la stessa frase: “I appreciate that!”, oppure “Thanks for asking”, deliberatamente prendendo in giro i cronisti di turno. Richard Sherman, cornerback stellare dai capelli lunghi e sguardo mefistofelico, ama umiliare ai microfoni il suo avversario diretto, spesso il migliore ricevitore in campo, che però puntualmente viene umiliato anche sul terreno di gioco.

New England, come tutte le squadre oltremodo vincenti, ha anch’essa i suoi grattacapi. Agli inizi della dinastia corrente fu sorpresa a spiare gli allenamenti di una squadra avversaria, ed è fresco il mezzo scandalo “deflategate”, secondo cui lo staff avrebbe intenzionalmente sgonfiato dei palloni nell’ultima partita per facilitare le cose a Brady e i suoi ricevitori. Uno stillicidio mediatico che sfiora il non-sense ma con radici piantate nelle interpretazioni al limite di un regolamento NFL che quando si tratta dei Patriots sembra mostrare insospettabili falle.

Un’ultima caratteristica che una dinastia deve avere è che c’è spazio per una sola dinastia alla volta nell’immaginario collettivo riguardante una singola lega americana. È nello stesso concetto l’impossibilità di una “convivenza tra dinastie”.
Questa notte in Arizona chi vincerà non solo porterà a casa il Vince Lombardi Trophy, non solo scriverà il suo nome una volta in più sull’albo d’oro, non solo raccoglierà i frutti di una stagione massacrante nel migliore dei modi; ma soprattutto altererà il corso della storia, fermando una dinastia sul nascere o determinando la fine di un’altra lunga quindici anni.

È per questo motivo che trenta minuti dopo la mezzanotte non vi pentirete di guardare il quarantanovesimo Super Bowl. Perché antipatici, odiati, sminuiti, Patriots e Seahawks non si affronteranno per una coppa, ma per scrivere la storia dello sport mondiale. Eccellenza contro eccellenza, finché sul campo di Glendale rimarrà una sola dinastia.

Dario Alfredo Michielini
Dario Alfredo Michielini
È convinto la vita sia una brutta imitazione di una bella partita di football. Telecronista, editorialista, allenatore. Vive di passioni quindi probabilmente morirà in miseria. Gioca a golf con pessimi risultati; ma d'altra parte, chi può affermare il contrario?

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