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Elogio semiserio alla “teoria della rivalutazione”

Nella tarda serata di ieri, dopo la fine della semifinale di ritorno tra Barcellona e Bayern Monaco, chi vi scrive (e non solo) ha avuto il piacere (dubbio) di sentire, dai canali di Sky Sport Italia, uno dei più improbabili concetti di “rivisitazione” applicata al calcio: rivalutare qualcuno in base al paragone (a posteriori) di qualcosa.

Nello specifico, il Bayern Monaco ha demolito il Barcellona nel doppio confronto. Il ragionamento è stato, citiamo: “Vedendo il trionfo del Bayern, rivalutiamo la sconfitta della Juventus (eliminata proprio dai tedeschi nel turno precedente). E ancora, l’apoteosi:

“Se le semifinali fossero state a 6 squadre, la Juventus avrebbe meritato di esserci”

Ora, non sarà chi vi scrive a voler smontare l’ipotesi dell’esistenza di un torneo calcistico con 6 squadre in semifinale. È una teoria avvincente, così assurda che diventa quasi apprezzabile: ai 16esimi di finale ci sono 32 squadre; agli ottavi di finale ce ne sono 16; ai quarti di finale vanno in 8; alle semifinali, magia delle magie, non arrivano in 4, ma in 6. Meraviglia. Non saremo noi a smontare questo sogno di qualche famoso giornalista/presentatore.

Piuttosto è interessante, allo stesso modo, l’idea del rivalutare una squadra in base al paragone tra vari risultati, distanti tra loro nel tempo. Proviamo, quindi, a seguire questo ragionamento:

Proviamo anche ad andare oltre: se la Juventus merita le semifinali di CL ma ha perso in campionato, in casa per giunta, contro la Sampdoria, nulla ci vieta di rivalutare i doriani e affermare che anche loro avrebbero potuto tranquillamente andare fino in fondo in Champions.

E che dire, quindi, di chi ha battuto proprio il Doria quest’anno in serie A. Pensiamo alla Fiorentina (3-0), al Palermo (3-1 e 2-0), al Cagliari (3-1 e 1-0). Avanti anche con loro in Champions, senza tentennare un momento di più. D’altra parte, se le semifinali fossero magari state a 15 o 20 squadre, potevano starci dentro un po’ tutte…

Ci dispiace molto constatare che la moda pare ormai questa. Tribune sportive, su canali tv di alto livello, giocano solo a confondere il tifoso (medio) che finisce per credere a queste teorie. La Juventus ha fatto una cavalcata europea ammirevole, ben oltre (forse) le aspettative. Perché non ci si può limitare ad apprezzare il risultato, senza dover per forza gettare fumo negli occhi con questi discorsi al limite della comicità irreale? La cultura (positiva) della sconfitta manca molto, soprattutto a chi ormai si occupa (troppo) di vendere un prodotto e non di raccontare un avvenimento.

Vorremmo, infine, rivalutare anche la gloriosa Longobarda. Nel noto film L’allenatore nel pallone, del 1984, la squadra di Oronzo Canà limitò i danni contro la Juventus, perdendo 0-3 nella nebbia dello stadio Legnorosso. Quella Juventus era vice-campione d’Europa in carica e si avviava a vincere la serie A 1983-84, con 2 punti di vantaggio sulla Roma, finalista dell’allora Coppa dei Campioni dello stesso anno. Quindi, Juve più forte della Roma (in Italia), ma giallorossi nella finale continentale. Diciamoci la verità: la Longobarda, un posto in quella finale lo meritava. Aristoteles, dal dischetto, non si sarebbe mai fatto ingannare dalle movenze di Grobbelaar. D’altra parte chissà, se la finale fosse stata a 3 squadre…

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