Robe da Mattiacci

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Cinque anni fa, in questo periodo, la Red Bull otteneva la sua prima vittoria. Cinque anni e una rivoluzione fa: niente scenari ucraini, solo il ritorno di Newey e il regolamento che, quell’anno, fece vincere quella BrawnGP che in origine sarebbe dovuta essere una Honda vincente. Ross ringrazia (un anno dopo, ha venduto alla Mercedes, lucrando una bella differenza), questo è certo; anche se non è facile immaginarlo felice, guardando quella freccia bianca che adesso domina — ma senza lui.

A ogni modo: la Red Bull del 2009 era una bella speranza e poco più; e di fatto, un lustro dopo, è uno dei nomi di punta, ancora. Per storia e tradizione, sicuramente non al livello della Ferrari; per blasone recente, è qualche gradino avanti a tutti. Anche adesso che parte di rincorsa: in classifica è in terza fascia, laddove la seconda è ancora appannaggio dei motori Mercedes, con la Force India seconda e la McLaren terza. Pensando alla scuderia di Vijay Mallya, era proprio dal 2009 che non otteneva un podio (Fisichella, secondo a Spa). C’erano ancora i vecchi punteggi (confesso: ne ho nostalgia, li preferisco).

A ogni modo: il 2009 era l’anno dei cambiamenti al regolamento tecnico (a memoria: via le scanalature dalle gomme, novità negli alettoni, limite di 8 motori in stagione, cambio che dura per quattro gare, arrivo del KERS), e la Ferrari si distinse per non essere riuscita a stare sul pezzo. Lo stesso KERS era efficace, sì, ma sulla Rossa dava problemi di surriscaldamento (vado di nuovo a memoria, ma mi sovviene un Räikkönen che esce di corsa dalla vettura, “scottato”). Non tutto da buttare via: un quarto posto non si ottiene per caso; ma per la Ferrari (all’avanguardia, alla moda, alla ribalta) era uno smacco.

E ora, cinque anni dopo, una rivoluzione dopo… c’è rivoluzione anche dentro la scuderia. Stefano Domenicali si è dimesso, comincia una nuova era al muretto. Prima cosa da dire: Domenicali veniva dal mondo delle Rosse, anche se con ruoli differenti (prima amministrativo, poi capo del personale sportivo e addetto ai rapporti con i partner, infine Team Manager prima e poi direttore di tutta la gestione sportiva, sostituendo quel Jean Todt che al suo posto si dice volesse Schumacher). Marco Mattiacci, invece, viene sì dal mondo Ferrari, ma per la gestione sportiva è un nome completamente nuovo.

In un certo senso, la nomina di Mattiacci rimette la Ferrari al centro delle cronache in un momento in cui non si riesce a farlo in pista. Un saluto a Domenicali (tanto criticato per le mancate vittorie, vero; ma qualcosina l’ha pure raccolto, e Todt&Brawn glielo devono), e un benvenuto al profilo nuovo: esperienze internazionali in abbondanza (dieci anni in Jaguar, poi un quindicennio scarso in Ferrari, per la quale ha seguito anche il lancio del marchio nell’immenso mercato cinese, e da 4 anni era direttore della divisione Nord America). Esperienze in pista, zero.

Svolta giovane? Direi di no: Domenicali non era vecchio, Mattiacci ha pochi anni di meno. Svolta tecnica? Difficile pensarlo (e facile mordersi le mani, vedendo l’ingegner Aldo Costa disegnare quella Mercedes lì). Svolta geografica? Qui ho meno dubbi: le corse non lo conoscono, i mercati sì; e la svolta geografica, qui, significa anche che la nomina è arrivata da Torino, più che da Maranello. Svolta d’immagine? Sicuramente: Montezemolo dice che starà vicino al nuovo capo della scuderia, mentre prosegue la divergenza di vedute (eufemismo) con la FIA comandata proprio da un ex come Jean Todt.

Il punto è: cosa significa la nomina di un manager di spicco quale capo della sezione corse? Sicuramente che c’è stata sfiducia nei confronti di chi già lavora ai box, vista l’assenza di promozioni dall’interno. Poi che si è cercato più un motivatore che un tecnico: come se il problema non fossero le competenze, ma l’entusiasmo e la gestione delle risorse. Poi ancora che si è voluto dare un segnale di stampo “calcistico”: cambiare allenatore sperando che cambino i risultati (ma, per ora, la vettura è quella che è, giova ricordarlo).

Infine, che si vuole dare una impronta più commerciale al reparto corse. In altre parole: Mattiacci sarà anche una diretta emanazione di Montezemolo, più ancora di quanto non lo sia stato il suo predecessore. Nei prossimi mesi sarà chiamato a fare un corso accelerato sul grande circus, e dovrà riuscire a farsi valere e a mediare con tutti. In un mondo che da un lato piange miseria, e dall’altro è l’eccellenza assoluta. E coinvolge tutto il mondo che conta (a partire dal mercato cinese: si corre a Shanghai, da oggi a domenica) In bocca al lupo: lui e la Formula 1 ne hanno bisogno.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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