Appassionati, fanatici, perennemente incazzati o finti glaciali, quegli strani omini che vediamo dimenarsi come in preda a crisi epilettiche a bordo campo sono coloro i quali hanno tutta la colpa di ogni sconfitta e uno scarso 5% di merito quando la squadra vince. Ma prendono così tanti soldi che di questa ingiustizia in genere se ne fregano. Sissignori, sono loro: sono gli allenatori. Abbiamo selezionato per voi gli 8 cliché più evidenti di allenatori che possiamo trovare in giro per i campi di Serie A (e non solo), e abbiamo deciso di proporveli all’interno di una nuova rubrica settimanale: la Sghimberla.
Lo facevamo da piccoli, quando ci sembrava di essere divertentissimi nel rispondere a nostra madre infuriata che “basta è la moglie del basto?”. Ebbene sì: la Sghimberla è la moglie dello Sghimberlo. Lui va allo stadio e vi racconta la partita in diretta, lei rimane a casa a riflettere sul calcio e ve lo riporta staticamente. A prima vista: una famiglia che non può durare…
1. Il fanatico
Generalmente la carriera del fanatico termina molto presto, ma lui non si perde d’animo e s’intrufola in ogni genere di trasmissione sportiva pur di rendere noto ai telespettatori che non comprerebbe Messi perché “non sa fluidificare”.
2. L’incazzoso
L’incazzoso generalmente passa più tempo in tribuna che in panchina, ciò nonostante i tifosi spesso lo adorano. Un po’ perché ha la tempra, un po’ perché anche gli ultras ne hanno paura.
3. Il glaciale
In ogni caso, per sfogare le tonnellate di rabbia repressa che accumula col suo atteggiamento, di solito il glaciale nasconde un hobby violento come tagliare la testa ai nani da giardino, organizzare rave clandestini travestito da naziskin assieme a Stefano Bizzotto oppure riempire di botte Ljajic.
4. Il guru
Arriva in genere un momento in cui, dopo sedici retrocessioni consecutive, l’abilità tattica del guru viene messa lievemente in discussione da una frangia di tifosi, i quali solitamente vengono emarginati dal resto della tifoseria con l’accusa di “non capire niente di calcio”.
5. Il dottor morte
Eutanasisti famosi come Nedo Sonetti e Alberto Malesani sono stati a volte in grado perfino di vincere qualche partita, ma questo generalmente non fa che allungare l’agonia.
La caratteristica fondamentale di questi allenatori, in ogni caso, è quella di essere sempre molto calmi e rilassati. Possono infatti disporre di dieci mesi di vacanza l’anno, dato che in carriera non hanno mai occupato una panchina prima di marzo-aprile.
6. Il querulo
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Quando il querulo vince, generalmente non commenta la gara e preferisce invece lamentarsi delle sconfitte precedenti.
Di solito, dopo qualche anno di carriera, grazie a questo atteggiamento il querulo assume anche doti iettatorie che portano tutti i suoi giocatori a infortunarsi, oppure a praticare gli allenamenti con entrambe le mani infilate nei pantaloncini. Ma spesso i queruli rimangono a lungo sulla panchina, nonostante gli scarsi risultati, o perché il presidente ne ha pena oppure perché non ritiene di possedere amuleti abbastanza potenti per sopravvivere a un loro esonero.
7. Il distruttore
Squadre rodate e costruite per vincere si smembrano alla sua guida come wafer alla nocciola, giocatori dal radioso futuro o dal lodevole passato diventano seghe immani al solo contatto con i suoi schemi, e generalmente entrano in un tunnel d’incapacità dal quale non riusciranno mai più a venir fuori.
Eppure, anche se la scienza non è ancora riuscita a spiegarne il motivo, il distruttore trova sempre una panchina libera, decretando la morte sicura della società che l’ha assunto e accelerando così il processo di selezione artificiale che serve al calcio per rinnovarsi di continuo.
8. L’ironman
L’ironman è fissato soprattutto con il lato atletico della questione, e i suoi allenamenti in genere sono simili a quelli dei soldati americani durante la Guerra del Vietnam. Questo fa sì che il presidente debba fornirgli durante il ritiro pre-campionato una rosa di 60-80 giocatori, la quale verrà sfoltita nei giorni successivi tramite un’agghiacciante selezione naturale. I 18-20 che restano vivi disputano in genere un campionato discreto, piazzandosi a metà classifica pur senza aver mai segnato più di un gol nella stessa partita.