Parla Moratti: “Mai pensato di essere un presidente a vita”

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“Il calcio non è un’azienda. Non lo è in assoluto e non lo è a maggior ragione nel caso dell’Inter”. È anche con queste parole che, a una intervista rilasciata al Corriere della Sera, Massimo Moratti racconta i suoi 18 anni al timone del club nerazzurro. A una manciata di giorni dall’effettivo addio, lo storico presidente milanese torna a parlare della sua squadra del cuore, svelando qualche piccolo retroscena.

“La prima idea che avevo avuto era stata quella di prendere Cantona e Mancini. Poi Cantona l’aveva combinata grossa a Londra e Mancini non era cedibile”. Purtroppo non se ne fece nulla ma nel giugno del ’97 arrivò il fenomeno: Ronaldo è stato il miglior investimento dei miei 18 anni di presidenza interista. Era fortissimo, irraggiungibile per talento e velocità”.

Parole anche su campioni affermati e campioni attesi, sempre in tema nerazzurro: “Ibrahimović ha doti straordinarie, ma soprattutto ti fa vincere. Con noi tre scudetti di seguito. Mi spiace molto che Balotelli stia attraversando un periodo così; ha avuto grandi opportunità, ma non è riuscito a raccogliere quanto avrebbe potuto. Si è involuto rispetto a quando giocava con l’Inter”.

Ma gli anni passano e gli stimoli, soprattutto dopo aver vinto tutto, inevitabilmente diminuiscono: “Non ho mai pensato di essere un presidente a vita e quando ho capito che c’era da cambiare per ridare spinta alla società, ho deciso di lasciare il posto. Thohir è giovane, ha voglia di fare e di fare bene. La sua famiglia ha grandi disponibilità economiche ed è giusto che voglia comandare”.

“Ogni settimana c’è una verifica, e il risultato di una partita conta sempre molto. Non esiste la programmazione a medio o lungo termine. E poi ci sono i tifosi, con i loro sogni, le loro speranze, le loro aspettative. Ho sempre pensato che fossero loro i veri padroni dell’Inter”. Idee diverse da quelle che invece circolano oggi in Corso Vittorio Emanuele II. Lo stampo aziendale ha preso il sopravvento in società, lasciando inesorabilmente un filo amarezza.

“Con mio figlio e con Ghelfi abbiamo lasciato le cariche che avevamo perché si era creata una situazione non molto simpatica. Il silenzio dei dirigenti dopo le parole di Mazzarri su di me non è stato bellissimo. Ma sono amico di Thohir e questo episodio non ha incrinato i nostri rapporti, che restano ottimi”.

Eugenio Cignatta
Eugenio Cignatta
Pavese d'origine, pragmatico di natura."Burrito" in campo e fuori, vive alla giornata scrivendo di futebol e basket. Nella vita in tackle come Montero, ma pur sempre romantico come un tiro sulla sirena.

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