Elogio di un de Boer qualunque

Domenica l’Ajax ha conquistato il 32esimo titolo nazionale della sua storia, il terzo consecutivo. Sono stati versati già litri su litri di inchiostro digitale e reale per celebrare i Lancieri e il loro allenatore ma due parole in più su mr. Frank de Boer non possono certo far male.

Nato a Hoorn il 15 maggio del 1970 (tra una settimana compirà dunque quarantatré anni), da calciatore il grosso della sua carriera si è sviluppata tra Ajax e Barcellona, toccando anche Galatasaray e Glasgow Rangers, prima di venire chiusa in Qatar. Allenatore in carica dei biancorossi di Amsterdam dal 6 dicembre 2010 in sostituzione del dimissionario Jol, il nostro ha vinto ogni Eredivisie a cui abbia preso parte da coach.

De Boer gioca secondo il classico 4-3-3 di matrice michelsiana, com’è ormai insito nel DNA di qualsiasi allenatore dei Paesi Bassi e predilige centrocampisti dalle spiccate qualità offensive, delegando a un unico giocatore, di norma, la distruzione delle trame di gioco avversarie in mezzo al campo, com’è provato dal fatto che in rosa, al momento attuale, ci sia solo Poulsen a ricoprire il ruolo di mastino (sebbene Schøne sappia anche interdire oltre a mettere ordine). La trovata più geniale dell’attuale mister dell’Ajax, in questi quasi tre anni di permanenza sulla panchina dell’ArenA, è stata senz’altro la promozione a punta pura di Siem de Jong valorizzando una prima intuizione di Martin Jol. L’attuale capitano degli Joden, che nasce trequartista con un ottimo fiuto del gol, da quel momento di “muta”, si è assestato sui 16/17 gol stagionali, risultando quasi sempre, perlomeno da quando non c’è più Suarez (oggi al Liverpool), il top scorer della compagine olandese.

Altro segno delle grandi qualità comunicative e analitiche di de Boer è la sua capacità di attuare un turn over estremamente intensivo senza che però alcuno si senta escluso o panchinaro a priori. I capi saldi di mr. Frank non sono moltissimi: Alderweireld, Eriksen, de Jong, Blind, van Rhijn e Moisander e Vermeer (il portiere). Come avrà notato chi è abitué del calcio olandese, tolti i soli Eriksen e de Jong, il reparto che l’allenatore dei Lancieri cambia meno è la difesa, a cui appartengono cinque degli “imprescindibili sette” del coach, estremo difensore compreso. In attacco e a centrocampo, invece, partono tutti alla pari e tendenzialmente gioca chi è più in forma o chi ha convinto de Boer a puntare su di lui in settimana, anche se i titolari de jure sono Schøne e Poulsen, così come in avanti de Jong viene ormai quasi regolarmente accompagnato da Fischer, mentre Sigþórsson e Boerrigter non hanno convinto come si sperava a inizio anno, soprattutto il secondo (che pure ha realizzato un gol pesantissimo come quello del definitivo 2-3 di Eindhoven).

Come qualsiasi tecnico che opera a nord delle Fiandre, anche il nostro ex capitano dell’Olanda lancia ogni anno un’enorme quantità di giovani, anche perché non va dimenticato che il nostro Frank de Boer era il nome di punta tra tutti gli allenatori della prestigiosissima Ajax Academy, probabilmente una delle migliori tre scuole calcio del mondo.

Dopo aver dominato in lungo e in largo in patria, Frank sarà ora in grado di guidare i suoi all’assalto dell’Europa? Improbabile. Da anni, ormai, l’Ajax s’è come chiamata fuori dalla bagarre per vincere le competizioni europee, cercando semplicemente di guadagnare ogni anno l’accesso alla Champions League soprattutto per avere gli introiti economici che la UEFA garantisce a chi accede alla fase a gironi. Ad Amsterdam una possibile vittoria in Europa League (obiettivo che sarebbe anche alla portata) non interessa granché mentre la contendente media di Champions risulta ancora troppo ostica per i Lancieri, i quali hanno un’età media così bassa da risultare troppo inesperti in ambito continentale (mentre in patria conoscono perfettamente ogni centimetro degli stadi di Eredivisie già a 21 anni, giocando in prima squadra dai 16). L’impressione è che il pur bravissimo de Boer non potrà far altro che disputare gironi su gironi della manifestazione regina d’Europa cercando di collezionare quante più belle figure possibili (per esempio finire davanti al Manchester City come quest’anno), aspettando la maturazione definitiva dei suoi (sempre che non decidano di andarsene nel mentre, però!).

Che futuro aspettarsi per l’attuale mister biancorosso, infine? Se, come gli è riuscito finora, de Boer riuscirà a restare abbastanza lontano dall’essere la guida tecnica della nazionale oranje per i prossimi dieci o quindici anni (l’Olanda brucia i talenti della panchina, vedere van Basten per conferma), è presumibile che, arricchendo ulteriormente il palmares, possa arrivare un giorno ad allenare anche quel Barcellona che conosce tanto bene e col quale è ancora in ottimi rapporti. In ogni caso, il suo stile di gioco trova estimatori in tutta Europa, al momento; certo è che in Inghilterra o in Bundesliga il salto sarebbe ben più semplice. Intanto godiamocelo sulla panchina dell’Ajax e…

Congratulazioni, Frank!