Mondo A-League, 4/a puntata: sul tetto dell’Asia

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Ve lo abbiamo già raccontato altrove, ma giova ricordarlo: Western Sydney ha vinto la AFC Champions League 2014. Sebbene questo spazio parli soprattutto della A-League, la straordinaria impresa compiuta dall’undici di Tony Popovic spiega lo stato del gioco in Australia, e in particolare sulla azzeccatissima affiliazione della Football Federation alla Asian Football Confederation, dal 2006.

Da quel momento in poi, i club australiani si sono potuti confrontare con un contesto ben più professionale rispetto a quello dell’Oceania. Facciamo parlare i numeri: 141 partite giocate nella Champions League asiatica 2014, tra i preliminari riservati alle società delle nazioni calcisticamente meno evolute, fase a gironi nello stile delle competizioni europee, fase finale in gara d’andata e ritorno. I Wanderers, che hanno giocato da sfavoriti (sulla carta) tutti i turni a eliminazione diretta, si sono cimentati con avversari provenienti da Giappone, Corea del Sud, Cina e Arabia Saudita. Tutta gente navigata, abituata da più tempo alla platea del calcio internazionale, spesso con a disposizione budget superiori a quelli della A-League, bloccata da un tetto salariale che – nel salvaguardare i conti ed evitare debiti e fallimenti – a volte soffoca le ambizioni più grandi.

Se insomma il Melbourne City, sulla carta la squadra più ricca d’Australia in quanto posseduta dallo stesso gruppo di Manchester City e New York City, dovrà scalare i vertici della A-League con le scelte giuste e la programmazione e non (solo) a suon di milioni, i Wanderers hanno dimostrato che anche dal piccolo orticello dell’oculata Australia è possibile affermarsi a livello extranazionale. Salire più in alto di tutti, passando oltre i 63 mila (solo uomini) di un King Fahd International Stadium poco felice dell’arbitraggio e (soprattutto) dell’esito finale: l’0vest di Sydney è sul tetto dell’Asia e la vista non è delle peggiori.

AFC Champions League Australia Western Sydney Wanderers Al HilalL’enfasi posta, giustamente, sul brevissimo tempo trascorso tra la fondazione (2012) e la conquista del più importante trofeo della storia del calcio australiano, sfocia nella superficialità se si ignora la storia di questa franchigia, che coincide con quella del football nell’ovest di Sydney e ne eredita storie, vicende, nomi e protagonisti. La scelta dei colori sociali, presa attraverso una consultazione popolare, la conquista progressiva e incessante di nuovi tifosi, le migliaia di persone che a Parramatta guardavano la finale di ritorno davanti al maxischermo ci ricordano tanto l’Europa e il trasporto con cui vive questo sport. Un secolo di calcio semi professionistico è confluito, due anni or sono, nelle casacche di Western Sydney e la storia è il mix di vecchio e nuovo: è il professionismo che non taglia i ponti con ciò che è stato.

Passando alla quarta giornata di campionato, i campioni d’Asia non hanno ovviamente giocato. Juric e compagni recupereranno la sfida con Brisbane il prossimo 3 dicembre al Parramatta Stadium. Di qui alla partita, che sarebbe pur sempre la ripetizione della Grand-Final 2013, resterà da vedere se i Roar avranno risolto i loro problemi di classifica, dando per scontato che la crisi di risultati dei rossoneri sia invece da imputare allo stress delle fatiche internazionali.

L’altra notizia che ha occupato le pagine sportive è l’addio di David Villa: l’asso spagnolo ha ridotto da 10 a 4 le sue partite in prestito al Melbourne City e lascerà anzitempo l’Australia alla volta di New York. Per congedarsi, l’ex Barça ha giocato una gran gara venerdì sera, terrorizzando a sinistra i difensori dell’Adelaide United, a saltare l’uomo e convergere verso il centro. Peccato che, per la buona vena di Eugene Galekovic e la poca concretezza del resto del reparto offensivo, non sia arrivata la vittoria: i 13 mila dell’AAMI Park hanno salutato il campione di Spagna nel giorno della seconda sconfitta stagionale, sotto i colpi di Bruce Djite e Marcelo Carrusca. Solo il tempo ci dirà se il City è un progetto estemporaneo aggrappato ai suoi stranieri (Duff?) o qualcosa di più.

Sydney FC a-league australiaSpostandoci nel Nuovo Galles del Sud, a Sydney sorridono anche gli SkyBlues, il cui buon momento rischia di venir oscurato dalle imprese di coppa dei concittadini dell’ovest. Attenzione però a non sottovalutare questo Sydney FC passato, parola di Graham Arnold, da “toxic club” a gruppo compatto in cui ci si aiuta l’un l’altro e dalle gerarchie equilibrate. Una realtà molto diversa da quella degli anni di Alessandro Del Piero, citato ma non nominato nell’intervista del tecnico al Guardian: come spesso accade alle squadre di media classifica, perdere la stella accentratrice apre gli spazi e dà a giocatori meno appariscenti eppure efficaci l’occasione di brillare.

Infine, gli estremi (geografici) della lega: sorride l’Australia Occidentale, scivola la Nuova Zelanda. Se la vittoria di Perth infonde fiducia a una squadra che punta parecchio sul fattore campo, il ko di Wellington a Melbourne era da mettere in preventivo, dato il talento a disposizione di Kevin Muscat e il buon momento dei Victory. Che la A-League la vogliono proprio azzannare quest’anno, senza fermarsi mai.

Hyundai A-League – 4/a giornata

Melbourne City-Adelaide United 1-2
Perth Glory-Newcastle Jets 2-1
Sydney FC-Central Coast Mariners 2-0
Melbourne Victory-Wellington Phoenix 2-0
Western Sydney Wanderers-Brisbane Roar (rinviata al 3 dicembre)

CLASSIFICA: Melbourne Victory, Sydney FC, Adelaide 10, Perth 9, Wellington 6, Central Coast 3, Melbourne City 2, Newcastle 1, Brisbane, Western Sydney 0

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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