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MondoPallone Racconta… Bepi Moro e le scommesse

In concomitanza con la prossima conclusione dell’ultimo Calcioscommesse all’Italiana, rispolveriamo la figura di un portiere molto apprezzato negli anni ’50. Giuseppe “Bepi” Moro arrivò in Serie A tardi e ne rappresentò tante squadre. Grande pararigori, macchiò la sua carriera cedendo ai soldi facili di chi gli chiedeva di truccare qualche partita. Nell’ambiente lo sapevano tutti, e per questo Moro venne emarginato. Ma l’opinione pubblica scoprì la sua storia solo nel 1965 quando, disperato, bussò al Corriere dello Sport per raccontare i suoi peccati.

Con la maglia della Fiorentina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esordi

Giuseppe “Bepi” Moro nacque a Carbonera (Treviso) il 16 gennaio 1921. Si appassionò al calcio, ed in particolar modo al ruolo di portiere, perché affascinato dal numero 1 della Cecoslovacchia anni ’30: František Plánička. Esordì con il Treviso, con cui giocò dal 1938 al 1942. Arrivò alla Serie B difendendo la porta dell’Alessandria nel campionato 1942-43. A causa della guerra, che vide l’interruzione dei tornei, tornò a Treviso. Ma qualcosa stava per cambiare.

Finalmente Serie A

Nell’estate del 1947 viene ingaggiato dalla Fiorentina, che permette finalmente a Moro di debuttare nella massima serie: il primo gettone in A è datato 14 settembre 1947, contro la Roma. In quella stagione disputa tutte le 38 partite, incassando 52 reti, in una Viola che chiude al 7° posto. Non fa quasi in tempo ad ambientarsi perché fa di nuovo le valigie, destinazione Bari. Moro comincia a farsi la fama di pararigori, neutralizzando 5 penalty su 7 e contribuendo alla permanenza dei pugliesi in A.

La maglia azzurra

Al termine del positivo torneo in Puglia, viene convocato per la prima volta nella Nazionale maggiore per l’amichevole di Budapest contro la favolosa Ungheria di Puskás. La gara terminò 1-1, risultato lusinghiero per gli azzurri anche alla luce dell’ottima prestazione dell’esordiente Moro. Venne scelto dal Torino per sostituire il grande Bacigalupo nel campionato successivo alla tragedia di Superga. Un’investitura prestigiosa ed allo stesso tempo onerosa. Pagato ben 59 milioni di lire dai granata, non ripagò le aspettative. Moro risultò addirittura il portiere più battuto con 66 reti al passivo. Nel novembre 1949 era stato autore di una grande prestazione contro l’Inghilterra a Wembley. In estate partecipò al Mondiale 1950, scendendo in campo nella seconda ed ininfluente partita contro il Paraguay.

Durante il periodo al Torino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giro d’Italia

Il Torino, deluso dal portiere trevigiano, lo rivendette subito – per soli 8 milioni – alla Lucchese. Fedele alla fama di giramondo, Moro disputò la sua ultima stagione da professionista nel 1955-56: dopo il campionato a Lucca, un biennio alla Sampdoria (indossando questa maglia giocò le ultime 6 gare in azzurro su 9 totali) ed un altro alla Roma prima della chiusura a Verona.

Record 

In Serie A Moro ha parato ben 16 rigori su 44. Rappresenta un record ancora imbattuto.

Emarginato

Giuseppe Moro, nel periodo d’attività, era conosciuto nell’ambiente perché colpevole di numerose combine riguardanti partite di Serie A a cui prendeva parte. Per questo motivo, probabilmente, non riusciva a rimanere spesso per più di una stagione in ogni squadra, mal visto dalla maggior parte dei compagni. Al termine della carriera Moro venne letteralmente emarginato dal mondo del calcio, nonostante le sue doti di portiere. Sebbene capace di autentici prodigi, aveva però un rendimento discontinuo ed un carattere agitato. Nel dopo calcio ebbe poca fortuna negli affari e si riciclò come rappresentante di dolciumi nelle Marche.

L’intervista

Nell’autunno 1965, dopo aver inutilmente bussato a tante porte per raccontare la propria disperata e folle storia, trovò ospitalità nella redazione del Corriere dello Sport. Fu Mario Pennacchia a raccogliere i racconti – dettagliati e nitidi – di Moro. Nonostante un certo timore per i tempi, il giornale decise di pubblicare il tutto in 4 puntate. Tutto il materiale comporrà poi il libro dello stesso giornalista, intitolato “La vita disperata del portiere Moro“. La mole di informazioni scottanti, corredata di nomi e cognomi, squadre e circostanze precise, non portò ad alcun seguito. Moro ottenne in egual misura indignazione e sostegno dall’opinione pubblica. Sostegno soprattutto per il coraggio. Il coraggio di un uomo che ormai non aveva più nulla da perdere. Aveva già perso tutto.

 

 

 

 

 

 

 

Morte ed elogio 

Giuseppe Moro morì a Porto Sant’Elpidio (Ascoli Piceno, oggi Fermo) il 27 gennaio 1974.

Alla sua morte, il portiere della Nazionale Dino Zoff, in quel momento nel pieno del suo famoso record d’imbattibilità, spedì la sua maglia azzurra in memoria di “Bepi”:

Fu un gesto istintivo, da parte mia, perché nel gennaio del ’74 quella maglia era imbattuta da anni e Giuseppe Moro, che l’aveva onorata, era degno di indossarla come nessun altro“.

 

 

 

 

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